Sparare a una colomba – David Grossman #DavidGrossman

Da sempre la presenza di David Grossman sulla scena internazionale va oltre i suoi romanzi: i suoi saggi e interventi su politica, società e letteratura sono ormai diventati un punto di riferimento ineludibile per tantissimi lettori ai quattro angoli del mondo. «La situazione è troppo disperata per lasciarla ai disperati» sostiene. La dimensione personale che è al centro della sua narrativa è indissolubilmente legata a quella politica. Ed è per questo motivo che, nei saggi e nei discorsi che compongono questo libro, Grossman non si limita ad analizzare la situazione di Israele cinquant’anni dopo la Guerra dei Sei Giorni, a descrivere le conseguenze dell’impasse politica in Medio Oriente o dell’abbandono della letteratura nell’era post-fattuale, o a parlare di Covid, ma finisce sempre per raccontarci qualcosa della sua esperienza personale. Questa appassionata e lucida difesa dei valori della libertà e dell’individualità, la strenua opposizione a disfattismo e disimpegno prendono corpo in questi testi, che faranno certamente breccia nelle menti e nei cuori dei suoi lettori.

Mi è piaciuto molto. Trattasi di una raccolta di discorsi pronunciati da Grossman in varie occasioni ufficiali. I temi sono i rapporti con la Palestina, sempre, ne parla sempre, la politica, la scrittura, i suoi libri, la famiglia ecc. E’ il punto di vista di quella parte democratica di Israele, che vuole la pace.

Dice: “E’ deprimente vedere la maggioranza degli Israeliani inermi davanti alle manipolazioni di Netanyahu, un “mago” nel rimescolare i pericoli reali con gli echi dei traumi passati”.

E su questi traumi, da dopo la Shoah, Grossman ci spiega come il popolo Israeliano si consideri ancora una vittima indifesa. Il sentire collettivo e individuale è quello dei perseguitati, odiati da tutti e di non avere un posto nel mondo e questa visione li rende vulnerabili e li blocca senza farli andare oltre. Sono un popolo in guerra da generazioni e questo ha un impatto fortissimo sulla quotidianità, sul linguaggio, sulla vita e il futuro in generale. Un futuro in cui la guerra è presente, mai esclusa.

Mi ha impressionato leggere che prima di partire per il servizio militare, che comincia a 17 anni, i ragazzi facciano un viaggio ad Auschwitz.

“Se dovessi rispondere (…) direi che, malgrado l’attuale realtà contraddica e, addirittura, irrida alle speranze di pace e nonostante tutte le vicissitudini della mia vita sono ancora convinto che la pace tra Israele e i suoi vicini (in particolare i palestinesi) non solo sia possibile, ma essenziale a entrambe le parti. E, nel caso riuscissimo a raggiungerla, rappresenterà il cardine della nostra e della loro opportunità di continuare ad esistere.”

E’ questa la mia aspirazione. E’ questa la storia di questo libro”.

Michela Bartolini

Traduttore: Alessandra Shomroni Editore Mondadori Collana: Scrittori italiani e stranieri Anno edizione: 2021

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David Grossman – Applausi a scena vuota #davidgrossman

APPLASUI

Naturalmente Grossman, vuoi per un motivo, vuoi per l’altro, ti lascia sempre con un groppo in gola. È la storia di due uomini, due “io narranti”: Dova’le cabarettista, bambino dalle strane abitudini che con la crescita non smentisce il suo modo di essere e Lazar, bambino chiuso e taciturno, poi diventato giudice della corte di cassazione ora in pensione. Dova’le contatta Lazar una sera e gli chiede di assistere ad un suo spettacolo di cabaret. Vuole sapere da lui, giudice di successo, che tipo di impressione dà al suo pubblico mentre si esibisce. Lazar vorrebbe rifiutare, la sua malinconia non gli permette di ridere volentieri, in questo non è molto cambiato. E inoltre non si ricorda molto di quella strana amicizia che aveva con Dova’le quando erano ragazzi.
Dova’le riesce a convincerlo e Lazar assisterà allo spettacolo più struggente della sua vita.
Grossman usa un’ironia macabra, a volte quasi grottesca. È inconsueto questo autore che nel suo romanzo ricorre alle barzellette per scavare nell’anima dei personaggi. Ma come riesce a creare empatia lui, in pochi ne sono capaci. Il protagonista sei tu, lettore, non i suoi soggetti.
Lento ma bellissimo.

Simona P.

DESCRIZIONE

Il palcoscenico è deserto. Il grido echeggia da dietro le quinte. Il pubblico in sala a poco a poco si zittisce. Un uomo con gli occhiali, di bassa statura e di corporatura esile, piomba sul palco da una porta laterale. Signore e signori un bell’applauso per Dova’le G.! C’è qualcosa di strano nella serata. Tra le sedie c’è un intruso, trascinato fino a quella cittadina poco raccomandabile da una telefonata inattesa: è l’onorevole giudice Avishai Lazar, amico d’infanzia di Dova’le. Deve giudicare la vita intera di quello che, lo ricorda solo ora, era un ragazzino macilento e incredibilmente vivace, con l’abitudine stramba di camminare sulle mani. Dova’le sul palco si mette a nudo, e imprigiona la sala nella terribile tentazione di sbirciare nell’inferno di qualcun altro. Nella storia di un bambino che camminava a testa in giù e da quella posizione riusciva ad affrontare il mondo. Un ragazzino che al campeggio paramilitare viene raggiunto dalla notizia della morte di un genitore e deve partire per arrivare in tempo al funerale. Ma chi è morto? Nessuno ha avuto il coraggio di dirglielo, o forse lui non ha compreso. Il giovane Dova’le ha un viaggio intero nel deserto per torturarsi con l’angoscia di un calcolo oscuro che gli avvelena la testa. Mio padre o mia madre? Ora eccolo, quel ragazzino, ancora impigliato nell’estremo tentativo di venire a capo di quella giornata lontana, ancora incapace di camminare dritto. Ci sono due personaggi: l’attore narratore e il ragazzino che rivive nel racconto, ma il vero personaggio è quest’ultimo che appare in piena luce ed è meraviglioso: ribelle ,scanzonato, intelligente, ma soprattutto profondamente buono, legato ai suoi genitori da infinito amore: un ragazzino che ti entra dentro e che non si dimenticherà facilmente.