L’Isola di Arturo – Elsa Morante #elsamorante

Uno dei caposaldi dei romanzi di formazione del novecento italiano, che mannaggia a me avrei dovuto leggere a 16 anni e oggi ne sarei innamorato, invece a 44 fa sicuramente un altro effetto.  E’ un libro bellissimo, forse un po’ vecchio nella forma, un poco pedante nell’aggrovigliarsi dii pensieri e sentimenti del protagonista con una minuzia di particolari a cui forse non siamo più abituati e che non trovi più nella letteratura contemporanea. Ma la capacità della scrittrice di farci capire tutto l’evolversi dei sentimenti acerbi e adolescenziali di Arturo è perfetta, e non era facile penso per una donna, visto che comunque stiamo parlando di un universo maschile. Lo consiglio anche se solo a chi ancora è abituato a relazionarsi con una letteratura di stampo classico. E’ l’amara disillusione dell’essere umano nel passaggio dall’infanzia all’età adulta, il crollo del piedistallo su cui i nostri genitori sono stati da noi fermamente e amorevolmente collocati. Serve a ricordarci che a quell’età si ha come un filtro sugli occhi che deforma la realtà (la splendida e misteriosa figura del padre, l’amore e la capacità di capirlo, la stessa isola di Procida in cui vive) secondo quelli che sono i propri desideri e passioni. E non è detto che poi maturando non si conservi ancora un po’ di quel filtro maledetto, che tante cazzate ci fa commettere e pensare.

Nicola Gervasini

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L’odore dell’India – Pier Paolo Pasolini #Pasolini

“Eravamo ormai verso la fine del nostro viaggio in India, ed eravamo mezzi dissanguati dalla pena e dalla pietà. Ogni volta che in India si saluta e si lascia qualche persona che è stata con noi per un qualche tempo, si ha l’impressione di lasciare un moribondo che sta per annegare in mezzo ai rottami di un naufragio. Non si può resistere a lungo a questa situazione: oramai tutta la strada dell’India dietro a me era seminata di naufraghi che non mi tendevano neanche la mano”.

L'ODORE DELL'INDIA
L’ODORE DELL’INDIA

Nel 1961, in compagnia di Alberto Moravia e di Elsa Morante, Pasolini si reca in India per una serie di conferenze a commemorazione di Tagore, un soggiorno che durerà sei settimane. Le emozioni e le sensazioni provate sono così intense da spingerlo a scrivere queste pagine, un diario di viaggio uscito dapprima a puntate su Il Giorno (Moravia pubblicherà a sua volta un romanzo su questo viaggio, Un’idea dell’India).

Pasolini approccia l’India da un punto di vista colto, ovviamente, ma anche  emotivo: è la prima volta che vi si reca, anche se ha già visitato altre realtà del terzo mondo, e ne rimane travolto. Non ha paura di immergersi in quella che nelle guide di solito banalmente si chiama la “vera India”: esce la sera, spesso da solo, a camminare, confrontandosi amichevolmente con le mille situazioni umane che incontra, mai sottraendosi al reale putrido e patetico di quel Paese. Si imbatte così in un’improvvisa chiacchierata con dei giovani senza dimora pronti a divorare gli avanzi di cibo gettati dal ristorante del suo albergo, nell’odore di poveri cibi e cadaveri, nei mille colori dei sari, nella solennità coloniale della Porta dell’India, nell’orrore ma anche nel fascino di certe morti sul fiume sacro, nelle centinaia di corpi dei mendicanti sporchi e vestiti di stracci che dormono per le vie della città, nelle brevi intense amicizie con ragazzini di strada che gli lasceranno il segno nel cuore. Poi torna in stanza, e scrive, riflette, approfondisce argomenti: parla di religione, borghesia, politica, cultura.

Sopra a tutto, comunque, Pasolini prova pietà e compassione; l’aspetto che sempre sottolinea è la dolcezza, il sorriso docile e a volte rassegnato dei suoi abitanti, gli occhi ridenti. Si pensa  a Pasolini come a un grande poeta della miseria, qui lo è sicuramente, nel suo approccio al diverso senza pregiudizi, con estrema naturalezza e senza morbosa curiosità. 

Scrittura eccellente, libro più che di viaggio direi di ricordi e sensazioni, con qualche pagina un poco datata: l’India di cinquantacinque anni fa non aveva le immense megalopoli di Mombay, New Dehli e Calcutta, non era una delle realtà economiche più in crescita al mondo, non era la quarta economia del mondo in termini di potere d’acquisto, tutto il futuro che la attende è per Pasolini ignoto. Fa qualche riflessione ma non esattamente centrata, però questo non disturba, per me. Soprattutto questo libro rimane attuale per la sensibilità poetica e sociale con cui riesce a raccontare l’infinita variegata umanità di quel Paese.

Lorenza Inquisition