Springsteen: Access All Areas – Lynn Goldsmith / Who I Am – Pete Townshend

Calo i miei due assi musicali che hanno accompagnato gli ultimi giorni di vacanza e che vanno ad occupare rispettivamente le categorie di libro fotografico e autobiografia della nostra stimolante disfida.

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*Springsteen: Access All Areas, Lynn Goldsmith

Per quei pochi non springsteeniani presenti nel gruppo, questo libro testimonia il backstage e non solo del Darkness on the Edge of Town Tour del ’78 ovvero anno cruciale nella vita del songwriter americano a livello professionale.
Libro pubblicato nel 2000, interamente in bianco e nero che oltre a mostrare ciò che avveniva sul palco con splendidi scatti, mostra uno Springsteen più intimista, all’interno del suo camerino o in una camera d’albergo, accompagnato da una breve premessa della fotografa che disegna puntualmente il ritratto dell’artista, con i suoi modi di fare e l’atteggimento che lo hanno condotto alla fama mondiale.

*Who I Am, Pete Townshend, Harper Collins

Credo sia la prima autobiografia di un essere ancora vivente che leggo e ha scatenato impressioni contrastanti. Non si discosta affatto dall’idea che si possa avere riguardo alla vita di una rock star e al detto sex, drugs and rock’n’roll; in tal senso non è altro che un racconto, abbellito, delle diverse sostanze assunte e delle camere d’albergo distrutte nei vari party nel corso degli anni della carriera musicale del chitarrista della band inglese degli Who. A redimere l’autore ed elevare l’elenco, che dopo un po’ diventa piuttosto noioso con l’aggiunta delle case e delle barche comprate coi vari guadagni nonché delle varie donne con cui ha tradito la moglie, è la consapevolezza dell’uomo Townshend che smessa la maschera da performer, cerca di scavare a fondo nel suo animo mettendosi letteralmente a nudo. Ci sarà molto altro senza dubbio, ma è apprezzabile lo sforzo che lo ha condotto a riflettere sulla sua vita fino ad ora. E ad ammettere onestamente che questa è la sua versione dei fatti.

“So here I am, still unsure whether life is really a spiritual journey or that the universe has ways of making us laugh. Music is all I can do right now.”

Owlina

America primo amore – Mario Soldati #MarioSoldati #America

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Di Soldati avevo sempre sentito parlare ma non avevo mai letto nulla.
Questo l’ho trovato al mercatino della spiaggia al Lido, a 1 euro.
E’ una sorta di diario, di cronaca della permanenza dello scrittore negli Stati Uniti dal 1929 al 1931, dopo aver vinto una borsa di studio della Columbia University.
E’ un ritratto disincantato, feroce, innamorato, gioioso e disperato di una nazione che non è solo una nazione, come tutti sappiamo: gli Stati Uniti sono un’idea, un sogno, un immaginario reale. E spesso un incubo.
Le pagine scorrono veloci ed è come passeggiare col protagonista: tra italoamericani imbolsiti e fiaccati dalla nostalgia ma allo stesso tempo accecati dal mito a stelle e strisce, baroni universitari italianisti che gli tagliano le gambe, gente disperata che popola la Bowery e ricchi broker che passeggiano per la Quinta Strada.
Ma Soldati non descrive e basta: analizza, ragiona, disseziona l’America.
L’America è un sogno finchè lo guardi da lontano; oppure se ci arrivi e il Sogno lo realizzi.
Nella parte finale c’è un meraviglioso passaggio in cui Soldati descrive il cinema americano; tenendo conto di QUANDO sta scrivendo (anni 30) il risultato è impressionante per carica profetica e precisione analitica. E la conclusione a cui il lettore arriva è una sola: siamo diventati tutti Americani.
Purtroppo o per fortuna aggiungetelo voi , come più vi aggrada.

Alessandro Dalla Cort

Edito da Sellerio, collana La memoria

«New York: la città dove ero stato, dove ero fuggito dall’Italia, l’Italia di allora! Quando ancora ero quasi adolescente; dove avevo vissuto lungo tempo con la speranza di diventare cittadino americano; infine ne ero partito sconfitto per non tornarci più». Così, nel 1979, Soldati rievocava il «sogno» di America primo amore. Ha scritto Lorenzo Mondo «Fra quanti coltivarono da noi, negli Anni Trenta, il mito dell’America, Soldati fu uno dei pochi ad avere calcato il suolo degli States, ricavandone suggestioni esistenziali anziché politiche e letterarie. Non che mancassero le giuste intuizioni critiche su quella nuova realtà, a metà strada fra l’America “amara” di Cecchi e l’esaltazione volontaristica dei Vittorini e dei Pavese. Ma il continente spazioso e aperto come il mondo, che il giovane borsista della Columbia University dovette abbandonare dopo averlo fortunosamente raggiunto, rendeva l’immagine tutta privata dell’usura e del vuoto che sta dietro a ogni utopia o alla sua caricatura; suggeriva la sorda inerzia e lo strappo doloroso che conclude ogni grande appagamento, ogni identificazione o riconoscimento. Oltre la febbre della crescita tumultuosa, c’erano nell’America di allora, sullo “schermo gigante” di cui parlava Pavese, altri motivi che potevano sorprendere Soldati e carpire la sua adesione: il contrasto fra la metropoli e la provincia che si ripeteva con passione rovesciata – attrazione o rifiuto – nel rapporto fra l’America dei grattacieli e l’Europa dei “vieux parapets”; il dissidio stesso tra anima puritana e corpo pagano quale si affermava in una formula, fortunata per quanto contestata, di Beniamino De Ritis». Più volte riscritto, nell’arco lungo di oltre quarant’anni, sempre alla ricerca del romanzo, e nell’inseguimento dell’ Educazione sentimentale di Flaubert, America primo amore è «il più bello» dei libri di Soldati: «Il lato stupendo del libro sta nel fatto che due giovinezze si incontrano: il febbrile fervore dello studente torinese con l’enorme vitalità americana; sicché i confusi desideri di Soldati, il suo amore che non sa trovare un limite nelle cose, provocano, appena si produca il contatto con una realtà così enorme e diversa, una tensione elettrica, una febbre incandescente. Anche se già corroso dalla delusione, America primo amore è forse l’ultima Isola del Tesoro dei nostri anni» (Pietro Citati). Questa nuova edizione recupera in appendice il racconto visionario I giornali dell’alba, non più ristampati dal 1945. E integra la Storia di una copertina con un «ricordo» di Carlo Levi. Completa il volume un viaggio dentro la riscrittura dell’opera. Salvatore Silvano Nigro