Le bambine non esistono – Ukmina Manoori

Editore: Pienogiorno

Sapete chi sono le bacha posh? Sono le bambine afghane cresciute da maschio per svariate necessità della famiglia. Ma cosa accade quando la bambina diventa una ragazza e deve sposarsi? Deve “tornare” una donna, sposarsi e avere figli. Ma non tutte accettano il destino senza opporsi, e questa è la vita di Ukmina Manoori. Un libro breve, ma toccante, che mi ha lasciato con la curiosità di approfondire l’argomento.

«Ho assaporato la libertà degli uomini, ho visto le ragazze della mia età scomparire dalle strade e diventare invisibili. Per me non è più possibile tornare indietro. È troppo tardi». Nonostante sia cresciuta sui monti afgani al confine con il Pakistan, in una zona ancora legata a tradizioni secolari, Ukmina sin da piccola va in bicicletta, gioca a pallone, si sposta da sola per le commissioni, parla da pari con gli uomini del suo villaggio. Il motivo per cui può farlo è perché Ukmina non esiste. È un fantasma. Undicesima dopo sette femmine e tre maschi morti in fasce, quando ha superato il mese di vita, suo padre ha capito che ce l’avrebbe fatta e ha sentenziato: «Tu sarai un maschio, figlia mia». È un’usanza diffusa in Afghanistan, tollerata anche dai mullah: una famiglia senza figli maschi, può crescere una bambina come fosse un bambino. Per salvare l’onore, e per scongiurare la malasorte sui figli futuri. Malasorte che consiste nell’avere figlie femmine. Vengono chiamate bacha posh, “bambine vestite da maschio”, e sono tantissime. In virtù di un semplice cambio di abiti, Ukmina ha avuto tutta la libertà riservata agli uomini. E ha compreso fino in fondo quale prigionia sia nascere donna nel suo Paese. Così, al raggiungimento della pubertà, quando l’usanza impone alle bacha posh di mettere il velo, sposarsi e fare figli, Ukmina si ribella. Come potrebbe, di punto in bianco, seppellirsi tra quattro mura e ricevere ordini da un marito? Sa di dover pagare con pezzi della propria anima ogni giorno di libertà, ma sa anche che ne vale la pena. Sa che solo rimanendo uomo, libero e con diritto di parola, può aiutare le donne affinché non debbano più nascondersi per esistere.

Sara Urbano

Mille splendidi soli – Khaled Hosseini #KhaledHosseini #recensione

*Leggere il mondo: Afghanistan

“Non si possono contare le lune che brillano sui suoi tetti, né i mille splendidi soli che si nascondono dietro i suoi muri”

Saib-e-Tabrizi parlando della città di Kabul

Mille splendidi soli è un romanzo che racconta la vite di due donne afghane, Mariam e Laila, coraggiose e di carattere nonostante le avversità personali e la terribile storia del Paese in cui vivono, che condividono una casa (e un marito) per molti anni. E’ un libro famosissimo, che ho letto con ritardo e aspettative molto alte, e ammetto con dispiacere che non sono state del tutto raggiunte. So di essere in disaccordo con milioni di lettori e direi soprattutto lettrici, ma per me non è stata una lettura particolarmente memorabile.

E’ ovviamente un romanzo di qualità, d’altronde non soggiorni per mesi in cima alle classifiche del New York Times per niente, lo stile è in genere davvero lirico e la storia abbastanza ricca, abbracciando un periodo di quasi quarant’anni di vicende afgane. Manca il grande respiro corale dei capolavori della letteratura, però si legge con una certa scorrevolezza, e senz’altro raggiunge almeno uno scopo preciso, a fine lettura vuoi solo corcare di mazzate tutti i talebani che ti possano capitare sotto mano, e se sei donna, dopo averli corcati desideri passargli sopra con un trattore e poi ingranare la retromarcia. In questo senso, lo scrittore non sbaglia: il calvario delle vite di queste donne sottomesse al regime è descritto in modo grafico e crudele, la brutalità insensata di interi decenni passati a vivere in guerra, la pazzia sconfortante di certi estremisti religiosi, la psicosi malata di un sistema basato sul maschilismo più becero, tutto è reso in modo vivo e  drammatico. Purtroppo il patimento è così costante, il loro martirio così infinito, il sadismo (e diciamolo pure, la sfiga), così durevoli che all’ennesima brutalità da parte del marito manesco verso le protagoniste mi si scatenava una sorta di effetto Dickens al contrario: avrebbe dovuto essere così patetico nelle intenzioni dell’autore che l’esasperazione della situazione semplicemente mi tirava fuori dalla storia.

Aggiungo che non trovo Khaled Hosseini così bravo nella descrizione dei personaggi, che sono tutti o veramente cattivi, o irritantemente buoni. Anche le situazioni proposte sono sempre un poco stereotipate, alcune addirittura al limite della telenovela, e il voler contestualizzare momenti della storia dell’Afghanistan inserendoli nelle vite dei personaggi non gli riesce sempre, a volte pare di leggere un trafiletto di Wikipedia inserito tanto per chiarire una nozione mancante.

Detto ciò laddove la storia è scritta bene, è davvero scritta bene: l’inizio è superbo, così come la descrizione di certi momenti di vita comune, delle pietanze, della vita del popolino nella Kabul in guerra. Riesce a veicolare molto bene l’estremo sessismo e ignoranza di un regime, l’assurdità di negare diritti elementari come la salute o l’istruzione a una persona solo perchè è di sesso femminile, il considerare la libertà un abominio e il desiderio di cultura una blasfemia.

Riesce, soprattutto, a raccontare il vero destino delle donne che hanno vissuto sotto quel regime non come protagoniste, ma come vittime che potevano solo sopportare sperando in tempi migliori: chi aiutandosi in un grande cerchio di comune sorellanza con le altre donne, che è sempre un tema vivo e oserei dire sincero, chi cercando consolazione nell’unico amore disinteressato e puro delle proprie vite, quello per i figli.

Distesa sul divano, con le mani tra le ginocchia, Mariam fissava i mulinelli di neve che turbinavano fuori dalla finestra.
Una volta Nana le aveva detto che ogni fiocco di neve era il sospiro di una donna infelice da qualche parte del mondo. Che tutti i sospiri che si elevavano al cielo si raccoglievano a formare le nubi, e poi si spezzavano in minuti frantumi, cadendo silenziosamente sulla gente.
“A ricordo di come soffrono le donne come noi” aveva detto. “Di come sopportiamo in silenzio tutto ciò che ci cade addosso”.

Mi dispiace di essere rimasta un po’ delusa perchè ne avevo letto più che bene; però voi non fidatevi di me visto che è un best-seller apprezzatissimo, e se l’argomento vi attira leggetelo. Al di là di stile e talento ha in ogni caso il pregio di dare voce a persone che in Afghanistan non hanno potuto parlare per decenni, e avere questo come fine non è mai sbagliato.

Lorenza Inquisition