Sebben che siamo donne, Paola Staccioli

Sebben che siamo donne – Paola Staccioli
A viso aperto – Renato Curcio

https://cinquantalibri.wordpress.com/2015/04/06/a-viso-aperto-renato-curcio/

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L’insoddisfacente lettura del libro Gli anni al contrario si è lasciata dietro una sensazione di incompiuto, di necessità di approfondimento. Nel marasma di testi dedicati agli anni di piombo e alla lotta armata non è facile scegliere. Il caso e il consiglio di un amico mi hanno portata a questi due titoli, uno appena uscito, l’altro vecchio di una ventina d’anni.

Premettendo che è quasi impossibile commentare il contenuto perché si tratta di due libri profondamente di parte (Paola Staccioli è una scrittrice romana che si definisce “scrittrice militante” mentre Renato Curcio…beh, è Curcio) vediamo cosa posso dire rispetto alla forma.

Il libro della Staccioli nasce, come spiega la stessa autrice, “per dare un volto e un perché a una congiunzione.” Negli articoli degli anni 70/80 che parlavano di terrorismo e di lotta armata veniva spesso usata la formula “nel commando c’era anche una donna”.
Anche, dunque. Come se la donna fosse lì quasi per obbligo, una forzatura. Succube e condizionata da uomo che decide per lei. Non per scelta. L’obiettivo della Staccioli è dimostrare la completa indipendenza delle donne che hanno scelto la lotta armata, la lucidità e la profonda convinzione nelle proprie ideologie.
Racconta la vita di dieci donne che hanno scelto la contestazione, la clandestinità, la lotta armata. Tutte e dieci per libera scelta, per convinzione e pronte alle estreme conseguenze delle proprie decisioni. La morte in “battaglia” accomuna le dieci biografie. Da Elena Angeloni (zia di Carlo Giuliani) a Margherita Cagol fino Maria Soledad Rosas (Sole), da Annamaria Ludmann a Barbara Azzaloni. Figure che sono diventate simbolo ancora attualissimo di un certo modo di fare contestazione.

Il libro contiene anche un breve scritto di Silvia Baraldini e della sua vicenda e una serie di schede storiche che ripercorrono alcuni decenni, dalla nascita delle Br ai più recenti movimenti squatter e anarchici.

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Il libro di Curcio, invece, è un’autobiografia in forma di intervista curata dal giornalista Mario Scialoja. Dall’infanzia al carcere nei primi anni ’90. E’ datata, come dicevo. Gli studi a Trento, gli incontri importanti, la nascita delle Brigate Rosse, i primi atti clandestini, la morte della Cagol, l’arresto. E il continuo, inarrestabile, flusso di pensieri pubblicati in varie forme nel corso degli anni.

Due libri interessanti nel loro essere poco obiettivi.
La differenza sostanziale che ho notato è una sola. La Staccioli non mette mai in discussione le ragioni, le scelte, i comportamenti. C’è una latente tentazione alla “beatificazione” di queste figure femminili, un procedere a testa bassa nella difesa, la colpa è sempre altrove. Cercando di essere lettori obiettivi, questa sensazione provoca una sorta di fastidio. Manca il mettersi in discussione.
Aspetto che invece è presente nel libro di Curcio, personaggio indubbiamente discusso e discutibile, ma al quale va dato atto di possedere un’intelligenza acuta e brillante. Sull’uso di questa intelligenza potremmo discutere per mesi. In ogni caso, senza mai rinnegare le proprie convinzioni, Curcio mette in discussione strategie, comportamenti, pensieri suoi e del Br. C’è in questo libro un’autocritica del tutto assente nel libro della Staccioli.
Una curiosità: cercando notizie più recenti di Curcio ho scoperto che dopo la scarcerazione è andato a vivere in quel buco in fondo al mondo che è il mio paese di origine. Una scelta insolita.

Anna LittleMax Massimino