Leggere il Mondo: Kirghizistan
Il Kirghizistan, insieme ai suoi Stati confinanti Kazakistan, Tagikistan e Uzbekistan, fa parte di quell’enorme sezione dell’Asia centrale di steppe e catene montuose un tempo tutte riunite sotto la dominazione sovietica, prima province sperdute dell’immenso impero dello Zar, e poi annesse politicamente alla Unione delle Repubbliche Sovietiche. Sono le antiche via della seta, abitate da popoli storicamente nomadi, con tradizione essenzialmente orale. In particolare, il capolavoro della letteratura popolare kirghiza è l’epica del Manas, nome di un leggendario condottiero kirghiso che guida il suo popolo nelle guerre contro i mongoli calmucchi. L’opera fu per secoli tramandata oralmente, in alcune versioni raggiunge i 400 000 versi e, fatto più sorprendente, ha continuato a venire recitata, mimata e ampliata da aedi specializzati almeno da cinque secoli a questa parte, venendo parzialmente trascritta e studiata solo a partire dal XIX secolo. Una letteratura kirghiza colta si sviluppa soprattutto a partire dall’era sovietica allorché la lingua adottò l’alfabeto cirillico; diversi scrittori si esprimono in russo o sono comunque bilingui. Tra gli autori emerge soprattutto Chingiz Aitmatov, ministro del governo Gorbachov e ambasciatore della Kirghizia a Bruxelles, che si afferma anche sul piano internazionale con il racconto lungo Melodia della terra: Giamilja (edito da Marcos y Marcos), e i romanzi Il battello bianco e Patibolo. Io ho scelto una raccolta di racconti, pubblicata in onore di James Riordan, un accademico britannico che fu il principale traduttore di Aitmatov in inglese. E, voglio dire, non dedichereste anche voi un libro a quest’uomo qua?
Per quanto riguarda il libro, mi ha colpito favorevolmente solo il primo racconto, che è uno dei più famosi di Aitmatov, Occhio di cammello; è la storia di un giovane studente che vuole partecipare a un programma governativo di ripristino agricolo del Paese, per cui deve passare l’estate nella steppa insieme a una piccola squadra di lavoratori che si occupano di arare e seminare, il tutto nella tradizione Kirghiza, vivendo nelle tende e cucinando sul fuoco. E’ un bel racconto di uno scontro tra due generazioni, in cui il guidatore del trattore risente la vita privilegiata che ai suoi occhi vive lo studente, il quale è assolutamente ignorante di cose pratiche del lavoro agricolo. L’intera vicenda si svolge nel pieno del panorama mozzafiato della steppa, tra distese di cardi e cieli infiniti di blu cristallino. Molto bello, a tratti molto lirico. Gli altri due racconti non mi hanno particolarmente toccato, però mi è senz’altro rimasta curiosità di leggere altro di questo autore. E’ tutto tradotto in italiano, quindi se interessa potete avvicinarvi al Kirghizistan letterario senza difficoltà.
Lorenza Inquisition