Per quanto maturo egli fosse, ella era ancora in grado di aiutarlo a costruire il ponte d’arcobaleno il quale unisce la prosa che è in noi con la passione. Senza di esso siamo frammenti senza significato, metà monaci, metà bestie, archi sconnessi che non si sono mai uniti in un uomo.
Non sembrava poi così difficile. Non occorreva ch’ella lo turbasse con alcun dono suo proprio. Avrebbe soltanto indicato la salvezza che era latente nella sua anima e in quella di ogni essere umano. Null’altro che connettere! Questo era tutto il suo sermone. Null’altro che connettere la prosa con la passione, allora entrambe ne saranno esaltate e l’amore umano apparirà al suo culmine. Non vivere più in frammenti. Null’altro che connettere.
Casa Howard (Howards end in originale), è considerato il capolavoro di Edward Morgan Forster; completato nel 1910, è una gemma che illustra quella breve, nostalgica, idealistica era che racchiude l’Inghilterra tra la fine del regno della Regina Vittoria e lo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
«Margaret, se posso interferire, non lasciarti prendere di sorpresa. Cosa pensi dei Wilcox? Sono del nostro ceto? Sono persone che danno affidamento? Sapranno apprezzare Helen, che secondo me è una ragazza molto speciale? S’interessano di letteratura e di arte? Questo è molto importante, se ci pensi. Letteratura e arte. Importantissimo. Che età può avere quel giovane? Lei dice “il figlio minore”. Avrà una posizione per potersi sposare? Potrà rendere felice Helen? »
Il romanzo si svolge in un periodo di tempo di una decina d’anni circa; la protagonista principale è Margaret Schlegel, una giovane donna che vive con la sorella minore quasi coetanea, Helen, e il loro fratello più piccolo. Il loro padre era un professore tedesco, che ha educato le figlie all’amore per la letteratura e la musica classica. La famiglia è benestante, non è nobile ma non ha problemi economici; possono quindi dedicarsi completamente allo studio e ad attività culturali senza dover lavorare, partecipando a conferenze e salotti intellettuali; inoltre, essendo cresciute senza genitori, le due sorelle hanno sviluppato un serena indipendenza di pensiero e attitudini nella società maschilista in cui vivono. Le Schlegel, nel romanzo, rappresentano il ceto medio liberale e progressista: sono due ragazze moderne che in una serie di dialoghi stravaganti, fantasiosi e intelligenti sostengono l’uguaglianza dei popoli e dei lavoratori, discutono abitualmente di come migliorare le condizioni economiche delle classi meno abbienti, e sono ben consapevoli della fortuna di essere nate in una famiglia che non ha preoccupazioni economiche. La loro storia si intreccia con quella dei Wilcox, che simboleggiano i ricchi imprenditori capitalisti, rigidi e obsoleti, sostenitori del colonialismo britannico, e con quella dei Blast, una coppia che incarna nel racconto il ruolo del ceto inferiore. Leonard Blast fa un lavoro avvilente in un oscuro ufficio assicurativo, per uno stipendio di fame che gli basta appena per pagare l’affitto e mangiare. Aspira ad elevarsi culturalmente, ma quando arriva a casa la sera è troppo stanco per studiare con attenzione i testi di filosofia o alta letteratura, tanto meno ha mai del tempo libero per astrusi dibattiti intellettuali. Quando risparmia molto riesce a concedersi un concerto di musica classica, dove anela a unirsi alle conversazioni di persone culturalmente superiori come le Schlegel, senza mai riuscirci, con suo grande disdoro.
Sentiva che gli faceva del bene e che se continuava con Ruskin, e i concerti alla Queen’s Hall, e qualche quadro di Watts, un giorno avrebbe tirato fuori la testa dalle acque grigie e avrebbe veduto l’universo.
Poi c’è Casa Howard, residenza di campagna piuttosto vecchiotta che appartiene ai Wilcox, i quali non l’apprezzano, usi come sono a valutare le cose secondo criteri di materialismo e modernità. La casa è presenza costante dall’inizio alla fine del romanzo, perchè è non una semplice dimora di campagna da dimenticare: rappresenta le radici profonde di chi ha avuto generazioni di avi che hanno amato e la terra e vissuto dei suoi frutti, la tradizione da custodire e amare, la nostalgia di valori scomparsi, lo spirito passato di una civiltà composta da famiglie perdute nei secoli, i cui eredi vogliono solo vivere e lavorare in città.
E’ un romanzo che ha un certo contenuto di tragedia nel momento in cui le tre famiglie si incrociano; però tutti i personaggi principali sono mossi da una soddisfacente spinta positiva nella ricerca di un miglioramento personale, per diventare esseri umani più empatici nonostante i limiti imposti dalla società classista in cui vivono. Inoltre, è esemplare il rapporto dipinto tra le due sorelle Schlegel, a quanto pare ispirato all’autore dalla conoscenza di Virginia Woolf e della sorella Vanessa Bell, intimo, profondo, molto toccante.
Casa Howard parla di ingiustizia sociale, di cultura, femminismo e anti- intellettualismo. E’ un libro splendidamente scritto, anche se non sempre scorrevole, in alcune parti la speculazione filosofica raggiunge livelli di astrazione difficili da seguire; ma è interessante come sia collocato in un periodo della storia dimenticato e poco studiato perchè arriva prima dei grandi momenti storici che hanno poi sconvolto il secolo. E’ infatti non solo ambientato, ma anche scritto negli ultimi anni di un’Europa senza guerre mondiali, in cui la Germania è ancora popolata da filosofi, musicisti e intellettuali che recitano Schiller, non baroni militaristi, cavalieri del lavoro che si arricchiscono con la corsa agli armamenti e criminali dittatori schizofrenici.
E’ un libro che mi è piaciuto moltissimo, con il suo concreto dibattito sociale e letterario alternato a momenti di digressioni sognanti sul passare del tempo e sul senso della vita, e soprattutto nel suo meraviglioso sforzo di dar voce al femminismo con empatia e sensibilità. Tutti i suoi personaggi affrontano le tensioni tra ricchezza e povertà, ma anche tra libertà sessuale e moderazione, tra il desiderio di abbandonare la famiglia e l’inestricabile legame che ti lega ai tuoi parenti più stretti.
Credere nella gente è un lusso al quale possono indulgere solo i ricchi; i poveri non possono permetterselo.
Forster tenta la mediazione, affidando a Margaret, la più concreta dei personaggi, il compito di calmare i contrasti dei famigliari rimasti, creare una connessione tra gli opposti, intravedere nel futuro della famiglia un orizzonte vasto, improntato a liberalità e uguaglianza. Spera in una civiltà, sulla soglia di un nuovo secolo, dove gli uomini siano finalmente capaci di “cogliere le grandi possibilità di bellezza e avventura che il mondo offre.”
Margaret ci spera, e si augura “una vita, oscura, tuttavia dorata di tranquillità” , lei che con la sorella ha una lieta conoscenza della poesia nella vita e una precisa idea della morte. E’ un bel romanzo, legato per narrazione e forma alla grande narrazione ottocentesca, eppure per contenuti e idee libero di appartenere alla nuova era del Novecento, che esplora la natura economica, filosofico-letteraria e sociale del cambiamento di quegli anni, propriamente parlando, riguardo alla società inglese. Un libro molto britannico nei temi e nei riferimenti, letterari e geografici, forse non direttamente rilevante alla nostra attualità. Eppure, è un romanzo davvero moderno nel parlare della lotta di classe, della ingiusta divisione della società tra ricchi e poveri, tra maschi e femmine lasciate culturalmente inferiori e politicamente ininfluenti, tra città che cominciano a superare in importanza e ispirazione per l’uomo quella che nei secoli precedenti è stata la grande madre di tutti i popoli, la terra, la campagna, la vita nelle sue colture e stagioni.
Molto molto molto consigliato.
E la futilità scomparve dai loro visi, pur lasciando qualcosa dietro di sé: la consapevolezza che esse non avrebbero mai potuto essere divise, perché il loro affetto era radicato in cose comuni. Spiegazioni e appelli non avevano avuto successo; avevano cercato un punto d’incontro comune e si erano soltanto rese infelici l’un l’altra. E intanto la loro salvezza stava tutt’intorno a loro: il passato che santifica il presente; il presente, con il suo tremendo batticuore, il quale dichiara che dopo tutto vi sarà un futuro, con risa e voci di bimbi.
Lorenza Inquisition