I primi giorni di questo 2021 li ho dedicati a letture particolarmente evocative e sognanti e, dopo aver visto per l’ennesima volta “Eyes Wide Shut” la sera di Capodanno, mi son deciso a leggere il libro da cui è tratto e, nonostante fossi abbastanza prevenuto, l’ho trovato terribilmente coinvolgente.
In una Vienna d’inizio secolo durante il Carnevale, due giovani coniugi, Fridolin, medico, e Albertine, reduci da un ballo in maschera, si stuzzicano a vicenda instillandosi pensieri adulteri. Ovviamente il marito è il più permaloso e le fantasie della moglie lo irritano. Uscito nel cuore della notte per andar a curare un suo assistito in punto di morte, l’orgoglioso Fridolin si ritroverà coinvolto in una serie di situazioni in bilico tra fantasia e realtà, dove il confine con il mondo onirico è pressoché inesistente.
È davvero affascinante l’equilibrio tra l’esperienza di lui, reale e tangibile, con quella di Albertine, irreale e spirituale che, nei propri sogni rivive in maniera allegorica l’avventura di Fridolin.
Credo che sia uno di quei romanzi da leggere e rileggere, come in un gioco di scatole cinesi ogni pagina se riletta due volte regala simboli nuovi ed emozioni nascoste.
Igor Mario Medved
Doppio sogno (titolo originale tedesco Traumnovelle) è un romanzo breve, o novella, di Arthur Schnitzler scritto nel 1925; la prima edizione ufficiale tedesca è del 1926. La traduzione letterale del titolo dal tedesco è Novella del sogno. L’autore inizialmente voleva chiamarlo Doppelnovelle (Doppia novella), titolo che rimase fino al 1924.
Doppio Sogno si inserisce nell’estetica del decadentismo viennese di inizio secolo XX; racconta la crisi che colpisce una giovane coppia borghese nella Vienna degli anni venti, il medico Fridolin e la moglie Albertine; sarà quest’ultima a compiere, tramite il sogno che rappresenta il climax della storia, una sorta di viaggio liberatorio negli abissi della coscienza. La crisi della coppia borghese, con l’incomunicabilità del matrimonio che turba l’equilibrio uomo/donna, per Schnitzler è emblematica della crisi dell’individuo di fronte alla realtà dell’esistenza.