Un DeLillo diciamo minore per lo meno nella stazza del libro, che si prende una pausa dopo il tour de force di Underworld con questo Body Art, del 2001.
Sto cercando di mettere insieme i ricordi e raccogliere qualcosa tra le centinaia di input evocati da questo romanzo (romanzo?) algido e cerebrale. È un lavoraccio, non è mai facile avere qualcosa da dire concretamente sulla roba di Delillo, dovrei parlare il suo stesso linguaggio ma non sono capace. Sono fortemente convinto che il buon Don abbia, in linea generale, voluto dirci: “Ecco, ora vi espongo un po’ di riflessioni sul tempo, sullo spazio, sul linguaggio e sul vissuto di un abbandono e poi fatene quello che vi pare!”
Per fare questo ha usato le riflessioni metapsicologiche di una body artist, Lei e lui, due artisti inseriti in un contesto di solitudine e pace in una casa fronte mare. Lui si uccide e lei passa i mesi successivi in compagnia di un fantasma o un’allucinazione o è una persona con problemi psichici o dello sdoppiamento della sua personalità. Non lo sapremo mai, ma in fondo non ha molta importanza. Sembra che all’autore interessi soprattutto descrivere l’incomunicabilità. Nel farlo costruisce appunto una storia che di incomunicabilità (anche con il lettore) è permeata. Delillo è sempre un’esperienza che trascende i confini del romanzo tradizionale ed amplia le sfumature oltre la logica comprensione dell’umana coscienza. Le pagine in body art sono granelli di acume in nuce disposti ad essere rielaborati in funzione del nostro vissuto esperienziale.
O almeno credo.
Delillo si fa i spinelloni però, e alla sua età non è tanto bello.
Daniele Bartolucci