Eppure cadiamo felici – Enrico Galiano #enricogaliano

 «Il fatto è che certe cose le puoi dire solo a chi sai che le può capire. Che è anche il motivo per cui parliamo così poco, di quello che ci importa davvero».

Eppure cadiamo felici – Enrico Galiano

Editore: Garzanti
Pagine: 381

Gioia è strana.
Gioia è particolare.
Gioia è sè stessa, e non si omologa nè nel modo di vestire, nè di essere, nè di fare, ai suoi coetanei. Per questo viene ghettizzata e soprannominata “Maiunagioia”.
Gioia, in più, ha una particolarità: ama collezionare parole intraducibili,provenienti da ogni lingua del mondo. Ed è proprio grazie a queste parole intraducibili che Gioia riesce, invece, a tradurre le proprie intraducibili e aggrovigliate emozioni.

Una sera, nella penombra della terrazza di un bar chiuso, incontra un altro intraducibile come lei: un ragazzo che, cappuccio della felpa calato a coprirgli il volto, gioca da solo a freccette, con accanto a sè un barattolo pieno di sassi.
Maldestra come sempre, inciampa in una sedia… lui si volta, la vede e, a quel punto, inciampano entrambi.
Ma stavolta non in una sedia, bensì nell’amore.
E cadono.
Felici.
Ma, come recita il poeta Reiner Maria Rilke e come Gioia si scrive giornalmente a penna sul braccio per non dimenticarselo mai:
“La felicità è una cosa che cade”.
La felicità è caduca.
E’ fugace.
E bisogna saperla afferrare al volo, perchè spesso è sfuggente.
Per cadere felici, per arrivare a vedere la luce che abbacina, bisogna  necessariamente passare attraverso il buio,così come per vedere un arcobaleno bisogna sopportare la pioggia.

«Si, signorina Spada, tutto qua. Una notte, mentre Amore dormiva beato nel letto, lei prese un lume e lo accese: per vederlo, per controllare che non fosse un mostro o un assassino, come le avevano detto le sorelle. Ma fu un “tutto qua” che non era un “tutto qua”. Fu questo l’errore di Psiche, capite? Pensare di portare la luce dove c’era il buio. Pensare di poter guardare Amore con gli occhi della ragione. Perché sono due mondi paralleli, non si devono incrociare, mai. Non puoi pensare di poter capire, di poter leggere e interpretare, dare spiegazioni logiche. Non lì. Da ogni altra parte, ma non lì.»

Una storia avvincente, un piccolo romanzo di formazione moderno, non banale,  che parla di adolescenza e di adolescenti ma non è un libro che soffre di Moccite (Moccismo?), uno sguardo verso il mondo degli adolescenti senza pietismi nè frivolezze inutili, dedicato a chi, come Gioia, viene additato come diverso, e in realtà è davvero davvero speciale.
Lo stile è fluido e leggero, i protagonisti non sono stereotipati, il linguaggio è accattivante, con termini giovanili che si amalgamano a citazioni di cultura più classica.

Consigliato.

Cinzia Cappelli

Noi siamo infinito – Stephen Chbosky #StephenChbosky #recensione

“Quindi, immagino siano tanti i fattori che ci fanno essere come siamo. Molti, forse, non li conosceremo mai. Ma, anche se non possiamo essere noi a decidere da dove veniamo, possiamo scegliere la nostra meta. Ci sono altre cose che possiamo fare. Cercando di sentirci a posto.”

Noi siamo infinito (The Perks of Being a Wallflower) di Stephen Chbosky è un libro che trova posto in entrambe le sfide cui mi sto dedicando, la Rory Gilmore ma anche la Disfida alla voce “libro bannato”.

Una volta ho letto che ogni generazione ha un suo romanzo cult di riferimento, a partire da I dolori del giovane Werther passando da Piccole donne al Giovane Holden a On the road fino ad arrivare agli Hunger Games ecc ecc ecc. Ovviamente ci sono alcuni classici che attraversano le epoche, ma qualche libro, quando esce, incarna meglio di altri il periodo di riferimento per i giovani di cui parla.

Questo è stato il romanzo cult della generazione americana dei primi anni ’90, che si è poi evoluta nel fenomeno sociale degli hipster; come tutti i romanzi cult per teen-agers si erge a simbolo di una certa esperienza dell’adolescenza, offre un senso di appartenenza, parla con una certa onestà di argomenti di cui gli adulti non parlano, o dei quali agli adulti non si può parlare, e raggiunge profondamente il tempo di alienazione che molti adolescenti vivono, elevando il protagonista Charlie a simbolo collettivo del grido di sconforto che ogni adulto teme “NESSUNO MI CAPISCE”.

Lo definirei un buon libro, commovente il giusto e scorrevole, il racconto di quella che è, in fondo, la storia di una profonda solitudine. E’ un romanzo epistolare, narrato in prima persona da Charlie, un ragazzino con un trauma infantile, intelligente, timido, introverso; a parte il fratello maggiore, ha sempre avuto un unico amico, che prima di iniziare le superiori si suicida. E quindi Charlie arriva nella nuova scuola completamente isolato, senza conoscere nessuno, e per avere qualcuno con cui sfogarsi comincerà a scrivere lettere a un amico immaginario. La sua vita al liceo non sarà però così brutta, dopo questo avvio doloroso: quasi subito infatti farà amicizia con un gruppo di ragazzi dell’ultimo anno, che nonostante la differenza di età lo accetta senza problemi, sviluppando una profonda e sincera amicizia. Il futuro è incerto, perchè i più grandi partiranno a breve per l’Università e Charlie deve finire anni di scuola. Ma tra musica, un po’ di droga, un poco di alcool, e un altro po’ di sesso, corse in macchina e discussioni nella notte sul tutto e sul niente, la speranza non muore, grazie anche all’aiuto di un insegnante di inglese che prende a cuore in modo particolare l’educazione del protagonista, e Charlie e i suoi amici ci accompagnano in un viaggio di formazione abbastanza piacevole.

Va detto che se fate leggere (e dovreste farlo) questo libro a una persona dai 15 ai vent’anni, ne uscirà probabilmente esaltata, ed è giusto così, perchè parla di cose vitali per quegli anni: l’appartenenza al gruppo, il desiderio di crescere e insieme la voglia di rimanere attaccati alla sicurezza dell’infanzia, unito a una serie di temi importanti e trattati in modo tutto sommato non banale: l’omosessualità, la sessualità in genere e le molestie sessuali, l’abuso di alcool e droga, l’incomunicabilità col mondo degli adulti. Purtroppo la scrittura, proprio quella che per un ragazzo può essere un tratto positivo del libro, così semplice, diretta, senza fronzoli, per un adulto rimane a volte troppo stucchevole, e non tanto riuscita. Charlie è un bel personaggio, a tratti ben caratterizzato, ma non ha evoluzione, nè una vera e propria crescita; e i suoi amici, descritti solo dalla sua penna in queste famose lettere all’amico fantasma, alla fine ne escono solo come nomi, non persone. E i profondi problemi di ansia e instabilità che Charlie attraversa sono tratteggiati in un modo che definire superficiale è già essere generosi, temo.

Nel film che ne hanno tratto, uscito nel 2012, tutti questi difetti sono brillantemente superati, gli attori dei due co-protagonisti li rendono gentilmente vivi e vibranti, e anche certe sbavature di dialoghi e riflessioni nella sceneggiatura sono sistemate, quindi se la storia vi ispira consiglio, per una volta, il film rispetto al libro, secondo me merita davvero.

Il romanzo in definitiva non è imperdibile, ma l’ho trovato una lettura amabile, in particolare per una certa nostalgia canaglia scatenata dal racconto di giovani degli anni ’90, quando i ragazzi si ritrovavano in casa di amici per parlare e ridere ascoltando musica, invece di fissare lo schermo di un cellulare o buttarsi su un videogioco. E poi c’è la simpatia istintiva che genera un protagonista che ama tantissimo leggere. E infine, è bello tornare per un poco al tempo in cui si incidevano musicassette pensando con cura alle canzoni da mettere per la persona a cui erano destinate, uno dei gesti di amiciza o di amore più belli di sempre.

Lorenza Inquisition

PS. Metto qui un elenco dei libri che l’insegnante di inglese consiglia al protagonista, e di cui si parla, si accenna o si ammicca nel romanzo:

– Il buio oltre la siepe di Harper Lee
– Di qua dal paradiso di F.S.Fitzgerald
– Pace separata di John Knowles
– Peter e Wendy di J.M. Barrie
– Il grande Gatsby di F.S.Fitzgerald
– Il giovane Holden di J.D.Salinger
– Sulla strada di Jack Kerouac
– Il pasto nudo di William S. Burroughs
– Walden (Vita nei boschi) di Henry David Thoreau
– Amleto di William Shakespeare
– Lo straniero di Albert Camus
– La fonte meravigliosa di Ayn Rand