L’ipnotista – Lars Kepler #ipnotista #recensione

Vengo oggi a parlarvi di un libro che mi ha ammorbato come una nuova sceneggiatura di Ozpetek prima maniera (ma anche seconda e terza), una pesantezza che non so dire, un gatto di marmo attaccato ai maroni. So che a qualcuno questo autore e questo libro sono piaciuti, non ve ne abbiate a male ma per me è stato come un lunedì mattina in tangenziale con pioggia, nebbia, incidenti e una corsia chiusa per lavori in corso. Un dolore fisico inenarrabile, la morte dentro, una cosa da raccontare ai nipoti accostandola alle grandi tragedie dell’umanità: un libro brutto, brutto veramente, e pure LUNGO.

Questo romanzo è del 2009, uscito in italia nel 2011 (secondo me per una serie di suicidi o abbandono del lavoro dei traduttori che arrivati a metà di questo orrore indicibile preferivano i campi elisi o dedicarsi all’allevare acari). Io non l’ho comprato subito, avendoci questo atteggiamento un po’ snob verso i battage delle case editrici, nuovo caso letterario nordico, nuovo stieg larsson, nuovo quaellà. Però a volte -non sempre- i battage non sono proprio sbagliati, mi dico (risate finte di sottofondo da sit-com americana) e quindi ignara mi sono avviata incontro al mio destino e l’ho comprato. Poi alcuni di voi qua nel gruppo ne parlavano bene e la sventurata qui presente rispose Ok lo prendo. E non so mica se vi perdono.

L’autore si pregia di usare il primo tempo indicativo per quasi tutto il libro (che è lungo, non dimentichiamolo 580 pagine): fa freddo, è seduto al tavolo, pensa. E’ uno stile narrativo che in teoria ti spinge più in fretta dentro la storia, ti fa immedesimare più rapidamente, aiuta la caratterizzazione dei personaggi. Se sei bravo, certo. Se sei Umberto Eco nel Nome della rosa. Se no, sei bloccato in uno stato di irritante perenne immediatezza e 580 pagine sono un vuoto esistenziale incolmabile.

Non scrive bene il Kepler, è prolisso, impacciato, banale. E non è neanche un esempio di scrittura “nordica” resa male, perchè Larsson e Mankell (quest’ultimo di molto superiore come scrittore, per me) non perdono per niente nella traduzione, piacciono, quindi no, non è quello.

E quindi, per me qua il Kepler si è già giocato un terzo di quelle che sono le componenti essenziali di un buon thriller, che deve avere almeno tre cose che corrano, e corrano BENE, per funzionare: una gran storia, bei personaggi, e la scrittura.

E tanto per chiarire, io ho finito questo pezzo di ghisa pesante come un giovane di sinistra alternativo con sciarpa etnica lunga fino ai piedi che frequenta lettere indirizzo filosofia e/o architettura (ma dippiù lettere indirizzo filosofia) e ti allunga un volantino sull’autocoscienza, solo ed esclusivamente perchè lo volevo mettere nella Disfida, alla voce “Un libro all’ultimo posto della tua lista di libri da leggere”. Se non fosse stato per questo motivo, l’avrei scagliato come il muro con violenza per poi infilzarlo con un paletto e seppellirlo in un cimitero sconsacrato, giusto per essere sicura che non ritornasse mai più. Io sono della scuola Dorothy Parker, io.

EEEEEENIWAY.

La storia. La storia, come dire. La storia, volendo essere onesti, è buona per i primi e gli ultimi capitoli. In mezzo, 500 pagine con una trama che potrebbe fare invidia a un reality sulle perquisizioni in aeroporto, o sugli abiti da sposa restaurati.

I personaggi. Quindi. Signore pietà, che massa di inetti sfigati incompetenti e mettiamoci pure stupidi. L’ispettore principale che diventerà pure protagonista di una serie di libri (non esistono parole sufficienti per spiegare l’orrore che questa prospettiva suscita in me) Joona Linna, che in teoria dovrebbe essere il protagonista ma in realtà viene scansato dall’ipnotista, è reso talmente bene che dopo 300 pagine sappiamo solo che ha gli occhi grigio chiaro ed è biondo, e finnico, non svedese. Altro non si sa, com’è, che vuole, che pensa, che gli è successo, è sposato, ha figli, un chezz: si capisce solo che è un egomaniaco che ogni volta che ha un’intuizione vincente si fa ripetere dall’interlocutore quanto è stato bravo: E allora avevo ragione? dillo: Avevo ragione. Scarpate nei denti subito.

Poi abbiamo il vero protagonista del romanzo, l’ipnotista esimio prof dott direttor. ing. gran. ladr. di gran croc. Erik Maria Brandauer Bark di staceppa, un piagnone, drogato, arrogante inetto povero bastardo, che trascorre il suo inutile tempo nel libro occupando pagine e pagine con descrizioni delle droghe che prende, delle dormite che si fa in quanto sedato, di quanto sia pentito di aver scelto di fare l’ipnotista per un grosso GROSSO casino successo. E a questo grosso casino si allude, ammicca, accenna, abbozza per trecento pagine circa finchè pensano bene di buttare finalmente in mezzo lo spiegone, che dura circa 100 pagine, e tu in realtà ti sei già dimenticato cos’era che stava capitando prima di sto mappazzone inutile e in generale comunque non era che ti importasse poi così tanto, e insomma capisci però che in effetti sto pezzo di pirla ha commesso così tante marchianate nella sua carriera che evidentemente il primo grosso casino è stato prendere l’abilitazione al Cepu, per cominciare. Generale disgusto e rumorosi rutti al suo indirizzo.

L’altra coprotagonista è la moglie cretina dell’ipnotista, una scema mentalmente instabile che dopo dieci anni trascorsi da una scappatella del marito ancora non si fida e non l’ha perdonato. Però ci sta insieme. Però lo odia, e poi lo ama, e poi soffre. E piange. E non si fida. E gli controlla il telefono. E tu dieci anni fa mi hai tradito, mi voglio separare. Forse no. Sì, mi voglio separare. No. Sì. E avanti così, altre 580 pagine, intervalli di cinque/sei capitoli al massimo.

Questi due sfigati trallaltro oltre a stare insieme non si sa bene perchè, passano tutto il tempo a non parlarsi. Cioè il Kepler usa questo espediente narrativo singolarmente irritante di farli litigare senza che si parlino mai: lei sospira e lui prende un sonnifero, lei piange e lui esce di casa, lei vuole litigare e lui non ha voglia di parlare, lasciami stare.

Ci sono poi altri personaggi tutti abbastanza sgradevoli, o macchiettistici, tutti leggermente insani e abbastanza sadici; due o tre sottotrame, delle quali una non viene neanche chiusa; la storia principale viene più o meno abbandonata a metà libro, e ripresa in fretta alla fine piazzandoci due boiate a caso per venirne a capo. Poi una serie infinita di inverosimiglianze, e se le ho notate io che per metà del tempo leggevo cercando di non addormentarmi dalla noia o stando su Fb nel frattempo, vuol dire che erano proprio marchiane.

Tutti i personaggi hanno piccoli o grandi problemi di sanità mentale, sono aggressivi, ossessivo compulsivi, hanno avuto complessi di Edipo mai risolti, problemi relazionali, tendenze narcisistiche, per tutto il libro, e avanti così all’infinito. Tutti provano a telefonarsi per minuti, mezz’ore, ore: nessuno risponde mai, nessuno sente, nessuno riesce mai ad arrivare in tempo al cellulare; tutti i messaggi vanno in segreteria, che peraltro nessuno ascolta, non c’è mai una catafottuta volta in cui una telefonata non vada a vuoto. Una massa di sfigati isterici, e in mezzo parole, parole, parole, descrizioni inutili, storie che non conducevano da nessuna parte, se non a chiedersi il perchè di tanto dolore nel mondo.

Quindi, la storia no, la scrittura nemmeno, i personaggi assolutamente manco poo cazzo. Cosa rimane da dire?

Che Lars Kepler non è UNO giallista, è lo pseudonimo per una coppia di scrittori, marito e moglie, che hanno fino al 2009 prodotto tutt’altro nelle rispettive carriere, e poi un bel giorno hanno deciso a tavolino di scrivere un thriller per salire sul treno di Uomini che odiano le donne, e lo hanno fatto. L’hype che ha preceduto questo libro è stato virale, te lo trovavi ovunque, era uno di quei libri di cui tutti parlavano.

E ne hanno parlato, e ha avuto successo, e che vi devo dire: per me è scritto male e pensato peggio, spero che nei prossimi libri (L’orrore. L’Orrore.) si telefonino di più i due autori per aggiornarsi sulle rispettive parti prodotte. Perchè io sono uscita da questa fatica con la netta sensazione che questo sia un libro scritto da due persone che l’hanno assemblato alla cacchio, buttando nel mezzo un po’ di gore, sensazionalismo vario, manciate di Svezia e nordicicità, allusioni a indagini poliziesche e promesse di very belle trame thriller.

E c’è gente che ha dato cinque stelle a ‘sto libro, CINQUE STELLE zio cane! voi siete pazzi. Voi avete in testa due inseparabili al posto dei neuroni, uno è morto e l’altro è evidentemente sclerato. Io vi ammazzo. Avete fatto salire questa roba nelle classifiche dei best seller, e ora c’è gente inerme che si aggira in libreria senza sapere e potrebbe pure comprarlo, perpetuandone il successo al fianco dei libri di cucina (ah ah ah scusate l’eufemismo) della Parodi.

E per il resto, ne sono uscita con il confuso desiderio di mollare la macchina in coda in tangenziale e tornare a casa a piedi tagliando per il Naviglio, facendo dei grossi diti medi in direzione della Svezia.

Mai più, per la carità diddio.

Lorenza Inquisition

 

 

10 Romanzi storici #RomanzoStorico

Sono qui per chiedervi un consiglio: vorrei leggere un buon romanzo storico, magari ambientato nel medioevo (ma altri periodi sono ben accetti). Nel corso di quest’anno ne ho letti alcuni ed è finita che il migliore è stato Hyperversum, salvo che è un romanzo fantascientifico per ragazzi (che sì, le atmosfere sono meravigliose, ma quel mondo medievale è inventato per metà).
All’attivo ho Ivanhoe, Robin Hood di Dumas e libri sui templari in quantità, che sono incredibilmente tutti uguali e non danno soddisfazione.
Avete consigli?

Samantha

  1. qIeri ho domandato a un pargolo di cinque anni chi fosse Gesù. Sapete cosa ha risposto? Una statua. (Bernhard Rothmann). Q affronta per la prima volta in un romanzo “Omnia sunt communia!”, tutte le cose sono di tutti: il grido che aveva terrorizzato i principi tedeschi nelle rivolte contadine guidate da Thomas Muntzer risuona ancora sulle labbra degli sconfitti giustiziati dopo la disfatta di Frankenhausen del 1525. Ma chi ha spinto Thomas Muntzer all’avventurismo estremo? Chi scrive a Pietro Carafa, emissario del papa, lettere in cui gli consiglia, per contenere la rivolta, di allearsi con il maggiore nemico di Roma?
  2. bellonciIl mio segreto è una memoria che agisce a volte per terribilità. (Isabella D’Este). Rinascimento privato è l’ultimo romanzo scritto da Maria Bellonci. Il libro, vincitore del Premio Strega nel 1986, è un’autobiografia immaginaria di Isabella d’Este, che ripercorre gli anni salienti del Rinascimento italiano attraverso un punto di vista privato, cioè dall’interno della corte del Ducato di Mantova.
  3. ken-f“I bambini vennero presto per assistere all’impiccagione. Era ancora buio quando i primi tre o quattro uscirono furtivamente dai casolari, silenziosi come gatti nei loro stivali di feltro”. I pilastri della terra di Ken Follett racconta la costruzione di una cattedrale a Kingsbridge (località immaginaria in Inghilterra) nel corso del XII secolo, dall’affondamento della Nave Bianca (la nave in cui morì l’erede al trono inglese) fino all’assassinio dell’arcivescovo di Canterbury Thomas Becket, già descritto da T. S. Eliot nel suo dramma teatrale del 1935 Assassinio nella cattedrale.
  4.  vassalli   La chimera (Sebastiano Vassalli) Il testo segue i vent’anni di vita di un’esposta, Antonia, dalla sua nascita alla sua morte sul rogo, avvenuta intorno al 1610. Con questa storia Vassalli vuole raccontare ai suoi lettori la genesi di un pregiudizio, attingendo a piene mani dalle carte processuali della vera Antonia, realmente vissuta nelle valli della Bassa e processata per stregoneria, come tante sue coetanee nello stesso secolo. La caccia alle streghe, infatti, è un fenomeno che si sviluppa in Europa tra XV e XVIII secolo e che in Italia ha il suo apice nell’area settentrionale, in particolare tra Lombardia e Piemonte.

  5.   untitled-design La vipera e il diavolo di Luigi Barnaba Frigoli. Milano, seconda metà del Trecento. Un solo trono, due pretendenti: Gian Galeazzo, ambizioso, scaltro e risoluto rampollo della famiglia Visconti, e Bernabò, suo zio, il terribile e spietato ammazzapreti, fustigatore del popolo. Pronti a tutto per conquistare il potere, indiscusso e totale. Una rivalità destinata a diventare scontro senza esclusione di colpi, tra congiure e intrighi, esecuzioni e duelli, incantesimi e tradimenti, invidia e sangue, amore e odio. Trame oscure scandite da antiche leggende e intessute nell’ombra da Tasso, aromatario in fuga dai fantasmi del suo passato, e da Libista, cuoca prestata alla stregoneria per ­saziare la sua sete di vendetta. La resa dei conti, tra Vipera e Diavolo, non tarderà ad arrivare. E sarà per la vita o per la morte. In palio, oltre allo scettro, la gloria imperitura. Oppure l’eterna dannazione.
  6.   religion“Ludovico era un assassino. E questa consapevolezza lo inebriò. Sollevò il volto verso la luce accecante e rese grazie a Dio”. Religion di Tim Willocks. 1565. La flotta turca di Solimano il Magnifico veleggia nelle acque del Mediterraneo dirigendosi verso Malta.
    La piccola isola è la roccaforte dei Cavalieri di San Giovanni Battista, l’ordine cavalleresco più antico e prestigioso della Chiesa di Roma.
    L’intento dei turchi è quello di annientare i cavalieri di Malta per poi avere via libera verso la Sicilia e l’Italia, il cuore della cristianità. Almeno 50.000 turchi contro 6.000 tra cavalieri e soldati maltesi. Sembra una passeggiata. Non sarà così.
    Willocks racconta con linguaggio crudo e realistico uno dei più lunghi e tremendi assedi della storia, mostrandoci l’orrore della guerra senza alcuna concessione alla retorica.
  7. La costruzione del convento di Mafra si deve al re Giovanni V, per un voto fatto se gli fosse nato un figlio, qui ci sono seicento uomini che non hanno fatto fare nessun figlio alla regina e sono loro a pagare il voto, che si attacchino, con licenza per l’anacronistica espressione .

     memorialedelconvento1 Memoriale del convento è un romanzo del premio Nobel portoghese José Saramago.La fantastica storia narrata nel libro si svolge nel Portogallo del Settecento; è l’epoca in cui si dà inizio all’epica e travagliata costruzione del grande monastero di Mafra, fatto edificare da re Giovanni V come ex voto per la nascita del sospirato erede. Nella contraddittoria storia portoghese, tra lo spietato Tribunale dell’Inquisizione e la dubbia religiosità umana, la povertà del popolo ed i lussi della nobiltà, la storia e il romanzo si intrecciano guidati da una narrazione originale (sia dal punto di vista della forma con le lunghe frasi dalla caratteristica punteggiatura dei libri di Saramago, sia dal punto di vista “prospettico” con una narratore che si muove tra passato, presente e futuro) e dalla peculiare e critica laicità dell’autore.

  8.   nome-rosa   Il nome della rosa è un romanzo scritto da Umberto Eco, libro che può essere considerato un incrocio di generi narrativo e filosofico, partendo da una base di giallo storico deduttivo. L’opera, ambientata sul finire dell’anno 1327, si presenta con un espediente letterario classico, quello del manoscritto ritrovato, opera, in questo caso, di un monaco di nome Adso da Melk, che, divenuto ormai anziano, decide di mettere su carta i fatti notevoli vissuti da novizio, molti decenni addietro, in compagnia del proprio maestro Guglielmo da Baskerville. La vicenda si svolge all’interno di un monastero benedettino dell’Italia Settentrionale, ed è suddivisa in sette giornate, scandite dai ritmi della vita monastica.
  9.  cattedrale_80222644761000  La cattedrale del mare  di Ildefonso Falcones. La trama si svolge nel XIV secolo a Barcellona, e narra la storia della vita di Arnau Estanyol, un servo della gleba, che fugge dal servaggio assieme al padre e lentamente scala la piramide sociale giungendo persino ad ottenere il titolo di Barone e di Console del Mare. Questa evoluzione, vissuta fra mille vicissitudini personali e storiche, non manca di suscitare invidie e disprezzo nei suoi confronti, per cui Arnau cadrà per tali motivi nelle grinfie dell’Inquisizione. Perno “fisico” della vicenda, la costruenda chiesa di Santa María del Mar, cui il protagonista contribuisce inizialmente quale trasportatore di pietre, e infine come ricco banchiere.

  10.   hugo L’anno del contagio (Doomsday Book) è un romanzo di fantascienza di ambientazione storica della scrittrice statunitense Connie Willis, che nel 1993 ha vinto nella categoria romanzo i premi Hugo, Nebula e Locus. In un futuro non troppo lontano viene inventato il viaggio nel tempo, utilizzato dagli accademici per studiare le epoche passate. La protagonista, Kivrin Engle, è una studentessa di storia di Oxford, il cui sogno è viaggiare nel Medioevo. La storia inizia proprio con la partenza di Kivrin verso l’Inghilterra del 1320, che non raggiungerà mai per un errore di calcolo: si ritroverà invece nel 1348, nel pieno dell’epidemia di peste nota come la Morte nera. A causa di un incidente Kivrin perde l’appuntamento per il ritorno al suo tempo: vivrà non solo la paura dell’abbandono, ma sarà costretta ad assistere impotente (ed immune in quanto vaccinata) allo sterminio che la Morte Nera porterà fra tutte le persone del villaggio in cui vive. Una trama scarna e dotata di un palese happy ending, ma che si concentra tutto sulle emozioni della giovane studiosa nel rapportarsi realmente con la cultura medievale inglese e con i vari problemi di lingua che ne derivano, e con il disagio di vivere nella quotidianità del Medio Evo.