Dietro le quinte al museo – Kate Atkinson #KateAtkinson #romanzo #EditoreNord

Dietro le quinte al museo -Kate Atkinson

Traduttore: Margherita Giacobino
Editore: Nord
«Voglio una madre che faccia sogni diversi. Che sogni nuvole di gelato, arcobaleni di cristalli di zucchero, soli come carri d’oro zecchino che solcano il cielo… Bé, pazienza, è comunque l’inizio di una nuova era.»

Questo romanzo è stato l’esordio di Kate Atkinson (di cui vi consiglio di cuore Vita dopo vita e Un dio in rovina). Rispetto alle sue prove più mature si nota forse qualche lungaggine nell’ultimo terzo del libro e pochi momenti in cui il piacere dell’intreccio e di fare i nodi a tutti i fili prende la mano all’autrice, andando oltre la credibilità. Ma giuro, sono peccatucci veniali veniali. Atkinson ha umanità da vendere e sa sbozzare tanti e tali personaggi da far girare la testa. E basterebbe già questo. Quello che soprattutto ammiro in lei, però, è la rara capacità di gestire piani temporali in quantità, ordinando i vari andirivieni nel tempo in modo da far procedere il lettore nella conoscenza dei fatti. Una conoscenza mai lineare, che va chiudendo i buchi a poco a poco: è una costante in tutti i suoi libri. In questo romanzo, la stratificazione dei piani temporali è ottenuta narrando la vita di più donne, ciascuna protagonista di uno “strato”: il tempo della storia è quello di Ruby e la voce narrante ci porta con salti “quantici” avanti e indietro, di volta in volta o nella vita di sua mamma Bunty e della sua famiglia, o in quella della nonna Nell e dei suoi numerosi fratelli e sorelle o della sua bisnonna Alice (da cui tutto inizia). Con loro attraversiamo il principio del secolo, due guerre, gli anni Sessanta, Settanta e arriviamo fino agli anni Novanta. Tutte queste donne dipanano con le loro vite un preciso fil rouge (di insoddisfazione, anche disperante) che le rende uguali, ma si dimostrano in realtà così meravigliosamente diverse. Per me, è una lettura che vale davvero la pena (anche se al momento Vita dopo vita a mio parere è il suo migliore).

Mi chiamo Ruby. Sono un gioiello prezioso. Sono una goccia di sangue. Sono Ruby Lennox.

Paola Borgonovo

Amistad – Alexs Pate #Amistad #LoSconsiglio

Nel caso degli Stati Uniti d’America contro gli Africani dell’Amistad, è opinione di questa Corte che il nostro trattato del 1795 con la Spagna, sul quale la Pubblica accusa ha principalmente basato le sue argomentazioni, sia inapplicabile … non ci rimane quindi che un’alternativa, che esse non siano schiavi, pertanto non possono essere considerati mercanzia, ma sono piuttosto individui liberi con precisi diritti legali e morali incluso il diritto di ingaggiare un’insurrezione contro chi vorrebbe negare loro la libertà.

Nel 1839 la nave negriera La Amistad vide insorgere gli schiavi che trasportava, che in un delirio disperato di furia e sangue sterminarono l’equipaggio al largo di Cuba, impadronendosi del vascello. Lasciarono in vita solo due ufficiali di rotta, perchè non erano in grado di governare una nave, pensando di tornare in questo modo in Africa. In realtà i due superstiti portarono La Amistad al largo delle coste americane, dove venne catturata da una nave della Marina statunitense, che imprigionò gli africani ammutinati come schiavi fuggitivi, e come tali li portò in tribunale per essere processati per furto, omicidio, ammutinamento e vari altri capi di accusa. La disputa sulla proprietà degli schiavi e sui loro -presunti- crimini si intrecciò poi alle separate rivendicazioni nei loro confronti di Spagna e Inghilterra tramite i trattati internazionali. Alcuni esponenti dei movimenti abolizionisti americani tuttavia si interessarono al caso, che ebbe molta eco nella società e tramite la stampa dell’epoca, ed entrò in varie sedi giudiziarie fino ad arrivare alla Corte Suprema, in cui si decretò -con una sentenza memorabile – che le accuse dovevano cadere, perchè quegli accusati  non erano nati schiavi in una piantagione, ma bensì uomini liberi nella propria terra di origine; erano dunque prigionieri rapiti dalle loro case e portati di forza in un Paese straniero per essere illegalmente venduti, e di conseguenza ogni accusa nei loro confronti doveva cadere.

Mi interessava leggere questo libro per l’argomento, che affronta i primi anni di nascita del movimento abolizionista americano da un punto di vista strettamente giuridico, e di una vicenda che segnò un punto importante a favore del movimento di liberazione degli schiavi in America puntando tutto sull’applicazione del diritto legale, sulle fondamenta di una democrazia fatta di applicazione di regole universali e non prescindibili.

Purtroppo l’ho colpevolmente acquistato in fretta, senza realizzare che non è un romanzo storico a sè stante, ma semplicemente la brutta romanzatura della sceneggiatura (ho fatto pure la rima) del film di Spielberg, che già non è uno dei suoi lavori migliori, ma comunque senz’altro più valido di questo lavoro qua, che ho trovato veramente terribile. Quando non è scritto male è piatto, quando ha un momento di caratterizzazione cade nel banale, quando tenta di descrivere appiccica qualche frase a casaccio su un fotogramma del film, insomma, veramente un libro da buttare in doo cesso. Esiste un libro serio sulla vicenda, Mutiny on the Amistad dello storico Howard Jones, non tradotto in italiano però. Ci sono anche altri due titoli, tradotti, ma non li ho letti e non idea di quanto siano validi:

La rivolta della Amistad Barbara Chase Riboud (Autore), M. Donati (Traduttore) e La ribellione dell’Amistad. Un’odissea atlantica di schiavitù e libertà di Marcus Rediker (Autore), F. Peri (Traduttore)

Questo di Alexs Pate non lo comprate, per una volta piuttosto guardatevi il film.

Lorenza Inquisition