Mi prendo il mondo ovunque sia – Letizia Battaglia #LetiziaBattaglia

Questa è stata una lettura molto interessante per diversi motivi.

La prima parte del libro è il racconto in prima persona di una delle più famose (forse la più famosa) fotografe italiane. La fotografa della mafia o, come preferisce definirsi, la fotografa contro la mafia. È un racconto semplice, schietto e onesto della sua intensa vita. L’irrequietezza di una giovane moglie e madre che si sente in trappola, irrealizzata, quel suo frenetico ambire a qualcosa di diverso, quella smania per la quale le consigliano due anni di terapia in clinica. E invece Letizia Battaglia sceglie di assecondare quella irrequietezza, di lasciarsi andare, e ha avuto ragione.“Sono nata come persona solamente quando avevo 39 anni: è stata la fotografia a reinventarmi come donna, a darmi un’identità, un’autonomia, a farmi superare timori e ostacoli. È stata la macchina fotografica che ha aperto le porte di quella prigione interiore in cui ero rimasta intrappolata, facendomi scoprire me stessa e la mia intima libertà.”

Il suo è un percorso affascinante, travolgente. Gli ambienti frequentati, le persone incontrate, gli stimoli dati e ricevuti. Lei è una donna determinata, passionale (“quando ho bisogno di vivere qualcosa nessuno deve provare a impedirmelo”). Inoltre c’è quell’amore grande, ossessivo lo definisce lei, per la sua Palermo città alla quale ha cercato a modo suo di regalare bellezza e cultura. Le foto scattate per il quotidiano L’Ora sono il suo contributo al risveglio della città. Le fotografie dei delitti di mafia, con i piedi a bagno nel sangue, sono diventate immagini simboliche. Sua la foto di Sergio Mattarella che estrae dall’auto il corpo del fratello Piersanti crivellato di colpi. Sua la foto di Falcone al funerale di Dalla Chiesa, suo il bellissimo ritratto della vedova di Vito Schifani. Sue centinaia di fotografie di delitti appena compiuti. L’amore e il dolore per la sua Palermo va letto e ascoltato direttamente dalle sue parole, non riesco a concentrare in due righe il significato e l’importanza che quegli scatti rivestono per Letizia Battaglia.

La seconda parte del libro è altrettanto interessante e molto ricca di voci che ripercorrono da diverse prospettive gli anni della guerra di mafia e degli attentati. Devo dire che, come spesso accade quando si tocca questo periodo di storia recente, ho trovato questa parte particolarmente toccante.È la parte del libro che contestualizza storicamente il lavoro di Letizia Battaglia, fornendo una quadro più ampio alla testimonianza diretta e personale data da lei stessa nella prima metà del racconto. Attraverso le testimonianze dei giornalisti che vi lavorarono si racconta la storia del quotidiano palermitano L’Ora che fu la prima e per lungo tempo unica testata a parlare apertamente di mafia, pagando con la vita di tre dei suoi giornalisti. Si analizza poi l’importanza che le foto di Letizia Battaglia ebbero nei processi di mafia (sua la foto dell’incontro di Andreotti con i cugini Salvo) con il contributo, tra gli altri, di Giancarlo Caselli. E si conclude con una lunga intervista con Leoluca Orlando.“In quegli anni la mafia dei Corleonesi ha conquistato Palermo con il sangue e il sangue è entrato nelle mie fotografie. Non pensavo di avere coraggio, ma solamente che dovevo denunciare la mattanza che avevo sotto gli occhi, testimoniarla con la fotografia.”

Anna Massimino

Letizia Battaglia, Sabrina Pisu Mi prendo il mondo ovunque sia

Una vita da fotografa tra passione civile e bellezza

Einaudi

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Ciò che inferno non è – Alessandro D’Avenia #AlessandroDAvenia

Don Pino sorride. Un sorriso strano, quieto, come emerso dal profondo del mare quando la superficie è in tempesta. Mi ricordo ancora la prima lezione con lui. Si era presentato con una scatola di cartone. L’aveva messa al centro dell’aula e aveva chiesto cosa ci fosse dentro. Nessuno aveva azzeccato la risposta. Poi era saltato sulla scatola e l’aveva sfondata. «Non c’è niente. Ci sono io. Che sono un rompiscatole.»

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Seconda lettura, stava sul comodino da esattamente due natali, amiche mi avevano detto che era molto bello, forse prima non era il momento, non so, comunque letto tutto d’un fiato.

C’è Palermo col suo splendido mare e poi c’è la Palermo del Brancaccio, con i suoi casermoni di cemento. Ci sono bambini a cui non è concesso essere tali, a cui non è dato di sognare, immaginare e ci sono bambini che ricevono un’attenzione nuova, un amore che dà senza chiedere in cambio. C’è il Cacciatore e Nuccio e Madre Natura che condannano a una vita oscura e poi c’è don Pino con Federico, Lucia e i coraggiosi uomini che una vita la desiderano e si ribellano. Ribellione che don Pino Puglisi pagherà molto cara ma che lascerà a chi l’ha conosciuto e ascoltato la consapevolezza che è possibile diventare eroi della propria vita e riconoscere, nel proprio quotidiano, “Ciò che inferno non è”.

Mariagrazia Aiani

DESCRIZIONE

Con l’emozione del testimone e la potenza dello scrittore, Alessandro D’Avenia narra una lunga estate in cui tutto sembra immobile eppure tutto si sta trasformando, e ridà vita a un uomo straordinario, che in queste pagine dialoga insieme a noi con la sua voce pacata e mai arresa, con quel sorriso che non si spense nemmeno di fronte al suo assassino, con il coraggio di chi nell’atto stesso di morire insegna come vivere a noi che restiamo. Un uomo semplice ma capace di generare la sola epica possibile oggi: quella quotidiana, conquistata passo dopo passo sul confine tra luce e lutto, parola e silenzio. Unendo il respiro antico di una narrazione corale e l’intensità di un’invocazione, questo romanzo ci parla di noi, della possibilità – se torniamo a guardare la vita con gli occhi dei bambini che tutti siamo stati – di riconoscere anche in mezzo alla polvere ciò che inferno non è.