David Golder – Irène Némirovsky #nemirovsky

David Golder è un libro che gronda odio, soprattutto verso il denaro e tutto ciò che può essere trasformato in denaro, oggetti e sentimenti, e verso le forme infinite che il denaro può assumere. Oggi, non ci rendiamo conto di cosa sia stato il denaro nel diciannovesimo secolo, o nella prima parte del ventesimo: una fiamma ardentissima, una colata di sangue disseccata, sbarre d’oro sciolte e di nuovo pietrificate. Diventava eros, pensiero, sensazioni, sentimenti, fango, abisso, potere, violenza, furore, come nella Comèdie humaine.

 

Questo è un libro feroce, crudele, spietato. Un libro dove i personaggi non hanno possibilità di redenzione o se ce l’hanno la ignorano. E’ un libro bellissimo.
La storia in se non ha niente di eccezionale: inizi ‘900, un pezzo della vita di David Golder, ebreo ricchissimo e affarista senza scrupoli messo improvvisamente di fronte al suo essere mortale da un attacco di cuore. L’infarto sembra essere per Golder l’occasione di riconsiderare la propria esistenza e cambiare modo di viverla, ma quando si guarda intorno quello che vede scatena il peggio di lui. Anche l’unica traccia di luce del libro (l’amore di Golder per la figlia Joyce) si rivela essere contorto, ossessivo e insano. Golder è consapevole del fatto che questo sarà per lui l’ultimo viaggio, è consapevole dell’ingratitudine di Joyce, è consapevole della propria solitudine: “Alla fine si crepa soli come cani, così come si è vissuti” è la frase con la quale riassume il senso della propria esistenza.

E alla fine è l’idea di denaro a vincere. Il denaro in questo libro è sinonimo non di sopravvivenza, quanto piuttosto di odio, di vendetta, di ripicca e di egoismo. Il denaro è fatica ma deve essere soprattutto ostentazione e sfoggio. Il ritratto della moglie di Golder, che al capezzale del marito improvvisa strategie che le consentano di non avere danni dal suo imminente stato di vedovanza, è eccezionale.
Tutto questo è raccontato con uno stile che la Nemirowsky riesce a mantenere contemporaneamente spietato e lieve e che rende il libro godibilissimo e i personaggi memorabili.
Questo finisce nella mia lista “libri da rileggere”.

Anna LittleMax Massimino

Le tre parole che cambiarono il mondo – Marc Augé #MarcAugé

Marc Augè, il noto antropologo francese noto per le sue riflessioni sui “non luoghi” e cioè luoghi attraversati da persone in transito, e privi apparentemente di un proprio specifico senso e carattere, ha scritto anche brevi prove narrative definibili come etnofiction.
“Le tre parole che cambiarono il mondo” sono, precisamente, queste: “Dio non esiste”. L’autore immagina siano pronunciate da papa Bergoglio il 1° aprile del 2018 dal balcone di Piazza San Pietro durante la benedizione urbi et orbi.
È l’inizio di una settimana folle, che incendierà il pianeta e farà piazza pulita di ogni sentimento religioso. L’idea di base del libro è sicuramente affascinante e molto provocatoria. Cosa succederebbe se un giorno il papa uscisse alla finestra e dicesse che Dio non esiste? Le conseguenze socio-politiche a livello mondiale sarebbero molteplici e gravissime, e Augé cerca di darne un quadro il più possibile completo, forse non riuscendoci completamente, è un libro veramente breve, appena 94 pagine.

Consigliato, una ventata di fresco laicismo in un mondo attraversato nei secoli dall’infinita e tragica stupidità del fanatismo religioso.

Renato Graziano

DESCRIZIONE

Il giorno di Pasqua del 2018, durante il tradizionale di‌scorso urbi et orbi, il papa, dopo un lungo silenzio, esclama a gran voce: “Dio non esiste!”. Tre parole che gettano nello sconcerto cristiani, ebrei, musulmani, agnostici, atei, e scatenano uno tsunami nel mondo intero. È l’inizio di una settimana folle, che incendierà il pianeta e farà piazza pulita di ogni sentimento religioso.
Ma che cosa ha spinto il sommo pontefice a un intervento così intempestivo?
In tempi di massacri nel nome della religione, questa favola contemporanea, visionaria e insolente, che tiene il lettore con il fiato sospeso, lascia trasparire gli accenti di una fede illuministica nella ragione: forse, senza la violenza che a volte il sentimento religioso comporta, la fratellanza tra gli esseri umani non sarebbe più un’utopia.