John Barleycorn. Memorie alcoliche – Jack London #JackLondon #Memoriealcoliche #Mattioli1885

Jack London scrisse queste “Memorie alcoliche” subito dopo un tormentato viaggio a New York all’inizio del 1912, durante il quale ebbe una ricaduta tremenda nel vizio del bere: una sbronza colossale in preda alla quale lo scrittore decise di rasarsi a zero. Qui London sviluppa la sua particolare forma di non fiction che avrebbe in seguito caratterizzato il Novecento letterario americano come forma di saggistica narrativa. In quest’autobiografìa del suo alcolismo, London affronta una tragedia che è privata e di molti esseri umani, individuando nell’alcol una viva figura luciferina chiamata John Barleycorn. Un’opera che rimette in primo piano un tema fondamentale e mai risolto dell’America, della sua letteratura e della società moderna.

Traduzione di Davide Sapienza nell’edizione del 2010 di Mattioli1885 (per cui sbavo).

Autobiografia e coming out per questo libro “non-fiction” di London, che analizza e riflette su effetti e dinamiche dell’uso e abuso di alcool, attraverso il racconto della propria esperienza con questo demone.

Incontenibile Jack London, primo personaggio delle sue stesse avventure, mente assetata e forza inesauribile.

Per me il terzo libro, tutte ottime letture: consigliato!

“Riempii il modulo e la bibliotecaria mi diede l’opera completa e integrale di Smollett, tutta inclusa in un volume enorme. Leggevo di tutto, principalmente storia e avventura, viaggi antichi, esplorazione. Al mattino leggevo, di pomeriggio leggevo, di sera leggevo. Leggevo a letto, leggevo a tavola, leggevo andando e tornando da scuola e leggevo durante la ricreazione mentre gli altri giocavano. Iniziai ad avere degli scatti e a rispondere: “Vattene, mi rendi nervoso.” (Come lo capisco!)

Il liquore si impadronì di me e i discorsi di Scotty e del fiociniere si riversavano nella piccola cabina dell’Idler entrandomi nel cervello come potenti raffiche di un libero vento selvaggio. Stavo già vivendo gli anni a venire con la mia immaginazione, cullato dal glorioso universo folle e selvaggio di infinite avventure.

Carla Putzu

Tre piani – Eshkol Nevo #EshkolNevo #NeriPozza

“Se mi chiedessero cos’è l’amore, direi: la certezza che esiste, in questo mondo bugiardo, una persona completamente onesta con te e con la quale tu sei completamente onesta, e fra voi è solo verità, anche se non sempre dichiarata.”

In un palazzo fuori Tel Aviv c’è un palazzo di tre piani. Al primo piano abita una giovane coppia con due bambine. Il padre sta attraversando un momento difficile e ne parla in un flusso di coscienza a volte un po’ disordinato ma essenziale, via sms, a un amico che non sentiva da tanto tempo.

Al secondo piano vive un’altra famiglia, il marito sempre in viaggio e per questa ragione la moglie lasciata sola coi figli viene chiamata “la vedova” nel palazzo. La solitudine della moglie e i fatti imprevedibili che le capitano sono raccontati in forma epistolare ad un’amica lontana.

Al terzo piano vive una giudice in pensione che prova a raccontare alla segreteria telefonica, unico surrogato della voce del marito defunto, i cambiamenti che stanno attraversando la sua vita.

Tre piani dell’anima, come in Platone e in Freud, sono una metafora per rappresentare la solitudine dei personaggi che finisco per parlare con segreterie, schermi di cellulare e fogli bianchi, brancolando nel buio dell’atrio e cercando a tentoni la luce per capire a che piano ci si trova.

Al di là del lato ironico della strutturalizzazione per piani della psiche umana, Nevo tenta in maniera sofisticata di comunicare il senso di smarrimento e l’incapacità di collocare in maniera razionale le scelte che determinano una vita.

Non è stato il romanzo del secolo ma l’ho trovato aggraziato: vale la pena leggerlo solo per scoprire la tenerezza del terzo piano che, lungi da essere un luogo di condanna e punizione, è il posto dove si compie l’accettazione di una vita, per le sue qualità e le sue debolezze e dove forse è possibile ancora una volta, con sentimento, trovare una spinta per ricominciare tutto da capo.

«Ognuna delle tre storie finisce a modo suo, come succede nella realtà. Anzi, nessuna finisce davvero. “Tre piani” si svolge così, lasciando che i protagonisti si confessino a muti interlocutori affidando i propri segreti a qualcuno – anzi a qualcosa – che mai li rivelerà. Se non fosse che ci sono uno scrittore e il suo lettore ad ascoltare dietro l’angolo della pagina.»Elena Loewenthal, TTL, La Stampa

Stefano Lilliu

di Eshkol Nevo (Autore) Ofra Bannet (Traduttore) Raffaella Scardi (Traduttore)

Neri Pozza, 2017

In Israele, nei pressi di Tel Aviv, si erge una tranquilla palazzina borghese di tre piani. Il parcheggio è ordinatissimo, le piante perfettamente potate all’ingresso e il citofono appena rinnovato. Dagli appartamenti non provengono musiche ad alto volume, né voci di alterchi. La quiete regna sovrana. Eppure, dietro quelle porte blindate, la vita non è affatto dello stesso tenore. Sorto da una brillante idea narrativa: descrivere la vita di tre famiglie sulla base delle tre diverse istanze freudiane – Es, Io, Super-io – della personalità, Tre piani si inoltra nel cuore delle relazioni umane: dal bisogno di amore al tradimento; dal sospetto alla paura di lasciarsi andare. E, come nella Simmetria dei desideri, l’opera che ha consacrato sulla scena letteraria internazionale il talento di Eshkol Nevo, dona al lettore personaggi umani e profondi, sempre pronti, nonostante i colpi inferti dalla vita, a rialzarsi per riprendere a lottare.