Noi siamo infinito – Stephen Chbosky #StephenChbosky #recensione

“Quindi, immagino siano tanti i fattori che ci fanno essere come siamo. Molti, forse, non li conosceremo mai. Ma, anche se non possiamo essere noi a decidere da dove veniamo, possiamo scegliere la nostra meta. Ci sono altre cose che possiamo fare. Cercando di sentirci a posto.”

Noi siamo infinito (The Perks of Being a Wallflower) di Stephen Chbosky è un libro che trova posto in entrambe le sfide cui mi sto dedicando, la Rory Gilmore ma anche la Disfida alla voce “libro bannato”.

Una volta ho letto che ogni generazione ha un suo romanzo cult di riferimento, a partire da I dolori del giovane Werther passando da Piccole donne al Giovane Holden a On the road fino ad arrivare agli Hunger Games ecc ecc ecc. Ovviamente ci sono alcuni classici che attraversano le epoche, ma qualche libro, quando esce, incarna meglio di altri il periodo di riferimento per i giovani di cui parla.

Questo è stato il romanzo cult della generazione americana dei primi anni ’90, che si è poi evoluta nel fenomeno sociale degli hipster; come tutti i romanzi cult per teen-agers si erge a simbolo di una certa esperienza dell’adolescenza, offre un senso di appartenenza, parla con una certa onestà di argomenti di cui gli adulti non parlano, o dei quali agli adulti non si può parlare, e raggiunge profondamente il tempo di alienazione che molti adolescenti vivono, elevando il protagonista Charlie a simbolo collettivo del grido di sconforto che ogni adulto teme “NESSUNO MI CAPISCE”.

Lo definirei un buon libro, commovente il giusto e scorrevole, il racconto di quella che è, in fondo, la storia di una profonda solitudine. E’ un romanzo epistolare, narrato in prima persona da Charlie, un ragazzino con un trauma infantile, intelligente, timido, introverso; a parte il fratello maggiore, ha sempre avuto un unico amico, che prima di iniziare le superiori si suicida. E quindi Charlie arriva nella nuova scuola completamente isolato, senza conoscere nessuno, e per avere qualcuno con cui sfogarsi comincerà a scrivere lettere a un amico immaginario. La sua vita al liceo non sarà però così brutta, dopo questo avvio doloroso: quasi subito infatti farà amicizia con un gruppo di ragazzi dell’ultimo anno, che nonostante la differenza di età lo accetta senza problemi, sviluppando una profonda e sincera amicizia. Il futuro è incerto, perchè i più grandi partiranno a breve per l’Università e Charlie deve finire anni di scuola. Ma tra musica, un po’ di droga, un poco di alcool, e un altro po’ di sesso, corse in macchina e discussioni nella notte sul tutto e sul niente, la speranza non muore, grazie anche all’aiuto di un insegnante di inglese che prende a cuore in modo particolare l’educazione del protagonista, e Charlie e i suoi amici ci accompagnano in un viaggio di formazione abbastanza piacevole.

Va detto che se fate leggere (e dovreste farlo) questo libro a una persona dai 15 ai vent’anni, ne uscirà probabilmente esaltata, ed è giusto così, perchè parla di cose vitali per quegli anni: l’appartenenza al gruppo, il desiderio di crescere e insieme la voglia di rimanere attaccati alla sicurezza dell’infanzia, unito a una serie di temi importanti e trattati in modo tutto sommato non banale: l’omosessualità, la sessualità in genere e le molestie sessuali, l’abuso di alcool e droga, l’incomunicabilità col mondo degli adulti. Purtroppo la scrittura, proprio quella che per un ragazzo può essere un tratto positivo del libro, così semplice, diretta, senza fronzoli, per un adulto rimane a volte troppo stucchevole, e non tanto riuscita. Charlie è un bel personaggio, a tratti ben caratterizzato, ma non ha evoluzione, nè una vera e propria crescita; e i suoi amici, descritti solo dalla sua penna in queste famose lettere all’amico fantasma, alla fine ne escono solo come nomi, non persone. E i profondi problemi di ansia e instabilità che Charlie attraversa sono tratteggiati in un modo che definire superficiale è già essere generosi, temo.

Nel film che ne hanno tratto, uscito nel 2012, tutti questi difetti sono brillantemente superati, gli attori dei due co-protagonisti li rendono gentilmente vivi e vibranti, e anche certe sbavature di dialoghi e riflessioni nella sceneggiatura sono sistemate, quindi se la storia vi ispira consiglio, per una volta, il film rispetto al libro, secondo me merita davvero.

Il romanzo in definitiva non è imperdibile, ma l’ho trovato una lettura amabile, in particolare per una certa nostalgia canaglia scatenata dal racconto di giovani degli anni ’90, quando i ragazzi si ritrovavano in casa di amici per parlare e ridere ascoltando musica, invece di fissare lo schermo di un cellulare o buttarsi su un videogioco. E poi c’è la simpatia istintiva che genera un protagonista che ama tantissimo leggere. E infine, è bello tornare per un poco al tempo in cui si incidevano musicassette pensando con cura alle canzoni da mettere per la persona a cui erano destinate, uno dei gesti di amiciza o di amore più belli di sempre.

Lorenza Inquisition

PS. Metto qui un elenco dei libri che l’insegnante di inglese consiglia al protagonista, e di cui si parla, si accenna o si ammicca nel romanzo:

– Il buio oltre la siepe di Harper Lee
– Di qua dal paradiso di F.S.Fitzgerald
– Pace separata di John Knowles
– Peter e Wendy di J.M. Barrie
– Il grande Gatsby di F.S.Fitzgerald
– Il giovane Holden di J.D.Salinger
– Sulla strada di Jack Kerouac
– Il pasto nudo di William S. Burroughs
– Walden (Vita nei boschi) di Henry David Thoreau
– Amleto di William Shakespeare
– Lo straniero di Albert Camus
– La fonte meravigliosa di Ayn Rand

 

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