Le onde – Virginia Woolf #VirginiaWoolf

Leggere Le Onde è come sedersi nel cervello di qualcuno e ascoltarlo pensare.

Sei amici si alternano in un monologo. Nei loro soliloqui “dicono” fatti, vite, storie, e “pensano” riflessioni e sogni: la scuola e i giochi, i segreti e gli abbandoni, le rispettive famiglie e i desideri. Le voci si confondono in un unico fiato, come un’onda che racconta l’esistenza di ciascuno dei sei, e non solo la loro. Le onde sono la forma di questo romanzo: le onde del mare, della luce, del tempo, dell’emozione, dei gesti e dei dolori. Lo “stream”, il fiume, della coscienza.

Romanzo pubblicato nel 1931, dopo l’Orlando,  Le onde fu subito salutato dal critico Edwin Muir come opera profondamente e consapevolmente innovatrice, nella quale ormai «la Woolf rifiuta totalmente la caratterizzazione dei personaggi in senso tradizionale», concentrandosi «sulle realtà permanenti» al di là dell’ illusoria rifrazione temporale. E da noi Mario Praz notava come la volontà musicale della Woolf in questo romanzo fosse rapportabile agli effetti cercati da Umberto Saba nella sua raccolta poetica più aerea, Preludio e fughe del ’28, dove parimenti «ciascuna voce è espressione di un diverso carattere, di una diversa attitudine di vita»; ma, aggiungeva Praz, «senza voler per questo far torto all’arte del Saba, dirò che le sue “fughe ” stanno ai soliloqui della Woolf nello stesso rapporto di un suono di spinetta a quello di una piena orchestra».

E’ un romanzo intensamente poetico, dalla lettura impegnativa, strutturato sotto forma di soliloqui dei sei protagonisti della storia, sei amici, tre donne e tre uomini, sei toni, sei note appunto, nessuno mai descritto, ognuno raccontato attraverso una fitta serie di sue proprie sensazioni, emozioni (ciascuna delle quali è a sua volta un mondo in miniatura di altro e più profondo e così via), ricordi. La settima nota è il settimo personaggio del libro, che però non sentiremo mai parlare con la propria voce, ma solo attraverso i pensieri degli amici ( e i pensieri dei loro pensieri e ricordi).

E’ un libro stupendo, profondo, intelligente, poetico. Si legge come una poesia in prosa, con calma, lasciando che lo stream of consciuosness ti conduca dove gli pare, perchè la letteratura alta richiede del tempo. Per me è stata una rilettura, e credo che anche se lo leggessi altre sei volte non potrei mai comprenderlo tutto: la vita evocata attraverso le percezioni emotive e razionali di ogni personaggio, le loro domande sulla propria esistenza e su dove si intersechi con quelle degli altri, risposte infinite dall’infanzia all’età adulta, accettando con sgomento la consapevolezza della propria unicità e al tempo stesso della molteplicità dell’esperienza umana.

(…) attimi di estasi, di senso assoluto esplosi nell’esistenza dei personaggi: attimi e stati di grazia quasi continui nell’infanzia e poi sempre più rari nell’età adulta, simili a soli baluginanti dal fondo dell’ acqua limacciosa della routine, dell’«abitudine che ricopre tutto», spegnendo tanto la meraviglia quanto l’angoscia dell’esserci.

La Woolf seleziona le onde, al lettore il compito di comporre il mare.

“Da quando il primo raggio dell’aurora tocca la terra e illumina una storia che in quell’attimo prende vita, fino al ritorno della storia nel grembo del tempo. Quanto viene narrato è sempre e accade incessantemente perché, se il tempo è una dimensione, passato, presente e futuro siamo noi a percepirli come distinti, non l’eternità dove la creazione accade ogni istante. 

Superata l’emozione iniziale, le prime parti  in particolare irradiano una tale bellezza da lasciare stupefatti, leggetene dunque una al giorno, il buon consiglio è di Citati, oppure ritrovatevi insieme, in sei più una sedia vuota… Sedetevi in cerchio e ascoltatevi leggere fino a dimenticare quel che state facendo, chi siete, assecondando soltanto i flussi della partitura fino a poter assaporare, almeno per un po’, la bellezza di essere una semplice onda, senza tempo, senza fine.” Augusto Petruzzi, Critica Letteraria

 Lorenza Inquisition

  

Pubblicità

Cassandra – Christa Wolf #cassandra #christawolf #recensione

Ecco dove accadde. Lei è stata qui. Questi leoni di pietra, ora senza testa, l’hanno fissata. Questa fortezza, una volta inespugnabile, cumulo di pietre ora, fu l’ultima cosa che vide. Un nemico da tempo dimenticato e i secoli, sole, pioggia, vento, l’hanno spianata. Immutato il cielo, un blocco d’azzurro intenso, alto, distante. Vicine oggi come ieri, le mura ciclopiche che orientano il cammino: verso la porta dal cui fondo non fiotta più sangue. Nelle tenebre. Nel macello. E sola.

Christa Wolf  Cassandra
Edizioni e/o , Collana Tascabili
Traduzione: Anita Raja

Ovvero: quanto è difficile, a volte, leggere!

Cassandra, figlia di Ecuba e di Priamo, re di Troia, è una delle figure mitologiche che più mi hanno affascinato quand’ero ragazzina. Non ho mai avuto una formazione classica, ma la mia professoressa di italiano delle medie amava gli antichi greci e ci fece conoscere un poco di Iliade, di Odissea e di Eneide. La guerra di Troia fu uno dei miei compiti di esame, e scrissi di mia iniziativa una tesina proprio su Cassandra, la profetessa inascoltata. Non so cosa speravo di ritrovare leggendo questo libro di Christa Wolf, ma certamente non pensavo che quest’opera apparentemente minuscola custodisse in sè una struttura narrativa così complessa, ed un significato tanto profondo, così profondo che non sono certa di averlo colto e compreso. Lo stile della Wolf è volutamente ostico, perché l’autrice non ci mette di fronte ad una trama, non esiste una linearità nel racconto e i protagonisti che ruotano intorno alla vita della profetessa sono chiamati e richiamati a seconda di come irrompono nei pensieri della donna. Cassandra racconta la sua vita come un flusso inarrestabile di ricordi, immagini, volti, parole e sensazioni. E’ come se fosse in preda ad un delirio pre-morte, salta da un episodio all’altro della sua vita con continui flash back e flash forward, senza seguire un filo conduttore logico ma solo il proprio flusso di coscienza. Le sue riflessioni vengono trascritte in questo monologo – confessione così come compaiono nella sua mente: riorganizzarle in frasi logiche e collocarle nel giusto spazio-tempo è l’arduo compito del lettore.

“Frenetica e rapida la successione delle immagini nella mia testa stanca, le parole non riescono a tener loro dietro. Singolare somiglianza delle tracce, che ricordi più diversi incontrano nella memoria.”

Non è quindi la biografia romanzata di Cassandra che desideravo e che speravo di leggere. E’ un diario scritto in prima persona dalla creatura letteraria dell’autrice, come se la Wolf fosse piombata in uno stato di trance ipnotico, completamente intrappolata dall’anima di questa figura femminile tragica ed affascinante, omaggiata dalla letteratura di tutti i tempi. L’autrice racconta di come trasse l’ispirazione per comporre questo romanzo durante un viaggo con il marito a Micene: quando si trovò al varco della Porta dei Leoni, la monumentale entrata della rocca della città, fu colta da una sensazione molto forte di immedesimazione con le vicende dell’eroina. Fu proprio davanti alla porta dei leoni infatti che Cassandra viene condotta prigioniera dal vincitore Agamennone, in attesa di essere giustiziata dalla moglie Clitennestra. La guerra di Troia è finita, e Cassandra attende rinchiusa nella fortezza di Micene che si compia il suo destino. Cassandra è “rivisitata” da Christa Wolf in un breve volgere di tempo: dallo sbarco dalla nave di Agamennone fino alla morte dello stesso e di Cassandra: due morti previste, vaticinate, persino attese e invocate dalla veggente, che in ogni moto vede il compimento di maledizioni e perfidie: umane e divine. La morte è vicina, talmente vicina che i ricordi comininciano ad affacciarsi nella sua mente come un fiume in piena: le immagini della fanciullezza, dell’adolescenza, l’amore per Enea, l’amicizia con la sua ancella Marpessa, i lunghi e rovinosi anni della guerra di Troia contro i greci capeggiati da Achille, orribile bestia assetata di sangue che nulla aveva di eroico a suoi occhi. Arrivano poi i dolci ricordi legati alle donne che presso le acque del fiume Scamandro diedero vita ad una comunità femminile che accoglie Cassandra esule dal palazzo reale, un luogo di pace in cui le dissidenti politiche e sociali si dedicano al culto di Cibele, in armonia con la natura. E infine, a compimento di un destino che Cassandra aveva già profetizzato a suo padre, le immagini richiamano alla mente l’arrivo delle Amazzoni comandate dalla regina Pentesilea, donna coraggiosa e bellissima, arruolata da Priamo in seguito alla caduta in battaglia del figlio Ettore. Anch’essa verrà uccisa da Achille, quando ormai la guerra sta volgendo al termine.

“La luce dell’ora che precede il tramonto. Quando ogni oggetto comincia a brillare autonomamente e a porre in risalto il colore che è suo. Enea diceva: per affermarsi ancora una volta prima della notte. Io dicevo: per consumare fino in fondo ciò che resta della luce e del calore e poi accogliere il buio e il gelo dentro di sé.”

Di Cassandra profetessa si parla pochissimo; l’attenzione è rivolta alla donna più che al mito, sacerdotessa del dio Apollo e figlia prediletta del re Priamo. Una donna che, come apprendiamo durante la lettura, compie una profonda evoluzione interiore che la allontanerà drasticamente da suo padre e dalle stanze del potere, che fin da bambina frequentava abitualmente. Cassandra apprenderà sconvolta che il ratto della bella Elena, compiuto dal suo redivivo fratello Paride, in realtà non è altro che una simulazione. Le vere ragioni della guerra sono politiche, e hanno come unico scopo il controllo dell’Ellesponto. Consapevole dell’assurdità di questo gioco di potere si rifiuterà di sostenere suo padre nella folle guerra contro i Greci, e per questo verrà allontantata come una reietta. Quella che fu la figlia tanto amata da Priamo si stringerà quindi attorno al saggio Anchise, il padre di Enea, l’uomo che, amato da Venere, accolse dentro di sé l’antico sapere femminile e che insegnerà a Cassandra un altro modo di vivere, più autentico ed umano, in cui il suo essere donna e profetessa acquisteranno finalmente un significato ed un valore profondamente rispettato.
Il romanzo è intriso delle tematiche socio-politiche care alla Wolf, ma bisogna conoscere quest’importante intellettuale moderna per comprenderle e per estrapolarle dal contesto. Qualcosa si intuisce, ma non è abbastanza. Forse un giorno riprenderò in mano questo romanzo, cercando di addentrarmi nella lettura con lo spirito giusto, cercando soprattutto di non farmi distrarre dai continui salti temporali e dallo stile ampolloso che non rende agile la lettura. E’ stato molto difficile per me scrivere questa recensione, mi ha portato via molto tempo e non sono sicura di aver reso giustizia ad un’opera di questa portata, riservata probabilmente ad un pubblico esclusivo: cosa che, naturalmente, io non sono. Io sono solo una lettrice.

Paola Castelli

#CASSANDRA #CHRISTAWOLF #RECENSIONI #CINQUANTALIBRI