Come tutti i giorni, spuntò il sole, ma loro nemmeno se ne accorsero. Ci erano talmente abituati, come anche al paesaggio, che non ci facevano più caso. Un sole luminosissimo, un cielo che, pur essendo meno azzurro che altrove, era di una purezza assoluta. Vero è che si muovevano in un mondo fuori dall’ordinario: né sulla terraferma né sul mare, e l’universo, smisurato eppure in apparenza deserto, sembrava l’immensa valva di un’ostrica, con le stesse sfumature iridescenti, verdi, rosa e azzurre, che si fondevano come nella madreperla.
L’Île de Ré, per esempio, o meglio la sottile fila di alberi che se ne scorgeva, sembrava sospesa nello spazio, simile a un miraggio. La fattoria del Coup de Vague era quasi altrettanto irreale: una casa rosa, di un rosa troppo intenso, con un filo di fumo che prolungava il comignolo al di sopra della spiaggia di ciottoli, dove di lì a poco i carretti avrebbero ripreso contatto con la terraferma”.
Il “coup de vague” è quello della marea di La Rochelle che va a coprire gli allevamenti di mitili e di ostriche possedute dalle due zie Laclau – Hortens, dura e austera come una suora ed Emilie, dolce e, solo apparentemente, fragile. Vivono nella fattoria con il nipote Jean, figlio di un fratello defunto nel Gabon francese e di una madre senza nome morta di parto. Lui, che non si fa troppe domande, è il bel ragazzone del paese. Come per ogni cosa che non sia raccogliere le ostriche e portarle al mercato, il suo lavoro, sono le zie a prendere in mano la situazione per “risolvere il problema” di lui che mette nei guai la figlia del sindaco. Quando la marea si abbassa, lascia scoperta la fanghiglia del fondo, quella del mare e quella della vita provinciale della costa atlantica francese, quella che l’autore fa emergere con la sua infallibile scrittura fatta di mezze frasi, allusioni, non detti che dicono tutto della povertà morale e materiale, le menzogne e le ipocrisie che abitano le persone e i personaggi. Un Simenon che sceglie di ambientare e sviluppare la sua storia quasi esclusivamente all’interno delle mura domestiche, un romanzo introspettivo che scava fra le pieghe dei rapporti familiari, portando a galla il non detto. Bellissimo romanzo duro, non un giallo, in cui spiccano le figure femminili: alcune dure e calcolatrici, padrone della loro vita che non necessita degli uomini, altre picchiate e sfruttate da fannulloni, altre sposate per forza e sottomesse.
Simenon, “Le coup de vague”, scritto nel 1939, ancora una volta impareggiabile affrescatore della condizione umana. Imperdibile per gli lettori Simenon-dipendenti come il sottoscritto.
Renato Graziano
La fattoria del Coup de Vague – Georges Simenon
Traduzione di Simona Mambrini
Biblioteca Adelphi, 716
2021, pp. 142
isbn: 9788845935619
Temi: Letteratura francese
Risvolto
Ogni mattina, da tutte le case prospicienti la spiaggia denominata, quasi fosse un presagio, Le Coup de Vague (alla lettera: «il colpo d’onda»), avanzano, nella melma e nei banchi di sabbia lasciati dall’oceano che via via si ritira, i carretti dei mitilicoltori che vanno a raccogliere ostriche e cozze. Tra loro, Jean e sua zia Hortense, «coriacea, granitica, solida», quasi fosse «fatta anche lei di calcare». È Hortense, insieme alla sorella Émilie, con la sua «faccia da suora», a mandare avanti la casa e l’azienda. E dalle zie Jean si lascia passivamente coccolare e tiranneggiare: gli va bene così, ha una motocicletta nuova, le partite a biliardo con gli amici e tutte le donne che vuole, perché è un pezzo di marcantonio, con i capelli neri e gli occhi azzurri. Quando però la ragazza che frequenta da alcuni mesi gli annuncia di essere incinta, la monotona serenità della loro vita viene travolta da qualcosa che assomiglia proprio a un’ondata, improvvisa, violenta. A sistemare la faccenda ci pensa, naturalmente, zia Hortense: basta conoscere il medico giusto, e pagare. Ma qualcosa va storto, e Jean è costretto a sposarla, quella Marthe pallida, spenta e sempre più malata, di cui le zie si prendono cura con zelo occhiuto e soffocante…
Rari sono gli scrittori capaci, come Simenon, di portare alla luce, sotto la corteccia della rispettabilità piccolo-borghese, un verminaio di menzogne e di rancori, di ricatti e di ferocie.