Un uomo che sta meditando di suicidarsi, riceve la visita di uno sconosciuto, scienziato fuggito anni fa da un manicomio, che gli propone di accompagnarlo in un viaggio insolito.
Ha dedicato tutti gli anni della sua ritrovata libertà alla costruzione di un‘astronave, Cancroregina, che lo condurrà “nella “luna e chiede di essere accompagnato.
Risolti i dubbi sulla follia dello sconosciuto, alla vista dell’astronave, lo segue, in un viaggio che si rivelerà diverso da come lo aveva auspicato.
La follia del suo compagno di viaggio si annuncia dopo poco tempo e la pericolosità del suo stato mentale, lo costringerà a compiere una scelta irrevocabile.
L’astronave non risponderà ai suoi comandi e, cambiando direzione, proseguirà in un moto perpetuo gravitazionale intorno alla Terra.
La scelta irrevocabile definisce anche un cambio di registro letterario nel romanzo, passando da una narrazione fantascientifica ad un flusso di coscienza esasperato.
Si passa dallo stupore alla disperazione, nel tentativo di trovare risposte possibili alla condizione di un uomo esiliato dalla vita ma non ancora morto.
Le risposte lo conducono al limite della follia e a percorrere un viaggio che si chiude da dove era partito, giungendovi “diverso”.
L’approccio fantascientifico è solo un pretesto per Landolfi per rappresentare un viaggio mentale che, staccandosi dalla realtà, consente di vedersi e vedere il mondo con occhi diversi.
Quella che inizialmente si prospettava come una via di fuga, diventa una prigione.
“Come si può vivere così, senza nulla, senza una lontana speranza? Io, in realtà, aspetto il coraggio di morire”.
Il viaggio si tramuta in perenne mortale immobilità.
Al protagonista non rimane altro che la parola. Si trova, così, ad ammettere a sè stesso di amare la vita, proprio quando la sua si fa disperata.
La condanna alla “non-vita” lo conduce a ipotizzare che vi sia pace, dopo la morte; ipotesi che, poche pagine dopo, schernisce. Prova nostalgia per tutto ciò che gli procurava dolore, nostalgia per una presenza impossibile ora.
Ricorda, però, di non sentirsi simile a nessuno laggiù.
La razionalità lo abbandona e concede ad una forza trascendente la preghiera di salvarlo.
Landolfi racconta, con ironia partecipata, la condizione dell’uomo che vorrebbe dominarsi e dominare, ma che finisce per assistere al proprio naufragio, e alla propria resa.
E’ una confessione la sua, velata in un gioco di riflessi che mostra e nasconde l’autore in un involucro espressivo di alto livello; unisce termini desueti ad altri, inventati da lui, creando un linguaggio travolgente.
Cancroregina è fastidioso.
Non insegue verità, vuole oltrepassarle.
Cancroregina è liberatorio.
Il suo urlo disperato arriva a farci sentire il nostro
Cancroregina è poetico.
Solo vicino ai confini dei limiti, si trova la bellezza.
Tommaso Landolfi (Pico, 9 agosto 1908 – Ronciglione, 8 luglio 1979) è stato uno scrittore, poeta, traduttore e glottoteta.
Cancroregina è del 1949.