Il vantaggio dei libri di Amélie Nothomb è che sono corti, di semplicità linguistica che li rende scorrevoli, ottimi da leggere tra un mattone e un altro. E’ il quarto libretto suo che leggo, a suo modo è un’autrice che si è costruita uno stile e un marchio di fabbrica e questo me la fa apprezzare. Poi ho sempre la sensazione che in fondo prenda in prestito idee a destra e manca e le semplifichi in una scrittura veloce e accessibile a tutti. Stavolta in Acido Solforico i derubati sono Kafka e Orwell, con un vero campo di concentramento che è in realtà un reality per la televisione, solo che la gente muore veramente. Tante questioni etiche messe in gioco in questo massacro: dalla spersonalizzazione dell’essere umano alla spettacolarizzazione dell’omicidio al televoto; però troppe e troppo grandi, non ne viene fuori poi molto di armonico e coerente. Comunque apprezzabile allegoria della follia dei nostri tempi, anche se le pagine di riflessione sull’argomento sono alla fine le più povere, mentre efficaci sono le descrizioni delle dinamiche tra una giovane kapò innamorata della propria vittima. Discreto insomma, senza pretendere che possa essere un grande libro 7
Nicola Gervasini