“La vita non è un paragrafo, e la morte non è una parentesi”.
L’ho letto in mezza giornata e questo dimostra che la vicenda prende e diventa difficile staccarsi dal libro.
Si tratta di un thriller psicologico classico, infatti il lettore un pochino esperto intuisce come andrà a finire abbastanza velocemente. Tuttavia la scelta di raccontare da tre punti di vista e su diversi spazi temporali, permette di non annoiarsi, anche se la trama riprende un tema ormai abusato e prevedibile perchè comune a tanti romanzi dello stesso genere: spesso il male cova e si cela dove meno ci se lo aspetta, nella quotidianità di un ambiente familiare apparentemente felice e sereno.
Tuttavia, a fronte di una trama che non eccelle per originalità, la lettura rimane comunque piacevole grazie ad una prosa molto fluida e scorrevole.
Narratori diversi e flash temporali non sono certo particolarmente originali, è originale invece, o perlomeno io ancora non avevo letto niente di simile, che questi si intreccino più volte tra loro. Di solito, se ci sono diversi narratori, il tempo del racconto è lo stesso: il personaggio A racconta il primo giorno, poi lo racconta il personaggio B. Poi si torna al racconto di A, passato al secondo giorno e ancora da B, che lo racconta dal suo punto di vista.
Oppure, il personaggio racconta la sua vita ora e prima, ricordando….
O un personaggio racconta l’oggi e uno lo ieri e i due piani temporali si incontrano, in genere verso la fine del libro, quando il personaggio che racconta il passato arriva al punto di partenza del personaggio che racconta l’oggi…
In questo libro, invece, inizialmente abbiamo un personaggio che racconta il presente e uno il passato, ma il passato “corre più veloce” e raggiunge il presente. In questo raggiungimento vengono ri-raccontate giornate che noi abbiamo già sentito narrate dal primo personaggio, ma capitoli prima! E nel frattempo sappiamo come è andata avanti la storia…
Se dovessimo rappresentarle graficamente, le tre linee narrative e le tre linee temporali non corrono parallele, non finisce l’una dove inizia l’altra, ma continuano a intrecciarsi.
Il racconto ne esce così davvero coinvolgente e dinamico.
Un’ultima considerazione: qualche tempo fa avevo letto una recensione, in realtà non ricordo bene se del libro o del film, che diceva che questa storia è la storia di come le apparenze ingannano, di come l’apparenza della felicità e della perfezione possa nascondere invece il suo opposto.
A me pare che più che di apparenza si debba parlare di illusione.
Infatti, l’anello centrale della storia, la ragazza del treno appunto, si illude di vedere la perfezione, ma è un’illusione che nasce da lei, non è un’apparenza che lei recepisce…
Cecilia Didone
DESCRIZIONE
La vita di Rachel non è di quelle che vorresti spiare. Vive sola, non ha amici, e ogni mattina prende lo stesso treno, che la porta dalla periferia di Londra al suo grigio lavoro in città. Quel viaggio sempre uguale è il momento preferito della sua giornata. Seduta accanto al finestrino, può osservare le case e le strade che scorrono e, quando il treno si ferma puntualmente a uno stop, può spiare una coppia, un uomo e una donna senza nome che ogni mattina fanno colazione in veranda. Un appuntamento cui Rachel, nella sua solitudine, si è affezionata. Li osserva, immagina le loro vite. Ma una mattina Rachel, su quella veranda, vede qualcosa che non dovrebbe vedere. E da quel momento per lei cambia tutto e la sua stessa vita diventerà legata a quella della coppia. Ma che cos’ha visto davvero Rachel?