Leggere Le Onde è come sedersi nel cervello di qualcuno e ascoltarlo pensare.
Romanzo pubblicato nel 1931, dopo l’Orlando, Le onde fu subito salutato dal critico Edwin Muir come opera profondamente e consapevolmente innovatrice, nella quale ormai «la Woolf rifiuta totalmente la caratterizzazione dei personaggi in senso tradizionale», concentrandosi «sulle realtà permanenti» al di là dell’ illusoria rifrazione temporale. E da noi Mario Praz notava come la volontà musicale della Woolf in questo romanzo fosse rapportabile agli effetti cercati da Umberto Saba nella sua raccolta poetica più aerea, Preludio e fughe del ’28, dove parimenti «ciascuna voce è espressione di un diverso carattere, di una diversa attitudine di vita»; ma, aggiungeva Praz, «senza voler per questo far torto all’arte del Saba, dirò che le sue “fughe ” stanno ai soliloqui della Woolf nello stesso rapporto di un suono di spinetta a quello di una piena orchestra».
E’ un romanzo intensamente poetico, dalla lettura impegnativa, strutturato sotto forma di soliloqui dei sei protagonisti della storia, sei amici, tre donne e tre uomini, sei toni, sei note appunto, nessuno mai descritto, ognuno raccontato attraverso una fitta serie di sue proprie sensazioni, emozioni (ciascuna delle quali è a sua volta un mondo in miniatura di altro e più profondo e così via), ricordi. La settima nota è il settimo personaggio del libro, che però non sentiremo mai parlare con la propria voce, ma solo attraverso i pensieri degli amici ( e i pensieri dei loro pensieri e ricordi).
E’ un libro stupendo, profondo, intelligente, poetico. Si legge come una poesia in prosa, con calma, lasciando che lo stream of consciuosness ti conduca dove gli pare, perchè la letteratura alta richiede del tempo. Per me è stata una rilettura, e credo che anche se lo leggessi altre sei volte non potrei mai comprenderlo tutto: la vita evocata attraverso le percezioni emotive e razionali di ogni personaggio, le loro domande sulla propria esistenza e su dove si intersechi con quelle degli altri, risposte infinite dall’infanzia all’età adulta, accettando con sgomento la consapevolezza della propria unicità e al tempo stesso della molteplicità dell’esperienza umana.
(…) attimi di estasi, di senso assoluto esplosi nell’esistenza dei personaggi: attimi e stati di grazia quasi continui nell’infanzia e poi sempre più rari nell’età adulta, simili a soli baluginanti dal fondo dell’ acqua limacciosa della routine, dell’«abitudine che ricopre tutto», spegnendo tanto la meraviglia quanto l’angoscia dell’esserci.
La Woolf seleziona le onde, al lettore il compito di comporre il mare.
“Da quando il primo raggio dell’aurora tocca la terra e illumina una storia che in quell’attimo prende vita, fino al ritorno della storia nel grembo del tempo. Quanto viene narrato è sempre e accade incessantemente perché, se il tempo è una dimensione, passato, presente e futuro siamo noi a percepirli come distinti, non l’eternità dove la creazione accade ogni istante.
Superata l’emozione iniziale, le prime parti in particolare irradiano una tale bellezza da lasciare stupefatti, leggetene dunque una al giorno, il buon consiglio è di Citati, oppure ritrovatevi insieme, in sei più una sedia vuota… Sedetevi in cerchio e ascoltatevi leggere fino a dimenticare quel che state facendo, chi siete, assecondando soltanto i flussi della partitura fino a poter assaporare, almeno per un po’, la bellezza di essere una semplice onda, senza tempo, senza fine.” Augusto Petruzzi, Critica Letteraria
Lorenza Inquisition