Ecco dove accadde. Lei è stata qui. Questi leoni di pietra, ora senza testa, l’hanno fissata. Questa fortezza, una volta inespugnabile, cumulo di pietre ora, fu l’ultima cosa che vide. Un nemico da tempo dimenticato e i secoli, sole, pioggia, vento, l’hanno spianata. Immutato il cielo, un blocco d’azzurro intenso, alto, distante. Vicine oggi come ieri, le mura ciclopiche che orientano il cammino: verso la porta dal cui fondo non fiotta più sangue. Nelle tenebre. Nel macello. E sola.
Christa Wolf Cassandra
Traduzione: Anita Raja
Ovvero: quanto è difficile, a volte, leggere!
Cassandra, figlia di Ecuba e di Priamo, re di Troia, è una delle figure mitologiche che più mi hanno affascinato quand’ero ragazzina. Non ho mai avuto una formazione classica, ma la mia professoressa di italiano delle medie amava gli antichi greci e ci fece conoscere un poco di Iliade, di Odissea e di Eneide. La guerra di Troia fu uno dei miei compiti di esame, e scrissi di mia iniziativa una tesina proprio su Cassandra, la profetessa inascoltata. Non so cosa speravo di ritrovare leggendo questo libro di Christa Wolf, ma certamente non pensavo che quest’opera apparentemente minuscola custodisse in sè una struttura narrativa così complessa, ed un significato tanto profondo, così profondo che non sono certa di averlo colto e compreso. Lo stile della Wolf è volutamente ostico, perché l’autrice non ci mette di fronte ad una trama, non esiste una linearità nel racconto e i protagonisti che ruotano intorno alla vita della profetessa sono chiamati e richiamati a seconda di come irrompono nei pensieri della donna. Cassandra racconta la sua vita come un flusso inarrestabile di ricordi, immagini, volti, parole e sensazioni. E’ come se fosse in preda ad un delirio pre-morte, salta da un episodio all’altro della sua vita con continui flash back e flash forward, senza seguire un filo conduttore logico ma solo il proprio flusso di coscienza. Le sue riflessioni vengono trascritte in questo monologo – confessione così come compaiono nella sua mente: riorganizzarle in frasi logiche e collocarle nel giusto spazio-tempo è l’arduo compito del lettore.
“Frenetica e rapida la successione delle immagini nella mia testa stanca, le parole non riescono a tener loro dietro. Singolare somiglianza delle tracce, che ricordi più diversi incontrano nella memoria.”
Non è quindi la biografia romanzata di Cassandra che desideravo e che speravo di leggere. E’ un diario scritto in prima persona dalla creatura letteraria dell’autrice, come se la Wolf fosse piombata in uno stato di trance ipnotico, completamente intrappolata dall’anima di questa figura femminile tragica ed affascinante, omaggiata dalla letteratura di tutti i tempi. L’autrice racconta di come trasse l’ispirazione per comporre questo romanzo durante un viaggo con il marito a Micene: quando si trovò al varco della Porta dei Leoni, la monumentale entrata della rocca della città, fu colta da una sensazione molto forte di immedesimazione con le vicende dell’eroina. Fu proprio davanti alla porta dei leoni infatti che Cassandra viene condotta prigioniera dal vincitore Agamennone, in attesa di essere giustiziata dalla moglie Clitennestra. La guerra di Troia è finita, e Cassandra attende rinchiusa nella fortezza di Micene che si compia il suo destino. Cassandra è “rivisitata” da Christa Wolf in un breve volgere di tempo: dallo sbarco dalla nave di Agamennone fino alla morte dello stesso e di Cassandra: due morti previste, vaticinate, persino attese e invocate dalla veggente, che in ogni moto vede il compimento di maledizioni e perfidie: umane e divine. La morte è vicina, talmente vicina che i ricordi comininciano ad affacciarsi nella sua mente come un fiume in piena: le immagini della fanciullezza, dell’adolescenza, l’amore per Enea, l’amicizia con la sua ancella Marpessa, i lunghi e rovinosi anni della guerra di Troia contro i greci capeggiati da Achille, orribile bestia assetata di sangue che nulla aveva di eroico a suoi occhi. Arrivano poi i dolci ricordi legati alle donne che presso le acque del fiume Scamandro diedero vita ad una comunità femminile che accoglie Cassandra esule dal palazzo reale, un luogo di pace in cui le dissidenti politiche e sociali si dedicano al culto di Cibele, in armonia con la natura. E infine, a compimento di un destino che Cassandra aveva già profetizzato a suo padre, le immagini richiamano alla mente l’arrivo delle Amazzoni comandate dalla regina Pentesilea, donna coraggiosa e bellissima, arruolata da Priamo in seguito alla caduta in battaglia del figlio Ettore. Anch’essa verrà uccisa da Achille, quando ormai la guerra sta volgendo al termine.
“La luce dell’ora che precede il tramonto. Quando ogni oggetto comincia a brillare autonomamente e a porre in risalto il colore che è suo. Enea diceva: per affermarsi ancora una volta prima della notte. Io dicevo: per consumare fino in fondo ciò che resta della luce e del calore e poi accogliere il buio e il gelo dentro di sé.”
Di Cassandra profetessa si parla pochissimo; l’attenzione è rivolta alla donna più che al mito, sacerdotessa del dio Apollo e figlia prediletta del re Priamo. Una donna che, come apprendiamo durante la lettura, compie una profonda evoluzione interiore che la allontanerà drasticamente da suo padre e dalle stanze del potere, che fin da bambina frequentava abitualmente. Cassandra apprenderà sconvolta che il ratto della bella Elena, compiuto dal suo redivivo fratello Paride, in realtà non è altro che una simulazione. Le vere ragioni della guerra sono politiche, e hanno come unico scopo il controllo dell’Ellesponto. Consapevole dell’assurdità di questo gioco di potere si rifiuterà di sostenere suo padre nella folle guerra contro i Greci, e per questo verrà allontantata come una reietta. Quella che fu la figlia tanto amata da Priamo si stringerà quindi attorno al saggio Anchise, il padre di Enea, l’uomo che, amato da Venere, accolse dentro di sé l’antico sapere femminile e che insegnerà a Cassandra un altro modo di vivere, più autentico ed umano, in cui il suo essere donna e profetessa acquisteranno finalmente un significato ed un valore profondamente rispettato.
Il romanzo è intriso delle tematiche socio-politiche care alla Wolf, ma bisogna conoscere quest’importante intellettuale moderna per comprenderle e per estrapolarle dal contesto. Qualcosa si intuisce, ma non è abbastanza. Forse un giorno riprenderò in mano questo romanzo, cercando di addentrarmi nella lettura con lo spirito giusto, cercando soprattutto di non farmi distrarre dai continui salti temporali e dallo stile ampolloso che non rende agile la lettura. E’ stato molto difficile per me scrivere questa recensione, mi ha portato via molto tempo e non sono sicura di aver reso giustizia ad un’opera di questa portata, riservata probabilmente ad un pubblico esclusivo: cosa che, naturalmente, io non sono. Io sono solo una lettrice.
Paola Castelli