Tu mi sei più caro di chiunque al mondo, ma più di ogni altra cosa, più che parlare o ridere o essere felice, io voglio scrivere. Essere l’artista che si taglia l’orecchio e lo inchioda sulla porta, per sentire la voce di chi è fuori.
Tutti i racconti –Katherine Mansfield
Cura e traduzione di Maura Del Serra
Edizioni integrali
Katherine Mansfield è stata una scrittrice neozelandese vissuta a cavallo tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento; di famiglia agiata, giudicando la vita ai confini dell’Impero troppo provinciale, si trasferì presto in Europa, principalmente a Londra. Omosessuale, diseredata dalla madre, ebbe una vita alquanto avventurosa: un matrimonio non consumato, un altro matrimonio per amore ma con ricorrenti tradimenti, frequentò attivamente D. H. Lawrence e Virginia Woolf (con la quale ebbe un rapporto di amicizia barra rivalità letteraria mai risolto). Le fu diagnosticata la tubercolosi a 29 anni, e passò disperata i pochi, brevi anni che le rimanevano a cercare invano una cura, affidandosi anche a ciarlatani e nuovi dottoroni con metodi alternativi, per finire in una comunità teosofica, dove morì a soli 35 anni. Ogni volta che aprivo il suo libro mi fermavo un momento a riflettere su cosa avrebbe pensato di persone che a neanche 100 anni dalla sua morte rifiutano coscientemente di usare il vaccino contro la malattia che l’ha uccisa, e ai bestemmioni che avrebbe tirato. E’ sepolta ad Avon, sulla sua lapide, una citazione dell’Enrico IV, la sua prediletta:
Ma io vi dico, mio signor giullare,
che da questo rovo, il pericolo, noi
cogliamo questo fiore, la salvezza
Nella sua produzione letteraria si limitò esclusivamente ai racconti, dei quali curò personalmente diverse raccolte; in italiano si trova quasi tutto, io ho preferito un’edizione della Newton Compton che contiene l’opera omnia, ci ho messo ovviamente qualche tempo ma ne è valsa la pena. La Mansfield scrive bene, in modo chiaro, diretto, senza orpelli ma con toni lirici quando necessario; ha grande talento per gli incipit, un sarcasmo mai troppo crudele, e un occhio acuto ma non impietoso per la umana fiacchezza.
Descrive l’umanità che la circonda con molti lati negativi e pochi positivi, con grande finezza psicologica e un poco di ironia. Le sue storie hanno spesso donne protagoniste, ora bambine vezzose o troppo intelligenti per il loro stesso bene, visto il destino di mogli sottomesse che le attende; ora sono donne sposate che bamboleggiano per non mostrare il loro vero io al marito padrone, ora istitutrici o donne lavoratrici che si spezzano la schiena mentre abbandonano a poco a poco i sogni di felicità futura. Spesso sono madri così attente ai mariti dai quali dipendono per ogni cosa che vivono i figli alla lontana, come una noiosa necessità della vita e nulla più. Gli uomini sono ottusi, consapevoli dei propri privilegi di padroni della casa in quanto patriarchi che portano i soldi, concentrati quasi esclusivamente sul proprio benessere, spesso comunque emotivamente dipendenti dalla devozione che moglie e figli devono portare loro.
La Mansfield ha uno sguardo acuto su temi non molto comuni nella letteratura dell’epoca, come la sessualità nella famiglia, le sottili delusioni dei rapporti di coppia, la fragilità dei sentimenti amorosi, l’insensibilità di una certa classe borghese in ascesa sociale, il desiderio di bellezza tramite l’arte che non viene quasi mai ricompensato. Avendo letto tutti i racconti dalla prima produzione dei vent’anni fino ai trentaquattro, è ovvio trovare negli ultimi scritti molta più maturità e complessità stilistica, però anche i primi hanno una immediatezza e un tono diretto non scevro da riflessioni -anche umoristiche- che ho molto apprezzato. Se non avete mai letto niente di lei, vi invito a scoprirla.
Alla sua morte, Virginia Woolf scrisse nel suo diario: “Ero gelosa della sua scrittura – la sola scrittura di cui sia mai stata gelosa”. Di sè stessa, la Mansfield diceva che le piaceva scrivere anche perchè è “come stare seduta per un istante nella vita degli altri”; e la fa davvero, davvero benissimo.
Primavera. Appena la gente lascia la strada per l’erba, gli occhi si fanno loro fissi e trasognati come quelli di chi cammina nel mare caldo. Le margherite ancora non ci sono, ma l’odore dolce dell’erba sale, sale a piccole onde via via che ci si addentra. Gli alberi hanno già tutte le foglie. A perdita di sguardo ci sono ventagli, crinoline, alti e folti piumaggi di variegato verde. Un vento lieve li scuote, li unisce, li risepara; nel cielo azzurro uno sciame di nuvolette bianche galleggia come una nidiata di anatroccoli.
Lorenza Inquisition