Friedrich Durrenmatt – La promessa

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“Non c’è niente di più crudele di un genio che inciampa in qualcosa di idiota”.
E credo ci siano pochi libri più crudeli di questo.
Fin dall’inizio, anzi, fin dal sottotitolo ci annuncia che quella che andremo a leggere non sarà propriamente un romanzo giallo, anzi.
Il libro si apre con la fine di una conferenza. Si intende che il conferenziere è lo stesso scrittore, che al termine del suo discorso si reca ad un appuntamento con l’ex comandante della polizia di Zurigo. Insieme partono in macchina fermandosi in uno squallido distributore di benzina a fare il pieno e a mangiare. Un benzinaio instupidito con lo sguardo fisso verso qualcosa che non arriverà mai, con il quale l’ex comandante scambia qualche parole, una ragazza che serve agli squallidi tavoli e una più vecchia al banco. L’ex poliziotto le saluta come se le conoscesse. Poi si rimettono in macchina e quest’ultimo inizia a raccontare.
La storia è quella di un omicidio crudele e odioso avvenuto anni prima. Il commissario Matthai, il vice del comandante che racconta, era uno dei suoi più brillanti sottoposti, e stava per essere trasferito in Giordania, per un importante incarico internazionale. L’ultimo giorno di servizio si trova però coinvolto nelle indagini sull’omicidio di una bambina, trovate nei boschi di un villaggio di montagna.
E’ lui che va a dare la notizia ai genitori, è lui che promette che troverà l’assassino.
Non è un romanzo giallo, e ci viene detto fin dall’inizio da chi racconta. “Nei vostri romanzi il caso non ha nessuna parte, e se qualcosa ha l’aspetto del caso, ecco che subito dopo diventa destino e concatenazione…”.
Non è un romanzo giallo, ma l’aspetto geniale è che è scritto in modo da coinvolgerti come se lo fosse, e nonostante quelle righe che hai letto poco prima, ti ritrovi a fianco al commissario Matthai nelle sue indagini assurde e folli, eppure sostenute da una logica ferrea e da intuizioni che riescono a convincere tutti, anche il lettore.
Però è il requiem del romanzo giallo, lo dice il titolo, e alla fine rimaniamo anche noi con lo sguardo fisso, un po’ instupiditi, come il benzinaio che abbiamo conosciuto nelle prima pagine, in attesa di un qualche destino, o concatenazione, che ci salvi dalla casualità in cui siamo nostro malgrado immersi.

luca bacchetti

Amelie Nothomb – Stupore e tremori

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Amélie, giovane ragazza belga, finalmente riesce a coronare il suo sogno di tornare nel suo amato Giappone, dove è nata (il perché sia nata lì non si sa, ma d’altro canto non è importante). Trova lavoro alla Yuminoto, una megaditta di Tokyo, e fin da subito viene messa di fronte alla sua rigida e inesorabile gerarchia, oltre che alla rigida e inesorabile “superiorità dei giapponesi”, la cui mente non solo è in grado di svolgere facilmente compiti per lei impossibili, ma riesce anche a cimentarsi in acrobazie stupefacenti come il dimenticare a comando di conoscere una lingua appresa da bambina.
Lo scontro tra le diverse mentalità porta Amélie ad infilarsi in una rapida e tragicomica spirale discendente da cui lei non scappa per la sola ragione di volersi comportare come un vero giapponese, che mai e poi mai abbandonerebbe il compito assegnato, per quanto stupido e umiliante.
La storia, autobiografica, è scritta in tono piacevole che in alcune parti risulta realmente divertente, mentre in altre riesce a trasmetterti bene l’alienazione subita non solo dalla protagonista, ma anche dai suoi colleghi.
“Gli impiegati delle Yuminoto, come gli zeri, assumevano valore solo dietro altre cifre. Tutti eccetto me, che non raggiungevo neppure il valore dello zero”.

luca bacchetti