Nella primavera del 1941 Joseph è un monello di Parigi, che vive solo per giocare a biglie e scapicollarsi per le strade con suo fratello Maurice finita la scuola. Odia i compiti, e ama i racconti serali del padre, barbiere, emigrato in Francia da piccolo, che narra gli epici viaggi del nonno, in fuga dopo un pogrom dei soldati dello zar nel suo villaggio vicino a Odessa.
Qualche mese dopo, la mamma deve cucire sulla giacca di Joseph una stella gialla di stoffa, e una sera suo padre prende da parte i due fratelli e li informa che all’alba dovranno partire, loro due soli, per scappare verso la zona franca. I genitori pensano, non a torto, che due ragazzini svegli abbiano più possibilità di scivolare indenni tra le maglie della rete nazista di una intera famiglia in gruppo. Inizia quindi un viaggio avventuroso e terribile, in cui i due fratelli usando parlantina svelta e aggrappandosi a qualsiasi appiglio la fortuna riservi loro, attraversano il pittoresco paesaggio della Francia rurale per arrivare sulla Costa Azzurra, dove li aspettano i fratelli maggiori. Il loro viaggio è pieno di imprevisti e contrattempi, ma i due ragazzi non si perdono d’animo, anche nei momenti di peggior tensione e paura.
Joseph Joffo a quarant’anni, con una carriera ben avviata di parrucchiere, una famiglia, tre figli, sente la necessità di mettersi a scrivere le proprie memorie, il racconto di quel viaggio fatto trent’anni prima, della sua famiglia ebrea destinata a perdersi e ritrovarsi per tutta la durata della guerra, sempre in fuga, sempre un passo avanti ai nazisti grazie al padre, che morirà ad Auschwitz, sfuggito ai pogrom russi e quindi consapevole che la Storia si ripete inesorabile per il popolo ebreo.
E’ un libro molto bello e delicato, sorprendentemente ben scritto: la letteratura sull’Olocausto è vasta e sempre meritevole di lettura, perchè testimonia; in questo caso comunque lo scrittore è in stato di grazia. Nessuno -ovviamente- ha mai pronunciato le parole “Sto leggendo un romanzo sull’Olocausto ed è veramente avvincente” eppure il racconto fresco e lieve di questo giovanissimo riesce a far dimenticare un poco gli orrori della realtà della guerra nazista, innanzitutto perchè Joseph racconta senza quasi mai perdere il proprio sguardo innocente e curioso, e poi perchè la storia si concentra volutamente sul coraggio di chi ha voluto aiutare i fuggiaschi, o comunque non ha voluto essere complice dello sterminio. Le parole ci veicolano la crescita di Joseph, che passa del giro di pochi mesi dall’infanzia alla maturità, da monello a ragazzo che lavora, e impara a pensare da adulto su come rispondere a un ufficiale tedesco che fa domande scomode. Dopo settimane di vita in clandestinità, comincia a vedere quello che accade intorno a lui, e che all’inizio sfuggiva ai suoi occhi innocenti di bambino: le persone che non riescono a farcela, la fortuna che in modo indiscriminato aiuta la sua famiglia lasciando indietro altri, l’ingiustizia di un odio razziale assurdo. Si disinteressa della scuola e inventa lavori e traffici per il mercato nero con il fratello per aiutare la famiglia finanziariamente con i suoi affarucci, e una mattina si scopre cresciuto, senza più attrazione per le biglie o le marachelle: tecnicamente è ancora un bambino, ma la guerra gli ha portato via la sua infanzia. Eppure, cresce senza ricambiare il sentimento di odio per chi lo ha condannato a questa vita, non perde la propria umanità nè soccombe alla vendetta, odierno Tom Sawyer che conserva il solo struggente desiderio di poter tornare a casa e vivere con la propria famiglia.
Molto consigliato, e consigliatissima anche la graphic novel, fedelissima al romanzo, che ha disegni e colori impeccabili e delicatissimi, edita da Rizzoli Lizard, curata da Kris Bailly e illustrata da Vincent Bailly. Se avete ragazzini in famiglia, fategli leggere la storia di Jo.

Editore: Rizzoli Lizard
Collana: Varia
Lorenza Inquisition