La vita oscena – Aldo Nove #AldoNove #recensione

Nella vita quotidiana abbiamo tutti bisogno di cose.
Ero piccolo ma già sapevo che riempirsi di cose è un modo che usiamo per sentirci il più lontano possibile dal nulla.
Per questo le case si riempiono di elettrodomestici e di lampadari dalle forme più strane da cambiare il più possibile insieme ai divani e alle poltrone e a tutto il resto.
Bisogna smuovere tutto, cambiare tappezzeria.

Perché la morte è quando tutto resta fermo.
Fermo.

La vita oscena è la storia di un ragazzino che perde i genitori a distanza di qualche mese, e si abbandona a un percorso estremo di droga, sesso e solitudine. È la sua storia. «Sono 20 anni che penso a come raccontarla. E poi, all’improvviso, ho messo insieme tutto in un mese e mezzo». Quarantacinque giorni per il libro di una vita. Serena Danna, il Sole 24 Ore

La vita oscena Aldo Nove
Editore: Einaudi
Anno edizione: 2010 Pagine:111 p., Brossura

Innanzitutto, l’articolo determinativo.
Si, perché i comportamenti delle persone cambiano, ma il dolore è universale.
A volte si rinasce. A volte, no.
Autobiografico.
Non si può non prenderlo sul serio: se perdi i genitori quando hai quindici anni, forse riesci a rinascere. Ma devi sopravvivere al nulla che il mondo ti rappresenta da quel momento. Lui lo ha fatto drogandosi e scopando, e non solo con donne.
No, non è volgare, anche se le descrizioni dei rapporti sono dirette .
E poi ci sono le sue emozioni, il voler vivere in un mondo fatto di pure emozioni.
Eliminare i pensieri, e vivere in un eterno godimento dell’attimo.
E poi, forse, rinasci .
Ti laurei e inizi a scrivere.
Non è narrativa, è poesia. E’ amore per la vita.
Nonostante tutto. Nonostante il dolore.

“Mi interessava la poesia.
Perché potevo leggerla per una pagina e chiudere il libro senza dovermi chiedere come sarebbe andata a finire. Perché era a frammenti, come la mia vita. Perché sapeva raccontarmela in modo aspro, senza la compassione che si dà a chi non sta bene. Aprendone squarci improvvisi.
Perché cercava la verità e non il successo.
Perché la vera poesia è crudele… Perché la vera poesia fa male.”

Egle Spanò

L’Isola di Arturo – Elsa Morante #elsamorante

Uno dei caposaldi dei romanzi di formazione del novecento italiano, che mannaggia a me avrei dovuto leggere a 16 anni e oggi ne sarei innamorato, invece a 44 fa sicuramente un altro effetto.  E’ un libro bellissimo, forse un po’ vecchio nella forma, un poco pedante nell’aggrovigliarsi dii pensieri e sentimenti del protagonista con una minuzia di particolari a cui forse non siamo più abituati e che non trovi più nella letteratura contemporanea. Ma la capacità della scrittrice di farci capire tutto l’evolversi dei sentimenti acerbi e adolescenziali di Arturo è perfetta, e non era facile penso per una donna, visto che comunque stiamo parlando di un universo maschile. Lo consiglio anche se solo a chi ancora è abituato a relazionarsi con una letteratura di stampo classico. E’ l’amara disillusione dell’essere umano nel passaggio dall’infanzia all’età adulta, il crollo del piedistallo su cui i nostri genitori sono stati da noi fermamente e amorevolmente collocati. Serve a ricordarci che a quell’età si ha come un filtro sugli occhi che deforma la realtà (la splendida e misteriosa figura del padre, l’amore e la capacità di capirlo, la stessa isola di Procida in cui vive) secondo quelli che sono i propri desideri e passioni. E non è detto che poi maturando non si conservi ancora un po’ di quel filtro maledetto, che tante cazzate ci fa commettere e pensare.

Nicola Gervasini