Questo libro l’ho letto solo grazie ad una segnalazione di Paolo Messina ed è quindi la prova provata che questo gruppo fa del bene, perchè una lettura come questa non si dimentica facilmente e molto probabilmente ti aiuta a vivere meglio. Grazie Paolo!
Raramente ho trovato un libro che potesse generare una tale intensità e profondità di emozioni: perché Maylis De Kerengal scrive con “Riparare i viventi” (titolo perfetto ad illustrare ciò che vivremo leggendolo), il racconto della morte che genera vita, della tragedia che acquista un senso attraverso il dono postumo di ciò che non può continuare a essere in un giovane corpo e può invece diventare la speranza di vita per un’altra persona. Il trapianto di un cuore di un giovane surfista, Simon, che a causa di un incidente d’auto va in coma cerebrale irreversibile, donato a una donna matura affetta da miocardite.
Il senso dell’urgenza e della velocità nell’arco temporale breve che separa “incidente fatale” e “riparazione chirurgica” (meno di 24 ore) è ottenuto con una scrittura straordinariamente calibrata ed efficace, mai retorica ma incalzante e quasi tumultuosa.
«Il cuore di Simon adesso migra, è in fuga sulle orbite, sulle rotaie, sulle strade, trasportato in quella cassa dalle pareti di plastica… scortato con attenzione assoluta, come un tempo si scortavano i cuori dei principi.»
L’autrice usa sempre il tempo presente per raccontare l’azione, e con questa tutta la gamma di emozioni e del vissuto dei protagonisti, reso con tratti quasi impressionistici, folgoranti, lancinanti fino a farci sentire in presa diretta con quello che succede: è come se una telecamera virtuale ed immaginaria ci permettesse di condividere quell’evento umanamente indicibile e terribile, inzialmente quando nella prima parte siamo con i genitori di Simon e con i medici e le infermiere che prima devono informare e poi chiedere loro l’atto del dono degli organi, e poi alla fine con Claire, la donna che il dono lo riceve, e quindi con i medici che realizzano il trapianto. Ma nel racconto entrano magistralmente anche le vite e le relazioni degli altri attori-protagonisti, perché non è mai possibile nella vita separare un evento, un lavoro, un’azione per complessa o banale essa sia, da chi la compie o da come la si compie, e l’autrice celebra questa normale, quasi banale verità nella stupenda commovente sequenza finale, quando il medico Thomas ricompone il corpo di Simon, che ha donato cuore, fegato, reni e polmoni celebrando in un canto meraviglioso l’elegia di una morte che diventa vita.
“Abbiamo il nostro corpo, ma nessuno di noi sa come è fatto al suo interno; persino uno specialista, che conosce quello degli altri, può non saperne del proprio. Nessuno conosce veramente il cuore, una parola piena di significati, la nostra ‘scatola nera’, l’archivio di tutto ciò che accade nella nostra vita”.
Un libro potente, catartico, simbolico; la storia di un cuore e del suo breve viaggio nella vita di un giovane, verso l’eternità.
Renato Graziano
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