È una cosa generazionale, credo. I suoi libri che ami sono quelli che hai letto per primi, quando sei salito sulla giostra.
Edizione italiana della raccolta di saggi Reading Stephen King (2017, Cemetery Dance) a cura di Brian J. Freeman, contenente contributi dedicati alle opere di King scritti da grandi autori, registi, saggisti e semplici appassionati.
Leggere questo libro mi ha innanzitutto insegnato che in America si scrive tanto, ma veramente tanto, su Stephen King: se ne parla nelle Università, si scrivono libri sulle sue opere e sulle illustrazioni delle sue opere, si analizzano tematiche e stile. Ma soprattutto, lo si cita, lo si studia, si scrive di lui, parecchio, da anni e anni, senza vergogna.
Data la vastità della produzione kinghiana, i saggi sulla sua produzione (non solo solo letteraria, dobbiamo considerare anche “l’indotto”: quella cinematografica, fumettistica, televisiva e persino di illustrazione, grafica e non), credo che sia stato difficile assemblare Leggere Stephen King, che presenta contributi diversi per importanza e qualità. Si spazia dall’esaminare un racconto a un particolare di un romanzo, da un intero ciclo di tematiche alla lettura (o scrittura) di una sceneggiatura.
Brian Freeman ha riunito un po’ di tutto: c’è una prefazione scritta da Frank Darabont (regista de Il miglio verde e Le ali della libertà) e il discorso che Clive Barker ha tenuto per la consegna di un premio alla carriera a Stephen King. C’è un racconto di Rocky Wood (scrittore australiano che dedicò gran parte della sua esistenza a ricerche e storiografia su King, andando a scovare addirittura due racconti scritti al liceo dal Re dei quali il Re stesso non possedeva copie, e autore di una enciclopedia kinghiana di 6000 pagine in cd-rom contenente ogni personaggio, luogo e riferimento delle opere di King, compresa cronologia delle storie, che pare lo stesso ufficio stampa del Re consulti alla bisogna) su cosa fare per poter leggere alcune delle numerose opere inedite (in genere incompiute, ma non tutte) sparse in giro per biblioteche del Maine o archivi di giornali americani che hanno pubblicato almeno uno dei suoi racconti, alcuni dei quali non ancora raccolti in opere ufficiali. C’è la storia di Mick Garris (regista e sceneggiatore di film horror) che ha scritto e riscritto per Spielberg l’adattamento de Il Talismano, che a causa di varie e alterne vicende di case di produzione e reti televisive non ha mai visto la luce (per ora, pare che forse il progetto sia stato ripreso).
Ci sono disamine di alcuni titoli kinghiani, con una che approfondisce i vari passaggi editoriali di King nel corso degli anni. Ci sono ovviamente molte storie di collezionisti, e altri racconti più intimi di come un libro (o più) di King abbiano accompagnato alcuni fan nelle loro vite. In questo è un libro piacevole e interessante, perchè si passa da momenti di vera e propria critica letteraria ad altri di semplice intrattenimento.
E, quantomeno al maggio del 2013, finisce un’odissea iniziata più di trent’anni prima. In tutte le fasi della mia carriera professionale – che si trattasse di insegnare alla Pepperdine, dov’ero visto come un’anomalia, uno spericolato, e anche un po’ fuori di testa; o di scrivere come studioso, critico, bibliografo, poeta, saggista, o romanziere – Stephen King ha gettato un’ombra imponente su tutte le mie scelte. La parola chiave, qui, è proprio scelte.
Due storie mi sono rimaste impresse su tutte: una è quella del professor Michael R. Collings, docente universitario che nel 1985, quando eravamo ancora tutti piuttosto giovincelli, lui e King compresi, fu avvicinato da uno studente con cui aveva una certa confidenza, che gli chiese se conoscesse Stephen King come scrittore. Il professore rispose che no, non aveva letto nulla di King. Dovrebbe, gli disse lo studente. Il Collings andò quindi a comprarsi La zona morta, e da lì come si dice, è storia. Questo vale in fondo per noi tutti Fedeli Lettori, più o meno è andata per tutti così, tolte le variabili dei diversi titoli o periodi in cui abbiamo cominciato a leggerlo. Ma il Collings va oltre: inizia a proporre articoli e saggi sul Re durante conferenze professionali e nelle proprie lezioni in Università, e scrive riflessioni serie su quella che era una impensabile volgarità per la critica letteraria mainstream: la complessità della narrativa fantastica. E poi, facendola breve, nei primi anni Novanta Michael R. Collings riceve dal suo editore letterario il progetto di un saggio monografico prima su King come Richard Bachman, e poi su King tout court. Saggi che Collings scrive, amplia, ripubblica negli anni, perfeziona, aggiunge: perchè le case editrici scoprono che Stephen King non vende solo come romanziere. Si vendono anche i libri su di lui e sulla sua opera, e tanto. Sono best seller a tutti gli effetti, e Michael R. Collings passerà i successivi quarant’anni a leggere e pubblicare scritti su King e i suoi libri (ovviamente il suo opus magno Horror Plum’D: An International Stephen King Bibliography and Guide, 1960-2000: INTERNATIONAL STEPHEN KING BIBLIOGRAPHY & GUIDE 1960-2000 non è tradotto in italiano), e ancora, ovviamente, non ha finito, beato lui.
Quando risposi che stavo preparando una bibliografia primaria e secondaria di quasi tremila titoli, lui impallidì, mi fissò per qualche istante, e parve faticare a ritrovare la voce: “Per un autore vivente?” Era stupefatto. Una tale massa d’informazioni era senza precedenti, persino per autori coi quali si può stare tranquilli, essendo morti e sepolti.
La seconda storia che mi ha colpito è quella raccontata da Frank Darabont per presentare Knowing Darkness: Artists Inspired by Stephen King, un mega libro fotografico composto da tavole e disegni di artisti diversissimi ispirati dai lavori di King. E’ un book di illustrazioni di 450 pagine circa, e dovrebbe in teoria raccogliere tutte le copertine delle sue opere (e contiamo che ogni libro che ha scritto king è apparso in diversi formati, tascabili e via via costose edizioni limitate, tutte con copertine e illustrazioni differenti, e poi i disegni e le locandine per i film, illustrazioni di racconti vari, eccetera eccetera), ma insomma, è un elenco praticamente infinito. Comunque, ahimè, è anche un libro che costa sui 1000 dollari, 900 se vi va bene usato, 1100 se va maluccio per il prezzo di copertina imposto. Già. Vabbene.
Quindi, al di là di tutto il lavoro di decostruzione analisi e spipponamento letterario, credo che questo Leggere Stephen King sia piacevole per chiunque abbia mai aperto un libro di King, e si sia accorto che faceva fatica a staccarsene perchè si stava proprio proprio DIVERTENDO, o abbia visto qualche film decente tratto da una sua opera e si sia incuriosito sullo scrittore stesso. Sono saggi e racconti onesti e sinceri, e in genere piuttosto interessanti.
Lorenza Inquisition
Leggere Stephen King
A cura di Brian J. Freeman Traduzione di Daniele Bonfanti
Illustrazione di copertina di Cristiano Siqueira Illustrazioni interne di Stefano Cardoselli
Editore: Independent Legions Publishing
Pagine: circa 200 Edizione collection a tiratura limitata (600 copie numerate) Ebook disponibile