Dietro le quinte al museo -Kate Atkinson
Questo romanzo è stato l’esordio di Kate Atkinson (di cui vi consiglio di cuore Vita dopo vita e Un dio in rovina). Rispetto alle sue prove più mature si nota forse qualche lungaggine nell’ultimo terzo del libro e pochi momenti in cui il piacere dell’intreccio e di fare i nodi a tutti i fili prende la mano all’autrice, andando oltre la credibilità. Ma giuro, sono peccatucci veniali veniali. Atkinson ha umanità da vendere e sa sbozzare tanti e tali personaggi da far girare la testa. E basterebbe già questo. Quello che soprattutto ammiro in lei, però, è la rara capacità di gestire piani temporali in quantità, ordinando i vari andirivieni nel tempo in modo da far procedere il lettore nella conoscenza dei fatti. Una conoscenza mai lineare, che va chiudendo i buchi a poco a poco: è una costante in tutti i suoi libri. In questo romanzo, la stratificazione dei piani temporali è ottenuta narrando la vita di più donne, ciascuna protagonista di uno “strato”: il tempo della storia è quello di Ruby e la voce narrante ci porta con salti “quantici” avanti e indietro, di volta in volta o nella vita di sua mamma Bunty e della sua famiglia, o in quella della nonna Nell e dei suoi numerosi fratelli e sorelle o della sua bisnonna Alice (da cui tutto inizia). Con loro attraversiamo il principio del secolo, due guerre, gli anni Sessanta, Settanta e arriviamo fino agli anni Novanta. Tutte queste donne dipanano con le loro vite un preciso fil rouge (di insoddisfazione, anche disperante) che le rende uguali, ma si dimostrano in realtà così meravigliosamente diverse. Per me, è una lettura che vale davvero la pena (anche se al momento Vita dopo vita a mio parere è il suo migliore).
Mi chiamo Ruby. Sono un gioiello prezioso. Sono una goccia di sangue. Sono Ruby Lennox.
Paola Borgonovo