Un libro che parla di un periodo di guerra
Bisogna andarci con calma con Nguyen perché ama le contraddizioni (che si addicono a una mente forte secondo Emerson*, citato nel romanzo) e il rischio è di fraintendere e perdersi nella narrazione.
*La coerenza è lo spauracchio delle piccole menti.
È la confessione di una mente scissa in due, non di due metà di qualcosa in antitesi (come gli ripete la madre quando gli altri lo chiamano “bastardo”), ma due interi che codominano: francese ma anche vietnamita, repubblicano eppure rivoluzionario, carnefice torturatore e vittima torturata.
Ce n’è di richiami a Marx e Hegel e alla dialettica di tesi e antitesi che generano una sintesi suprema: questa è senz’altro una chiave di lettura data dall’autore, possibile, ma non passionale. È riduttivo dire che il protagonista soffre di una scissione profonda e pervasiva della soggettività che lo divide in un conflitto perenne nell’azione: è vero piuttosto che è un soggetto duale, è una pluralità che non sa e non vuole scegliere da quale parte della guerra schierarsi, che è rigettato da entrambe, ma è chiamato a schierarsi da uno dei due lati di sè a cui non vuole rinunciare. Mi è piaciuta la metafora che usa per spiegarlo attraverso il colore rosso e quello che significa per il protagonista.
È un libro sulla ricerca di sè e su tutto quello che si è disposti a fare per non perdere la propria identità di fronte a un mondo che, a destra o a sinistra, in America o in Vietnam, ci vuole conformisti, identici e nullità. Per essere fedele a se stesso il nostro protagonista scende nell’inferno della sua epoca (nel suo caso: del conflitto del Vietnam) e torna vincitore con un unico mantra: “Noi sopravviveremo“.
Meritato il Pulitzer, ma si presenta a tratti come un libro di non facile scorrimento: per lettori pazienti, come Renato Graziano grazie al quale l’ho letto.
Stefano Lillium