Leggere il Mondo: Tajikistan #biblioviaggio #Tajikistan

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Il Tajikistan è un ex stato sovietico situato nel cuore delle montagne dell’Asia Centrale, tra gole anguste e una distesa infinita di picchi mozzafiato separati da laghi turchesi profondissimi. Da qui Samarcanda non è così lontana, questa era la Via della Seta. Tutta la letteratura del Paese è stata, fino all’avvento della dominazione russa, in lingua persiana. Il regime sovietico introdusse l’alfabeto cirillico nella lingua tagica, e si sono distanziate le generazioni attuali dal patrimonio della letteratura persiana classica. Anche a livello estetico e tematico, la letteratura tagica di epoca sovietica si è ampiamente sintonizzata con i dettami del “realismo socialista”. Con l’indipendenza dall’URSS (1991), si sono messe in moto  dinamiche di distanziamento dalla cultura russa e contemporaneo rinsaldamento del legame con la tradizione classica persiana e islamica. La lingua locale, il tagiko, è una variante del persiano diffusa in Tagikistan, una lingua indoeuropea del gruppo iranico. Il più famoso scrittore vivente è Taimur Zilfikarov, al quale viene riconosciuta la capacità di riproporre lo stile degli antichi scrittori persiani, toccando sentimenti nazionalistici.

Non sono riuscita a trovare traduzioni inglesi (italiane poi, ah ah ah le matte risate) in ebook di scrittori tagiki contemporanei, quindi ho deciso di leggere uno scrittore persiano classico, Gialal al-Din Rumi  dato che l’origine delle due parlate è la stessa. Inoltre per completezza ho voluto leggere qualcosa di conteporaneo ambientato in Tajikistan, e l’unico libro papabile (e pensate allora gli altri cos’erano!) che ho trovato è Sixteen seasons, di David James, un giovane missionario americano che ha vissuto lì con sua moglie e due figli piccoli per 4 anni a fine anni ’90, dopo l’indipendenza dall’URSS e a cavallo degli attacchi alle Torri Gemelle. Speravo in un racconto come quello di Tuvalu, dove l’autore pur sognandosi di notte le patatine fritte e l’arrosto di vitello, ha lavorato in mezzo alla gente per due anni facendosi un mazzo tanto e anche parecchie risate. Il signor James a parte la discutibile abitudine, in quanto religioso, di salmodiare versi sacri e citazioni bibliche ogni dieci pagine cercando di infondere in noi lettori e nel suo pubblico tajiko la divina grazia cristiana, scrive male, e a volte pensa peggio. Si reca in pellegrinaggio con alcuni vicini musulmani in un luogo sacro islamico, e non trova di meglio da fare che ridicolizzare con noi le scritte sui depliants per i visitatori, e in genere ridersela per alcuni comportamenti dei locali. Sua moglie poi è pure peggio, interrogata da alcune donne locali sulla ricetta di alcuni biscotti, decide di dare due o tre lezioni di cucina, e siccome si accorge che le signore non capiscono il significato di “un quarto” o di altre unità di misura, inaugura la serie di corsi di cucina spiegando per ore le frazioni alle contadine tajike, lasciandole perplesse e scoraggiate. Sarà forse lodevole il suo intento, ma penso che sarebbe stato molto più semplice e diretto semplificare le misure: un bicchiere, due cucchiai, e così via.

Non è stato del tutto orrendo, per la verità l’autore a volte è riuscito a veicolare qualcosa del mondo in cui ha vissuto e che volevo conoscere. Per esempio quando spiega come l’ospitalità sia un valore assoluto, una sincera bellezza di una cultura che non è molto orientata sulle liste di cose da fare, ma lo è moltissimo sulle relazioni umane. O di come racconta come sia difficile la vita per molte famiglie povere per cui almeno due uomini del clan si trasferiscono in Russia per lavorare per mandare a casa i soldi, a volte anche per due o tre anni, una pratica così diffusa che c’è una filastrocca che i bambini canticchiano dove si parla dell’aereo che porterà a casa il babbo, prima o poi.

E poi ho capito bene il curioso convincimento tajiko che morta certa aspetta chi sia così sprovveduto da lasciare che una corrente di aria diretta tocchi la pelle nuda, e questo spiega perchè nelle foto siano sempre tutti belli coperti anche in estate da capo a collo, sudati ma felici di aver scampato un tristo destino. E anche in Tajikistan ci siamo andati! e via!

Lorenza Inquisition

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Qui c’è un articolo interessante sul Tajikistan uscito su Repubblica viaggi: http://www.repubblica.it/viaggi/2013/05/08/news/tajikistan_contatto_con_il_cielo-117050029/

Persepolis – Marjane Satrapi #Iran #Persepolis #MarjaneSatrapi

LEGGERE IL MONDO: IRAN

“One can forgive but one should never forget.”

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“In life you’ll meet a lot of jerks. If they hurt you, tell yourself that it’s because they’re stupid. That will help keep you from reacting to their cruelty. Because there is nothing worse than bitterness and vengeance… Always keep your dignity and be true to yourself.” – Advice to Marjane’s from her grandmother.

Per quanto riguarda l’Iran, avevo alcuni libri di poeti classici persiani da finire, ma geograficamente come area di appartenenza ognuno di loro può essere letto in modo interscambiabile per il Tajikistan, l’Uzbekistan, l’Afghanistan o l’Iran. Ma c’è una sola opera che appartiene assolutamente e in modo univoco all’Iran, e cioè Persepolis, di Marjane Satrapi, e quindi ho scelto questo. E’ un fumetto molto famoso, il film che ne hanno tratto forse anche di più; è l’autobiografia della protagonista che ha vissuto in Iran da bambina durante la Rivoluzione Islamica che ha visto il ritorno dell’Ayatollah Khomeini, e narra attraverso una serie di ricordi ed episodi -a volte dolorosissimi- la vita della popolazione sotto il regime.

La famiglia della Satrapi era agiata, intellettuale, liberale: la bambina cresce in mezzo a discussioni politiche, culturali, artistiche, ha libertà di ragionamento ed è intelligente, quindi osserva con crescente stupore e poi indignazione la graduale trasformazione della società in cui vive a causa dell’ortodossia religiosa, che influenza tutti gli aspetti della vita dei cittadini. Marjane cerca un senso, una spiegazione a quello che sta succedendo parlando con i genitori o con la nonna, creando nelle vignette un contrasto stridente tra il sano dialogo che avviene in famiglia e l’assurdità maniacale di alcune proibizioni imposte fuori da guardiani o maestri che parlano invasati dal fanatismo politico religioso.

Conversa anche con Dio, Marjane, quando si trova da sola nella propria stanza: per esempio quando è costretta a cambiare scuola, perchè vengono chiusi tutti gli istituti stranieri, e abolite le classi miste, o quando si chiede che senso abbia non poter più indossare i jeans, e se potrà mai andare ancora a una festa. O quando la madre, che l’ha educata secondo principi libertari e di moderato femminismo, la porta con sé in piazza per protestare insieme ad altre donne contro le restrizioni che il nuovo governo islamico cerca di imporre loro, solo per scoprire amaramente che i Pasdaran non sono meno feroci del vecchio esercito dello scià, quando si tratta di reprimere manifestanti inermi. O quando comincia a perdere amici e parenti che scappano all’estero dal regime per non tornare mai più, destino che qualche anno dopo toccherà anche a lei.

La Satrapi non è propriamente fumettista, prima di quest’opera era stata prevalentemente illustratrice di libri per bambini. I disegni che utilizza sono semplici ma sofisticati, le tavole in bianco e nero, ma riesce a veicolare molto bene le varie emozioni che attraversano l’anima della protagonista, e alcune illustrazioni sulla guerra e sul dolore per la morte di familiari o amici sono di grande impatto emotivo.

Persepolis racconta il volto spietato dell’integralismo islamico, il cui aspetto più crudele non è tanto quello religioso, in fondo, ma quello cinico di chi usa il fanatismo mistico come un’arma per avere potere, per sottomettere un popolo tramite la paura, la violenza, il terrore. E racconta anche le piccole ribellioni che chi vive oppresso da un regime sente di dover mettere in atto per non soccombere e impazzire del tutto, per esempio ascoltare gli Iron Maiden durante un bombardamento o leggere libri proibiti. Ed è anche la triste maturazione di una ragazzina che deve accettare come la patria per cui ha avuto sentimenti di amore e trasporto fin da piccola sia ormai diventata una terra popolata da oppressori in cui regna l’ignoranza, dove non c’è più posto per lei per crescere e diventare adulta, dalla quale vive tuttora in esilio.

molto molto consigliato.

Lorenza Inquisition

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