L’Arminuta – Donatella Di Pietrantonio #Arminuta #PremioCampiello

*Un libro vincitore del premio Campiello

“Ripetevo piano la parola mamma cento volte, finché perdeva ogni senso ed era solo una parola. Ero figlia di separazioni, parentele false o taciute, distanze. Non sapevo piú da chi provenivo. In fondo non lo so neanche adesso”.

Tornare è la legge con cui si esprime tutto ciò che ha valore. Si ritorna a un episodio che ha avuto rilevanza nella propria vita. Si ritorna nei posti che ci hanno segnato. E si ritorna, come fa l’autrice, con la memoria nei tempi che hanno determinato la nostra personalità. Quello che più definisce la protagonista del romanzo è il ritorno alla famiglia d’origine, misconosciuta e sottaciuta fino all’adolescenza. Cresciuta da parenti benestanti, l’arminuta viene restituita alla famiglia d’origine, indigente e sovraffollata.
Per tutto il romanzo questo è l’evento chiave: non ha un nome di battesimo, non si riferisce mai a se stessa se non come la chiameranno gli altri, ovvero l’arminuta, la ritornata. Seppur con tutte le amarezze, le privazioni e le brutalità con cui viene gettata nella sua vita, l’arminuta non ha mai un tono sofferente nella narrazione, nè polemico: guarda al passato, per quanto sia connotato da sfumature tragiche, con la dolcezza della nostalgia. Le ragioni del ritorno forzato saranno svelate a fine romanzo, anche se la stessa protagonista non si capaciterà di come queste ragioni possano davvero motivare la mercificazione di una bambina. Eppure in mezzo a tutte queste peripezie emergono personaggi davvero positivi come il fratello Vincenzo e la sorella Adriana. E il dolore intenso, dell’abbandono, del vuoto, dell’essere usato, che attraverso una elaborazione personale e la capacità di comprendere si fa coraggio interiore.

“Mia sorella. Come un fiore improbabile, cresciuto su un piccolo grumo di terra attaccato alla roccia. Da lei ho appreso la resistenza. Ora ci somigliamo meno nei tratti, ma è lo lo stesso il senso che troviamo in questo essere gettate nel mondo. Nella complicità ci siamo salvate.Ci guardavamo sopra il tremolio leggero della superficie, i riflessi accecanti del sole. Alle nostre spalle il limite acque sicure. Stringendo un poco le palpebre l’ho presa prigioniera tra le ciglia.”

Un libro che scorre nei pensieri fino all’ultima pagina e che accompagna anche dopo che si è terminato.
Molto consigliato. D’altronde in biblioteca avevo 72 utenti in attesa prima di me.

Stefano Lillium

DESCRIZIONE

Ci sono romanzi che toccano corde così profonde, originarie, che sembrano chiamarci per nome. È quello che accade con “L’Arminuta” fin dalla prima pagina, quando la protagonista, con una valigia in mano e una sacca di scarpe nell’altra, suona a una porta sconosciuta. Ad aprirle, sua sorella Adriana, gli occhi stropicciati, le trecce sfatte: non si sono mai viste prima. Inizia così questa storia dirompente e ammaliatrice: con una ragazzina che da un giorno all’altro perde tutto – una casa confortevole, le amiche più care, l’affetto incondizionato dei genitori. O meglio, di quelli che credeva i suoi genitori. Per «l’Arminuta» (la ritornata), come la chiamano i compagni, comincia una nuova e diversissima vita. La casa è piccola, buia, ci sono fratelli dappertutto e poco cibo sul tavolo. Ma c’è Adriana, che condivide il letto con lei. E c’è Vincenzo, che la guarda come fosse già una donna. E in quello sguardo irrequieto, smaliziato, lei può forse perdersi per cominciare a ritrovarsi. L’accettazione di un doppio abbandono è possibile solo tornando alla fonte a se stessi. Donatella Di Pietrantonio conosce le parole per dirlo, e affronta il tema della maternità, della responsabilità e della cura, da una prospettiva originale e con una rara intensità espressiva. Le basta dare ascolto alla sua terra, a quell’Abruzzo poco conosciuto, ruvido e aspro, che improvvisamente si accende col riflesso del mare.

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