Nastri, una favola post-rock – Stefano Solventi @nellogiovane69 #Nastri

Nastri, una favola post-rock – Stefano Solventi

 

Nastri” ha davvero poco della favola e non avevo notato l’ironia del sottotitolo finché non l’ho scritto qui sopra prima di esporvi le mie personali sensazioni. Il romanzo distopico è per certi versi un genere a me nuovo (posso annoverare soltanto “Fahrenheit 451”, letto tra l’altro anni fa); sono stata attratta principalmente dal tema musicale che fa da sfondo al libro, ma devo ammettere che la curiosità è stata premiata donandomi una lettura che non posso definire piacevole (per il terrore che incute il contenuto, s’intende!), ma certamente scorrevole e incuriosita.

A mio avviso, la forza del romanzo risiede nei dialoghi e nella caratterizzazione dei personaggi che da questi emerge prepotentemente. C’è una tensione emotiva costante che contrasta con le descrizioni statiche dell’ambientazione, grigia e cupa, che lascia poco all’immaginazione (ma com’è che c’è sempre il vento, eh Stefano?? Di certo sottolinea ulteriormente l’asperità del contesto!). L’azione si svolge in poco più di un mese, ma la narrazione è intervallata e corredata di informazioni che preparano il terreno del racconto attraverso l’ufficialità delle fonti (comunicati stampa, articoli di variegate testate giornalistiche e pubblicazioni governative) che coprono un arco temporale di decenni antecedenti al tempo della narrazione, proprio a volerne strutturare l’evoluzione, o meglio l’involuzione della società dipinta ed esperita dai personaggi. E tanto di cappello per il colpo di scena finale! (Mi ha fatto pensare a un film di Luc Besson di qualche tempo fa: come ce la vedi Milla Jovovich nei panni di Polly? 🙂)

Personalmente non riuscirei a sopravvivere in un mondo senza musica, sarebbe una privazione al mio stesso essere, quindi oltre che augurarmi di non dovermi mai trovare in un tale abietto regime, non posso far altro che consigliarne caldamente la lettura per esorcizzare e scongiurare una tale eventualità.

Complimenti, Stefano! Non sarei mai in grado di partorire una dovizia di dettagli come la tua. Mi hai affascinato e ho goduto immensamente delle citazioni rockettare. Ben fatto!

Un paio di appunti/osservazioni: nel mio testo non compare il numerino del capitolo 8: è una semplice omissione di stampa o cela qualche altro significato? Inoltre, l’ultimo comunicato a chiusura del testo è datato 28 marzo 2052 riferendosi all’avvenimento “avvenuto nella tarda serata di ieri” che nel racconto riguarda palesemente il 27 febbraio dello stesso anno. Sono io che non colgo qualcosa?

Owlina

Europa, 2052. Venti anni dopo una catastrofica epidemia che ha ucciso milioni di persone, il Vecchio Continente si è risollevato. La criminalità è ridotta quasi a zero e l’economia garantisce piena occupazione. In una società le cui regole sono dettate dalla Convenzione – che ha limitato Internet, vietato alcool e tabacco, sconfitto il traffico di stupefacenti e messo al bando la musica rock – la ventenne Polly tenta di scoprire il contenuto di cinque nastri ricevuti in eredità dal padre. Assieme a Samanta, una millennial che si guadagna da vivere come donna delle pulizie d’alto bordo, entrerà in contatto con le inquietudini e le contraddizioni di una cultura sotterranea, desiderosa di emergere e sovvertire.

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Nastri – Stefano Solventi @nellogiovane69 #Nastri #recensione

“… consiglio questo libro a chi ama il rock e il punk, a chi non ama la fantascienza e a chi invece non può farne a meno, a chi ama i vecchi film noir di Jean Gabin e a chi è cresciuto con Strange Days, a chi ha una vecchia maglia di Iggy Pop e a chi ne ha appena comprata una nuova dei Ramones.”

Nastri. Una favola post-rock Stefano Solventi
Editore: Eretica
Anno edizione:2017
Pagine: 176 p., Brossura

Di Nastri, o della fine del Classic Rock.

Stefano Solventi prima di essere giornalista musicale, la musica la ama e la considera linfa di vita. Per questo la sua terrificante visione di società distopica del futuro è un mondo senza rock. Anzi, ancora peggio, un mondo tornato al 1955, quando il rock era un qualcosa di rivoluzionario e carbonaro, e i “cattivi” ascoltavano musica classica. Eppure Nastri, nella sua doppia veste di libro di fantascienza e di atto d’amore per ciò che il rock fu e mai più sarà, è un libro a suo modo anche positivo, perché nella distruzione del mondo che conosciamo nel 2017 ci cade anche internet, la follia del tutto commentato dei social, l’eterna presenza online, e i protagonisti non paiono dispiacersene troppo. E inoltre scopre tra le righe che se anche il rock morisse, la voglia di vivere e esprimersi anche estremamente non morirebbe, ma troverebbe nuove vie espressive, e forse sotto sotto ci dice a noi over 40 che sarebbe ora di smetterla di piangere per il lento ma inesorabile declino del classic rock. Il mondo del 2050 inoltre è un mondo quasi perfetto, pacificato e ben controllato, senza più le brutture di oggi, tanto che il 2001 e le Torri Gemelle paiono un ricordo ormai lontanissimo. Ma per arrivare a ciò si è dovuto, con la scusa di una epidemia (chissà se le polemiche antivaccini erano già all’ordine del giorno quando ha scritto il libro), eliminare ogni fonte di espressione umana troppo estrema, e il rock ricade in questa categoria. Ma ovviamente qualche rocker nostalgico non ci sta e si trasforma in terrorista. Sebbenesi debba forse godere anche del citazionismo da cultore di classic-rock per appassionarsi veramente, Nastri riesce a tenere bene l’equilibrio tra novella sci-fi e analisi sul perché per noi il rock resta così importante, mentre per le nuove generazioni è solo qualcosa che si può casualmente trovare su Spotify, e per cui certo non vale più la pena morire.

Nostalgico dunque, ma onesto nel riconoscere che forse i nostri figli stanno già vivendo in un mondo senza rock, e non sembrano starci così male. Consigliato.

Nicola Gervasini