I miei ultimi 10 minuti e 38 secondi in questo strano mondo – Elif Shafak #Rizzoli

La chiamavano Leila Tequila a casa e al lavoro, nell’edificio color palissandro sulla viuzza cieca che acciottolava giù verso il porto, annidata fra una chiesa e una sinagoga, negozi di lampadari e kebabberie: il vicolo che ospitava i più antichi bordelli autorizzati di Istanbul.

Periferia di Istanbul, novembre 1990. Amici e clienti la chiamano Leila “Tequila” per la sua capacità di ingurgitare le sofferenze, e lei ora è in un bidone dell’immondizia, con le Chanel con tacco a spillo ai piedi. Il suo cuore ha cessato di battere ma il suo corpo è ancora pieno di vita. La sua mente è in piena attività e Leila non riesce a rassegnarsi all’evidenza: è morta. Come per gli eventi della vita, il suo corpo si sta adattando alla nuova condizione. I suoi genitori non sarebbero venuti a reclamare il suo cadavere ma i suoi amici si. E le avrebbero fatto il funerale più bello della storia. La sua speranza è tutta nei quattro ragazzini di passaggio: avrebbero chiamato loro la polizia e tutto si sarebbe sistemato. Ma i ragazzi sembrano più interessati al suo medaglione che a lei. Del resto, “è solo una puttana”. La quarta assassinata in un mese. Il cervello di Leila sembra resistere e affiorano alla mente ricordi lontani a costruire il puzzle di una vita intera. Il primo ricordo, nitido e forte, è la sua nascita: la sensazione della luce e dei rumori, la paura di un mondo sconosciuto che si fa spazio prepotentemente, le braccia di sua madre Binnaz, al settimo parto dopo sei aborti spontanei, difficili da dimenticare. Ma soprattutto la sensazione del sale sul corpo per farle emettere il primo suono e un fragoroso pianto liberatorio. È viva. Ora che la vita abbandona il suo corpo, e dopo anni di sforzi per dimenticare, la mente corre alle radici, all’origine di tutto…

Dieci minuti e trentotto secondi dopo che il cuore di Leila smette di battere la sua mente è in piena coscienza e quello che accade è sorprendente: scene cruciali della sua esistenza rivivono attraverso il ricordo dei sapori più intensi che abbia mai provato. Lo stufato della capra che suo padre aveva sacrificato per celebrare la tanto attesa nascita di un figlio maschio; la miscela di zucchero e limone che sobbolliva sul fornello, usata dalle donne per la ceretta mentre gli uomini andavano a pregare nella moschea; il caffè scuro e forte al cardamomo, per sempre legato alla via dei bordelli Leila sta morendo, ma la sua anima lavora, implorando di essere salvata mentre abbandona il corpo. Ma cosa è successo a Leila, la prostituta, trovata cadavere di fronte a un campo di calcio umido e buio, dentro un bidone dell’immondizia con i manici arrugginiti?

Elif Shafak ritorna con un romanzo duro e luminoso, dettato da una necessità ineludibile, un romanzo che ospita la realtà tutta. Ed erige davanti ai nostri occhi una città lacerata e nervosa, affamata di libertà, una città femmina che salva e condanna.

Ero un po’ scettica, visto l’argomento, ma è stato uno dei libri più belli di quest’anno (e forse anche degli ultimi anni): scorrevole, intrigante ed emozionante, e spinge a riflettere.

Un tuffo nella Istanbul (e nella Turchia in generale) del secolo scorso, in cui vengono raccontate una miriade di vite, alle quali ci si affeziona.

Ultraconsigliato!

Sara Urbano

di Elif Shafak (Autore) Daniele A. Gewurz (Traduttore) Isabella Zani (Traduttore)

Rizzoli, 2019

7 (Sette) – Tristan Garcia #TristanGarcia #NNeditore

di Tristan Garcia (Autore) Sarah De Sanctis (Traduttore)

NN Editore, 2018

“C’è una nuova droga sul mercato. Si chiama Alice e permette a chi la assume di rivivere il sé dei trent’anni, dei venti o perfino dei dodici. Chi non vorrebbe riprovare l’entusiasmo, le certezze, la sensazione di onnipotenza della giovinezza? Ci sono rulli di legno che vengono dal passato e portano incise le canzoni indimenticabili del presente, e forse anche del futuro. E poi ci sono dèi alieni che hanno perduto la fede, e realtà parallele dove la rivoluzione sociale è avvenuta davvero. “7” è un romanzo in sei quadri appesi sulla stessa parete, che insieme li contiene e ne illumina la posizione nello spazio e nel tempo. E i personaggi di queste storie, come surfisti temerari, cavalcano le onde per ritrovare quella parte di sé che crede ancora nel futuro, che ha ancora la possibilità di cambiare e di incidere sul destino con una nuova creazione originale. In bilico tra il distopico e il fantastico, Tristan Garcia gioca con il tempo, lo spazio e la memoria, con l’arte e la fede, con la realtà e la finzione. E ci consegna una Black Mirror letteraria piena di ironia, in un affresco disarmante del mondo e dell’uomo contemporaneo, che non hanno più nulla da desiderare se non la bellezza impareggiabile del passato.”

Sette capitoli, sette racconti apparentemente sconnessi tra loro ma che trovano unità nella settima e ultima storia, la più lunga e la più intricata. Uno spacciatore alle prese con l’allucinogeno che cambia la sua età.
Una rockstar scopre su misteriosi rulli l’origine della musica.
Una modella incontra l’opposto necessario alla sua bellezza.
Un’anziana comunista vive nel mondo che ha sempre sognato.
Un bambino in cerca di alieni mistici.
Un’umanità divisa da infiniti emisferi di clausura.
Un uomo che non muore.

Romanzo particolare, consigliato, non abbandonatelo neanche se i racconti iniziali non sapranno coinvolgervi da subito, tutti i racconti troveranno un punto finale di collegamento, piuttosto originale.

Simo Ce