«A volte uno sguardo innocente è disposto a compiere un delitto per preservarsi tale».
In questi giorni schiacciati dall’assurda guerra in Ucraina, la difficoltà del comprendere il qui e l’ora mi ha spinta guardare meglio indietro, all’ultima guerra in Europa e cioè a quella nella ex Jugoslavia e soprattutto nella Bosnia-Erzegovina. Recentemente è stata pubblicata una nuova edizione del libro di Luca Rastello “La guerra in casa” (uscito per la prima volta nel 1998). Questo grande giornalista trasformatosi poi in scrittore se ne è andato purtroppo troppo presto, ma ha lasciato dei lavori davvero maiuscoli (per chi non l’avesse letto è imperdibile il suo “Pioggia all’insù”: per quel che conosco, l’unico romanzo che ha davvero vinto la sfida di raccontare da “dentro” gli anni Settanta. La sfida della presa di responsabilità).
“La guerra in casa” alterna il racconto di alcune storie particolari (dal cecchino serbo che partecipò alla presa di Vukovar, alla storia dei volontari bresciani uccisi non lontano Mostar, al sopravvissuto da Srebrenica ecc.) alla cronistoria e ricostruzione delle complicatissime guerre tra i Paesi e le etnie della ex Jugoslavia. E benché il resoconto sia cristallino, reso abbordabile grazie a una conoscenza eccezionale della geopolitica e degli eventi da parte dell’autore, la lettura a tratti è frustrante perché la complessità è enorme (non solo fatti, accordi, battaglie, personaggi, nomi, località; ma anche cause remote e contingenti).
Un libro eccellente per metodo e modi non meno che per contenuti e rappresentazione.
P.S. Io ho letta in realtà la prima edizione. Quella del 2020 è arricchita da un’appendice con materiale aggiuntivo preparato dal curatore, comprensivo di nuove interviste.
Paola Borgonovo
La guerra in casa non racconta la guerra nella ex-Jugoslavia, ma il suo rapporto con noi, vicini e distratti. Con una struttura inedita in cui le due anime di Luca Rastello, quella dello scrittore e quella del giornalista, erano ancora divise ma si integravano a vicenda, il libro ha imposto fin dal 1998 il confronto con un conflitto ancora invisibile. Il cecchino, carnefice per eccellenza, che prova a ricominciare a vivere in Italia. L’incubo di Izmet, prelevato dalla polizia di stato un giorno qualsiasi e massacrato perché musulmano. La storia di Sead e Esad, fratelli nemici, e quello che hanno visto nei campi di sterminio. Ma anche l’accoglienza a Torino di centinaia di profughi e il coinvolgimento, spesso casuale, di persone comuni. La forza e l’attualità del libro sta proprio in questo doppio punto di vista: Torino e gli infiniti luoghi del conflitto armato «là», che si trasforma in un altro conflitto privato, «qui». Le storie di esuli e volontari, e la grottesca epopea di generali e soldati delle Nazioni Unite, scomode e stridenti con l’ideologia umanitaria che Rastello denuncia.