Jack London scrisse queste “Memorie alcoliche” subito dopo un tormentato viaggio a New York all’inizio del 1912, durante il quale ebbe una ricaduta tremenda nel vizio del bere: una sbronza colossale in preda alla quale lo scrittore decise di rasarsi a zero. Qui London sviluppa la sua particolare forma di non fiction che avrebbe in seguito caratterizzato il Novecento letterario americano come forma di saggistica narrativa. In quest’autobiografìa del suo alcolismo, London affronta una tragedia che è privata e di molti esseri umani, individuando nell’alcol una viva figura luciferina chiamata John Barleycorn. Un’opera che rimette in primo piano un tema fondamentale e mai risolto dell’America, della sua letteratura e della società moderna.
Traduzione di Davide Sapienza nell’edizione del 2010 di Mattioli1885 (per cui sbavo).
Autobiografia e coming out per questo libro “non-fiction” di London, che analizza e riflette su effetti e dinamiche dell’uso e abuso di alcool, attraverso il racconto della propria esperienza con questo demone.
Incontenibile Jack London, primo personaggio delle sue stesse avventure, mente assetata e forza inesauribile.
Per me il terzo libro, tutte ottime letture: consigliato!
“Riempii il modulo e la bibliotecaria mi diede l’opera completa e integrale di Smollett, tutta inclusa in un volume enorme. Leggevo di tutto, principalmente storia e avventura, viaggi antichi, esplorazione. Al mattino leggevo, di pomeriggio leggevo, di sera leggevo. Leggevo a letto, leggevo a tavola, leggevo andando e tornando da scuola e leggevo durante la ricreazione mentre gli altri giocavano. Iniziai ad avere degli scatti e a rispondere: “Vattene, mi rendi nervoso.” (Come lo capisco!)
Il liquore si impadronì di me e i discorsi di Scotty e del fiociniere si riversavano nella piccola cabina dell’Idler entrandomi nel cervello come potenti raffiche di un libero vento selvaggio. Stavo già vivendo gli anni a venire con la mia immaginazione, cullato dal glorioso universo folle e selvaggio di infinite avventure.
Carla Putzu