Apocalypse Z: The Beginning of the End – Manel Loureiro

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Questo è un libro che non avrei neanche recensito perchè è parecchiamente brutto, però la Owlina me l’ha chiesto e allora ve lo beccate. L’ho preso per depennare la Disfida alla voce: Libro scritto da un autore con le tue stesse iniziali, e ho scelto questo invece di altri perchè tratta una tematica socio esistenziale a me molto cara, l’Apocalisse zombie. Poi su Amazon una media di 2348 lettori me lo assegnavano su 4 stelle, ma dico, potrebbero mai sbagliare duemila e rotti americani? Esatto.

Allora, cominciamo col dire che è stupido. Cioè è stupido pure per essere un libro che tratta della Terra invasa dagli zombie, capite che già si piazza in una categoria di superiore sciapezza. Il protagonista è un povero bastardo che vive in Spagna, recentemente vedovato per cui gli consigliano come terapia di tenere un diario e mettere per iscritto tutte le sue sensazzioni ed emozzioni e casualmente questo va a coincidere con l’inizio della diffusione del virus, te varda che combinazione.

Il motivo per cui si leggono questi libri (e si guardano questi filmi) a parte le orde di zombie schifose e il pericolo e l’adrenalina di scappare e/o combattere, è il capire come l’autore descriverà il cedimento improvviso e catastrofico della moderna civilizzazione che crolla su sè stessa travolgendo tutto, e le storie dei pochi superstiti che devono ricominciare, raggrupparsi, reagire o soccombere. Non vogliamo solo le budella e gli agguati nel buio e l’ultima macchina disponibile e mentre stai per entrarci ti cadono le chiavi per terra e dietro sta arrivando la massa pronta a cannibalizzarti, vogliamo vedere il meglio e il peggio dell’essere umano posto di fronte all’abisso. E se l’autore non ci riesce, accettiamo anche solo romanzi d’azione in cui invece che avere contro i cannibali o i gorilla assassini o gli squali volanti ci sono cadaveri mangiauomini, ma quello che alla fine si vuole è che siano buoni libri d’azione, con gente che sa scrivere.

Qui il lloreno è un’ameba su tutti i fronti, la trama è solo all’inizio credibile, misteriosa base per lo sviluppo di virus batteriologici in Russia attaccata da terroristi, ops mi è caduta una fialetta, ops GNAM GROWL ROOAAR BURP.

Da lì il nostro povero bastardo protagonista monoespressivo continua a descriverci in toni triti e metafore stantìe le cose che succedono usando questo suo fantomatico diario, finchè la minaccia ovviamente arriva anche sotto casa sua e da lì deve decidere di spostarsi. La trama è sciapa perchè anche se succedono cose, lui è sempre immotivatamente fortunato, ma già dall’inizio: è un ricco avvocato che decide di installare i pannelli solari proprio un paio di settimane prima che succeda il peggio, e casa sua è l’unica del quartiere (penzampo’) con un muro altissimo di cemento in giardino. Sua madre è un medico in pensione e gli rifornisce di medicinali l’armadietto, il suo provider è l’unico a funzionare ad oltranza e quindi può continuare ad editare sta ceppa di diario, vive solo e per evitare il fastidio di fare la spesa ha non uno ma due freezer zeppi di roba da mangiare. Insomma ha talmente culo che vorresti che gli zombie lo ammazzero dopo dieci capitoli ma neanche, così, perchè sì. E invece no, tra i pochi zombie che assediano casa sua ce n’è uno che è un soldato in pieno assetto da combattimento, quindi lui deve solo fortunosamente sbarazzarsene per rimanere poi in possesso di tutte le armi e dello zaino ricco di ogni ben di Dio gentilmente fornito dal fu esercito. Insomma una palla. E il povero bastardo non muore mica mai, corre per un paio di chilometri in mezzo alle vie della città senza neanche necessariamente essere inseguito, poi corre da macchina a barca a rifugio a macchina a base segreta quasi senza spettinarsi. Adesso che ci penso a dirla così sembra una partita di SuperMario.

Per non perdere quell’allure di scemitudine che permea per bene tutto sto mappazzone, c’è poi la faccenda del gatto del protagonista. Come i più attenti di voi avranno intuito, il protagonista ha un gatto. E invece di sopprimerlo con un sonnifero prima di buttarsi nel mondo apocalittico, o decidere di lasciarlo libero per giocarsi le sue carte di gatto (cfrt. cane Kojak in the Stand o gatto di The Cell di King) (ma lasciamo stare il Maestro) il povero bastardo decide di portarselo dietro in un portantino, e se a volte il portantino non si trova lo ficca in una federa, in uno zaino, o improvvisa un collarino con la stringa di una scarpa, senza che il gatto muova baffo. Il tutto per chiunque abbia mai accudito un felino è così assurdo da diventare sublime, e si ripete per una mezza dozzina di volte impegnando lunghe parti del romanzo, in una maniera così coinvolgente e credibile che quando si arriva alla fine ti senti genuinamente scandalizzata del fatto che nessuno intorno a te sia morto di vecchiaia nel frattempo.

L’ultima cosa da dire è che passano gli anni, passano i film sugli zombie, passa la palla che il gioco è bello in tanti, ma quello che non passa è la volontà di copiare dai classici, infatti il libro si chiude con un soldato che diventa il best friend foreva del povero bastardo che però non è mica un riservista qualunque, è guarda un po’ che culo un PILOTA DI ELICOTTERO. Allora loureiro il pilota di elicotteri nell’Apocalisse zombie lo lasciamo introdurre da quel fanciullo imberbe di Romero e nessun altro, capito? non ce la puoi fare, dai. Concentrati su altro.

Massì comunque vabbè: ormai questo libro me lo sono puppato, però quando butti tempo così ne esci anche piuttosto scocciata: pochissimo sangue, forzature di trama plateali, dialoghi inesistenti, spessore dei personaggi veramente fatto a cazzo di cane, scrittura inutile, occasioni di grandezza sprecate (alla fine sembra che potrebbe morire insieme ai suoi compagni di avventura in un glorioso rogo biblico ma anche quest’unica gioia ci viene negata) e quel generale disinteresse che solo i libri veramente di merda possono suscitare. Comunque mi informano che trattasi di trilogia. Spero che alla fine si salvi solo il gatto.

Commento di un americano:
Someone dared to compare this guy to Stephen King? This guy isn’t fit to clean King’s toilet.

Nella foto, l’autore in una posa emo atta ad attrarre lettrici imberbi.

Lorenza Inquisition

loureiro

Avventure della ragazza cattiva – Mario Vargas Llosa @VargasLlosa80

«Io, in un impeto di confidenza, gli avevo appena raccontato, senza dettagli e senza nomi, che da molti anni ero innamorato di una donna che appariva e scompariva nella mia vita come un fuoco fatuo, incendiandola di felicità per brevi periodi, e, dopo, lasciandola secca, sterile, vaccinata nei confronti di qualsiasi altro entusiasmo o amore».

marioprinLeggere il Mondo: Perù

Per il Perù, vado sul sicuro con Vargas Llosa, Premio Nobel per la Letteratura nel 2010, tra i maggiori scrittori di lingua spagnola del Novecento. Questo è un romanzo relativamente recente, del 2006. E’ la storia di un amore imperituro e mai corrisposto, che attraversa trent’anni di storia di due persone. Bisogna un po’ dire che a seconda di come siete caratterialmente, il tema di un cavalier servente che ama come un fesso per trent’anni senza esser ricambiato vi potrà sembrare romanticissima, o innervosente ai massimi livelli per gli altissimi momenti di zerbinaggio del protagonista. Ma è Vargas Llosa, quindi è abbastanza inevitabile  per tutti, penso, sedersi in poltrona e godersi lo spettacolo.

Ricardo incontra da adolescente la sua musa, la sua niña mala, quando entrambi sono ragazzini negli anni ’50 in un Perù borghese e democratico, prima del tentativo di rivoluzione e del colpo di Stato. Sarà un’estate di baci rubati al cinema, di balli cha cha cha e gelati nel parco, ma alla fine della stagione calda, quando tornano i doveri, l’impegno, lo studio, Ricardo perderà la sua ragazzina. Non la dimenticherà però, e anni dopo, laureato e impiegato a Parigi, la ritroverà: sempre bellissima ai suoi occhi, seducente e impossibile da amare. Perchè dopo qualche tempo, ancora lei se ne andrà, e lo farà sempre, per tutta la loro vita. La ritroverà a distanza di pochi, o molti anni, ma la ritroverà sempre, sotto nomi e travestimenti diversi, come guerrigliera Arlette, come moglie di un diplomatico francese prima e di un allevatore di cavalli inglese poi, e infine come schiava del sesso giapponese. Gli si concede per qualche tempo, forse felice di farsi amare per un po’ da un cavalier servente che la ama per trent’anni, mai ricambiato, e poi riparte, in cerca di avventure, di un marito più ricco, di una posizione più privilegiata in società. Ricardo si lascia umiliare da lei, che lo abbandona ogni volta per mettersi con uomini più ricchi, che ha orrore della vita semplice e borghese che lui le offre, e cerca il riscatto da un passato di miseria. Ma egli sopporta, possiamo pure dire come un babbeo (e diciamolo!) perchè la ama, l’ha amata tutta la vita, e non ha mai amato nessuno come ama lei. E se è vero che gli ha dato tanto sofferenza, l’unica vera felicità che lui abbia mai conosciuto è sempre stata quando era insieme alla sua niña mala.

E’ un libro piacevole, che scorre felicemente tra diversi, umanissimi personaggi, alcuni un po’ stravaganti ma mai sopra le righe, e descrizioni davvero affascinanti di diversi luoghi e culture: la Parigi beatnik sessantottina e la Swinging London, gli hippies e i lord nella campagna inglese, il Perù con il suo lento degrado, il sottobosco delle case di appuntamento in Giappone. E sempre, come filo conduttore, la vita tranquilla e colta di Ricardo, uno studioso che si rifugia nei libri, che ama le lingue e le studia con passione, che traduce per tutta la sua esistenza. Ci sono molti libri e autori in questo romanzo, tanto teatro e anche tanto cinema, soprattutto tanta passione per la parola scritta.

Ricardo è un personaggio mite, un uomo di studi, un piccolo borghese convenzionale, che per lavoro sparisce nelle parole degli altri. E’ quindi credibile la sua fascinazione appassionata per una donna un po’ selvaggia e fuori dagli schemi. Per contro, quello che ho trovato un po’ debole è proprio il personaggio di lei, che alla fine emerge più come un agglomerato di aggettivi (calcolatrice, materialista, superficiale, egoista) che come una vera donna che fa bollire il sangue, appassionata, femme fatale. L’unico momento in cui appare più umana è quasi a tre quarti del libro, quando la propria ossessione amorosa per un masochista la trascinerà in un abisso di dolore, e infine, malattia.

Leggo in rete che sicuramente non è il miglior lavoro di Vargas Llosa, però mi è piaciuto molto, la scrittura è divina. Ed è il classico libro che ti fa dire Voglio leggere altro di quest’uomo! e lo leggerollo, perdinci!

Lorenza Inquisition