E poi saremo salvi – Alessandra Carati #AlessandraCarati #Mondadori

“E poi saremo salvi” di Alessandra Carati, fresco vincitore del Premio Opera Prima al Viareggio – Rèpaci. È la storia di Aida, una bambina bosniaca costretta a fuggire dal suo Paese nel 1992 a causa della guerra, che polverizzerà la ex-Jugoslavia rendendo impossibile per gli esuli il ritorno.

E poi saremo salvi è insieme uno straordinario romanzo di formazione, una saga familiare, l’epopea di un popolo; ma è soprattutto il racconto di come una piccola, densa vicenda privata può allargarsi fino a riflettere la tensione umana alla “casa”, il posto del cuore in cui ci riconosciamo.”

Consiglio questo romanzo. Un ritratto drammatico ed emozionante di una famiglia che ha dovuto lasciare la propria patria per salvarsi dalla guerra e che si è trovata a doversi salvare ogni giorno di più…

Roberta Provelli

Nel suo romanzo d’esordio, E poi saremo salvi, edito da Mondadori, l’autrice ha affrescato con grande sapienza descrittiva e introspettiva, nonché con stile sicuro e avvincente, la storia di Aida e della sua famiglia, narrando il dramma dello sradicamento e dell’eterna nostalgia della terra perduta, ma anche il tormento di inconfessabili segreti che si celano fra le mura di casa e seguendo infine la protagonista alla ricerca di un proprio orizzonte e di una propria dimensione esistenziale.”

Exit West – Mohsin Hamid #ExitWest #MohsinHamid #recensione

Exit West -Mohsin Hamid

Traduttore: N. Gobetti
Editore: Einaudi
Collana: Supercoralli
Anno edizione: 2017

“In tutto il mondo la gente fuggiva da dove si trovava, da pianure un tempo fertili e ora screpolate dalla siccità, da villaggi costieri minacciati dagli tsunami, da città sovraffollate e campi di battaglia insanguinati, e fuggiva anche da altre persone, persone che in alcuni casi aveva amato.”

No non è l’incipit de La Torre Nera, ma Exit West di Hamid.
C’è chi ha scritto che il ventunesimo secolo sarà ricordato come il secolo delle migrazioni: Hamid usa la migrazione come pretesto per parlare della vita, di come si aggrovigli intorno alle scelte che prendiamo, svuotandole delle intenzioni originarie e trascinandoci per miliardi di altre direzioni. È un romanzo sul crescere e sull’abbandonare, laddove come ha scritto Ester Armanino “crescere è abbandonare”: abbandonare i tuoi genitori, il tuo paese e i tuoi amici; ma anche abbandonare la tua identità, perché quando comincerai a migrare non sarai più Saed o Nadia, sarai un migrante, abbandonare il tuo stile di vita, abbandonare il tuo stile di vita, la doccia, abbandonare la protezione dello stato di diritto. E parallelamente alla migrazione come presa di congedo dalla propria vita quotidiana, Hamid descrive anche il secolo delle migrazioni come l’epoca della solitudine di Eros: si prende congedo dal proprio mondo come si prende congedo dalle relazioni e dall’amore. Saed e Nadia incarnano l’ideale dell’amore ai tempi del nichilismo. Cominciano a capire questa nuova forma di vivere le relazioni all’inizio del romanzo quando abbandonano il padre di Saed: “quando emigriamo assassiniamo coloro che ci lasciamo alle spalle” involontariamente forse, ma ciò non toglie il raffreddarsi e l’indurirsi dei propri sentimenti che altrimenti risulterebbero intollerabili. Fra di loro poi Saed e Nadia vivono questo raffreddamento gradualmente, lasciandosi andare un pezzo alla volta, finché non resta che separarsi e imparare a vivere senza l’altro che fino a poco prima rappresentava l’unico sostengo durante l’esilio.
Forse però non tutte le relazioni sono fatte per raffreddarsi e destinarci alla solitudine: ho trovato poetica e molto ottimista la parte in cui descrive i due vecchietti, di Amsterdam e di Rio de Janeiro, che per caso si incontrano attraverso uno dei portali magici che collega i continenti, e che si innamorano alla fine della loro vita.
Forse questo libro ha molto di più dentro di sè di quanto ho saputo descrivere, per questo l’autore usa la metafora delle porte, credo, nel libro: ognuno può, leggendolo, sbucare fuori a un’uscita inaspettata e che apre su una nuova prospettiva ancora da scoprire.

Stefano Lillium

DESCRIZIONE

«In una città traboccante di rifugiati ma ancora perlopiù in pace, o almeno non del tutto in guerra, un giovane uomo incontrò una giovane donna in un’aula scolastica e non le parlò». Saeed è timido e un po’ goffo con le ragazze: cosí, per quanto sia attratto dalla sensuale e indipendente Nadia, ci metterà qualche giorno per trovare il coraggio di rivolgerle la parola. Ma la guerra che sta distruggendo la loro città, strada dopo strada, vita dopo vita, accelera il loro cauto avvicinarsi e, all’infiammarsi degli scontri, Nadia e Saeed si scopriranno innamorati. Quando tra posti di blocco, rastrellamenti, lanci di mortai, sparatorie, la morte appare l’unico orizzonte possibile, inizia a girare una strana voce: esistono delle porte misteriose che se attraversate, pagando e a rischio della vita, trasportano istantaneamente da un’altra parte. Inizia così il viaggio di Nadia e Saeed, il loro tentativo di sopravvivere in un mondo che li vuole morti, di restare umani in un tempo che li vuole ridurre a problema da risolvere, di restare uniti quando ogni cosa viene strappata via. Con la stessa naturalezza dello zoom di una mappa computerizzata, Mohsin Hamid sa farci vedere il quadro globale dei cambiamenti planetari che stiamo vivendo e allo stesso tempo stringere sul dettaglio sfuggente e delicato delle vite degli uomini per raccontare la fragile tenerezza di un amore giovane