Questo libro racconta in modo concreto e allo stesso poetico le storie di tre illustri medici italiani che si sono ammalati gravemente: il cardiochirurgo Sandro Bartoccioni scopre, dopo un ingiusto licenziamento, di avere un carcinoma gastrico; l’oncologo Gianni Bonadonna viene colpito da un ictus; il chirurgo toracico Francesco Sartori combatte contro il melanoma.
Questi grandi medici diventano i pazienti. Passano dall’altra parte.
In questo nuovo e sgradevole ruolo, alla luce della loro preparazione e conoscenza, si ritrovano ad affrontare una sanità completamente da riformare: non solo sono ben consci di quanto sia la politica, più del merito, a decidere primariati e posti di rilievo; bensì medici, infermieri, fisioterapisti e logopedisti appaiono freddi, cinici, non adeguatamente formati, arroganti, privi di empatia e di umanità.
Fa impressione, ad esempio, quando Bartoccioni racconta di come il radiologo gli rivela i risultati della TAC:
Mi trovo, dopo aver eseguito la TAC, nella saletta di referto quando entra il medico di guardia: “cazzo, che cancro… uno, due, tre, quattro, è lungo cinque centimetri, e quanti linfonodi… vicino allo stomaco, dietro il pancreas, sotto il fegato… si tratta di un cancro allo stomaco al quarto stadio, ma di chi è questa TAC?”
“La mia.”
“Oh, scusa Sandro… non sapevo… accomodati… credevo che fossi qui per un tuo paziente.”
Questo libro offre molti spunti di riflessione, da qualsiasi parte si trovi il lettore: al termine della lettura, il paziente dovrebbe essere più consapevole di cosa ricercare quando affida la sua vita ad un medico; il medico dovrebbe capire che cosa significa prendersi cura di un essere umano, non semplicemente affrontare un caso clinico.
Il tutto si conclude con un decalogo, ideato e scritto dai tre con il fine di modificare la medicina, mettendo al centro l’essere umano con la sua sofferenza.
Se vi ispira, leggetelo. E se conoscete studenti di medicina o di un’altra professione sanitaria, regalateglielo: sicuramente ne trarrano beneficio.
Valentina Inzillo