“… consiglio questo libro a chi ama il rock e il punk, a chi non ama la fantascienza e a chi invece non può farne a meno, a chi ama i vecchi film noir di Jean Gabin e a chi è cresciuto con Strange Days, a chi ha una vecchia maglia di Iggy Pop e a chi ne ha appena comprata una nuova dei Ramones.”
Nastri. Una favola post-rock Stefano Solventi
Di Nastri, o della fine del Classic Rock.
Stefano Solventi prima di essere giornalista musicale, la musica la ama e la considera linfa di vita. Per questo la sua terrificante visione di società distopica del futuro è un mondo senza rock. Anzi, ancora peggio, un mondo tornato al 1955, quando il rock era un qualcosa di rivoluzionario e carbonaro, e i “cattivi” ascoltavano musica classica. Eppure Nastri, nella sua doppia veste di libro di fantascienza e di atto d’amore per ciò che il rock fu e mai più sarà, è un libro a suo modo anche positivo, perché nella distruzione del mondo che conosciamo nel 2017 ci cade anche internet, la follia del tutto commentato dei social, l’eterna presenza online, e i protagonisti non paiono dispiacersene troppo. E inoltre scopre tra le righe che se anche il rock morisse, la voglia di vivere e esprimersi anche estremamente non morirebbe, ma troverebbe nuove vie espressive, e forse sotto sotto ci dice a noi over 40 che sarebbe ora di smetterla di piangere per il lento ma inesorabile declino del classic rock. Il mondo del 2050 inoltre è un mondo quasi perfetto, pacificato e ben controllato, senza più le brutture di oggi, tanto che il 2001 e le Torri Gemelle paiono un ricordo ormai lontanissimo. Ma per arrivare a ciò si è dovuto, con la scusa di una epidemia (chissà se le polemiche antivaccini erano già all’ordine del giorno quando ha scritto il libro), eliminare ogni fonte di espressione umana troppo estrema, e il rock ricade in questa categoria. Ma ovviamente qualche rocker nostalgico non ci sta e si trasforma in terrorista. Sebbenesi debba forse godere anche del citazionismo da cultore di classic-rock per appassionarsi veramente, Nastri riesce a tenere bene l’equilibrio tra novella sci-fi e analisi sul perché per noi il rock resta così importante, mentre per le nuove generazioni è solo qualcosa che si può casualmente trovare su Spotify, e per cui certo non vale più la pena morire.
Nostalgico dunque, ma onesto nel riconoscere che forse i nostri figli stanno già vivendo in un mondo senza rock, e non sembrano starci così male. Consigliato.
Nicola Gervasini