Il respiro della cenere – Jean Christophe Grangé

kaiken

Se non avete mai letto niente di Jean Christophe Grangé non cominciate da questo libro. Di suo negli anni Novanta/primi Duemila ho letto tutto appassionatamente, La sottile linea nera è nella mia top list dei cinque migliori thriller di sempre, è uno scrittore che nel suo genere reputo un Maestro. Apprezzo e stimo infinitamente di lui anche il fatto che si sia sempre rifiutato di creare delle serie, non ci sono personaggi ricorrenti nè -conseguentemente- macchiette sempre uguali a sè stesse libro dopo libro (siamo anni luce distanti da scrittori italiani di genere giallo Sellerio, per intenderci), e ogni romanzo ha quindi una trama nuova, nuova ambientazione, nuovi protagonisti con nuovi traumi.  Non scrive sempre capolavori, a volte le situazioni sono troppo forzate o inverosimili, ma sono solo momenti in libri di grande impatto avventuroso. Non stiamo neanche parlando di letteratura alta, naturale, ma il suo sporco lavoro nel genere thriller quest’uomo lo fa magistralmente, e questo è quanto.

Complice anche il fatto che non scrivendo romanzi seriali si prende il suo tempo per costruirne uno nuovo e i suoi libri escono a cadenza più o meno biennale, mi mancano un paio di suoi lavori recenti, e ho pensato di cominciare a recuperare con questo Il respiro della cenere, uscito nel 2013, ma ahimè, è purtroppo uno di quelli suoi che mi sono piaciuti meno. Ha come sempre un certo modo di tirarti dentro alla storia, penso sia geneticamente impossibile per Grangé scrivere un romanzo che lasci indifferente il lettore, e come entra nelle ossessioni dei protagonisti è superbo. Però è un libro sconclusionato, con due falsi finali abbastanza telefonati e tutto sommato assurdi, diviso in tre parti che in teoria dovrebbero legarsi tra loro ma che in pratica ti lasciano lì a domandarti cosa stia succedendo e soprattutto MACCOSA. E’ uno di quei romanzi che ti fanno dire Voglio proprio vedere come va a finire, poi finisce e dici MEH.

Porcaccia miseria Grangè!!! ti perdono ma non lo fare mai più. Tre stelle ma puoi fare di meglio e lo sappiamo entrambi. Impegnati o parte la nota sul registro e convoco i genitori.

Menzione speciale ai titolisti traduttori italiani, che da Kaiken (pugnale rituale giapponese) arrivano, come non si sa, a Il respiro della cenere.

Lorenza Inquisition

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il respiro della cenere – Jean Christophe Grangé

grangè

A questo thriller ho assegnato il massimo dei voti, anzi peccato che ne ho a disposizione solo cinque! Va beh, mi direte, “è il uo autore preferito”. Vero, ma penso che questo si sia meritato, nella sua pur fantastica bibliografia, il premio come miglior thriller di Grangé.
La storia:
Un poliziotto, un po irascibile, è profondamente appassionato della cultura giapponese, ma della cultura al tempo dei samurai, dell’onore, della violenza ma anche della poesia del vecchio Giappone. Ha una moglie, guarda caso giapponese e poco amante delle tradizioni del suo paese, e due bei figli che il poliziotto adora.
Oltre che dal Giappone il nostro ispettore è ossessionato da un serial killer che se la prende con donne che aspettano un bambino. Le rapisce, le tortura, le “sventra” e dà fuoco al feto. Fin qui tutto nella norma….o quasi.
Verso metà racconto il serial Killer si suicida, ma per il poliziotto e la sua famiglia (già in crisi e in via di divorzio) i guai, se così si può dire, peggiorano, hanno un’escalation che lo porterà proprio in quel Giappone (che ama tanto e che in fondo conosce poco) dove avverrà lo scontro finale per salvare sua moglie ed i suoi adorati figli.
Grangé, oltre a dare alla storia un ritmo incalzante, in questo romanzo ti porta più volte a sospettere di un personaggio per poi farti ricredere nelle pagine successive, semina sangue e violenza ma con giusto equilibrio. Per concludere come diceva Petrolini “mi ha piaciato proprio”.

Giancarlo Zeppa

DESCRIZIONE

Parigi. Nel buio di un garage viene ritrovato il corpo di una donna brutalmente assassinata. Nei paraggi, un paio di guanti da chirurgo ancora intrisi di sangue. L’ennesimo spietato delitto del serial killer che da mesi spaventa la città. La sola persona in grado di occuparsi di un’indagine così complessa è il solitario ispettore Olivier Passan. L’uomo sta attraversando il periodo più difficile della sua vita: la separazione dalla moglie giapponese Naoko, la madre dei suoi due figli. Eppure non può permettersi distrazioni, perché il modus operandi dell’assassino fa pensare a una mente malata e pericolosa. Tutto porta verso un unico sospettato: Patrick Guillard, un ermafrodito abbandonato dalla madre alla nascita. Passan è convinto che il colpevole sia lui. Ma ha tra le mani pochi indizi, non c’è nessuna prova schiacciante. Proprio quando sta per incastrarlo, Guillard si dà fuoco, portando a termine il suo piano folle. Un piano che si ispira alla leggenda mitologica dell’Araba Fenice: l’uccello che una volta morto rinasce dalle proprie ceneri. Tutto sembra perduto. In realtà per Passan è solo l’inizio. Il caso non è affatto concluso e una minaccia incombe su ciò che ha di più caro: i suoi figli. L’ispettore ha bisogno di risposte. Risposte che solo Naoko, fuggita in Giappone, può dargli. Risposte che affondano le radici in quella tradizione millenaria che li univa: l’arte dei samurai. Una verità inquietante lo aspetta, nella quale tutto quello che ha sempre creduto è in realtà una bugia.