«Il fatto è che certe cose le puoi dire solo a chi sai che le può capire. Che è anche il motivo per cui parliamo così poco, di quello che ci importa davvero».
Gioia è strana.
Gioia è particolare.
Gioia è sè stessa, e non si omologa nè nel modo di vestire, nè di essere, nè di fare, ai suoi coetanei. Per questo viene ghettizzata e soprannominata “Maiunagioia”.
Gioia, in più, ha una particolarità: ama collezionare parole intraducibili,provenienti da ogni lingua del mondo. Ed è proprio grazie a queste parole intraducibili che Gioia riesce, invece, a tradurre le proprie intraducibili e aggrovigliate emozioni.
Una sera, nella penombra della terrazza di un bar chiuso, incontra un altro intraducibile come lei: un ragazzo che, cappuccio della felpa calato a coprirgli il volto, gioca da solo a freccette, con accanto a sè un barattolo pieno di sassi.
Maldestra come sempre, inciampa in una sedia… lui si volta, la vede e, a quel punto, inciampano entrambi.
Ma stavolta non in una sedia, bensì nell’amore.
E cadono.
Felici.
Ma, come recita il poeta Reiner Maria Rilke e come Gioia si scrive giornalmente a penna sul braccio per non dimenticarselo mai:
“La felicità è una cosa che cade”.
La felicità è caduca.
E’ fugace.
E bisogna saperla afferrare al volo, perchè spesso è sfuggente.
Per cadere felici, per arrivare a vedere la luce che abbacina, bisogna necessariamente passare attraverso il buio,così come per vedere un arcobaleno bisogna sopportare la pioggia.
«Si, signorina Spada, tutto qua. Una notte, mentre Amore dormiva beato nel letto, lei prese un lume e lo accese: per vederlo, per controllare che non fosse un mostro o un assassino, come le avevano detto le sorelle. Ma fu un “tutto qua” che non era un “tutto qua”. Fu questo l’errore di Psiche, capite? Pensare di portare la luce dove c’era il buio. Pensare di poter guardare Amore con gli occhi della ragione. Perché sono due mondi paralleli, non si devono incrociare, mai. Non puoi pensare di poter capire, di poter leggere e interpretare, dare spiegazioni logiche. Non lì. Da ogni altra parte, ma non lì.»
Una storia avvincente, un piccolo romanzo di formazione moderno, non banale, che parla di adolescenza e di adolescenti ma non è un libro che soffre di Moccite (Moccismo?), uno sguardo verso il mondo degli adolescenti senza pietismi nè frivolezze inutili, dedicato a chi, come Gioia, viene additato come diverso, e in realtà è davvero davvero speciale.
Lo stile è fluido e leggero, i protagonisti non sono stereotipati, il linguaggio è accattivante, con termini giovanili che si amalgamano a citazioni di cultura più classica.
Consigliato.
Cinzia Cappelli