Il Canto di Calliope – Natalie Haynes #NatalieHaynes

Cari amici e amiche, condivido, per una volta, una stroncatura. Qualcuno magari, se ha letto questo “Canto di Calliope” e invece l’ha apprezzato, può spiegarmi cosa mi sfugge. Infatti non è la prima volta che mi imbatto in un libro del cui generale apprezzamento non mi capacito.

Intendiamoci: scivola via, si lascia leggere: le storie della guerra di Troia e dei due più famosi Nostoi (i ritorni di Agamennone e Odisseo) più o meno le si conosce tutti, così credo sia istintivo il piacere di vedersele proporre un po’ alla rinfusa. Troppo furbetto però l’espediente “femminista” che oggi tira molto, nel senso che basta dichiarare di avere scritto un libro dalla parte delle donne perché venga recepito come tale, anche se in realtà è un polpettone di luoghi comuni, anacronismi, banalizzazioni che lèvati…

fatevi un favore: per me, se volete davvero leggere una storia di Troia dalla parte delle donne leggete “Cassandra” di Christa Wolf. L’avrò già scritto mille volte, ma davvero non ho ancora trovato un altro romanzo che gli stia minimamente all’altezza… Valgono la pena anche “La splendente” di Musatti, o tutti i libri di Guidorizzi (“Io Agamennone” non è un romanzo, ma secondo me è una prova letteraria maiuscola) o le narrazioni di Nucci (Le lacrime degli eroi, davvero molto bello).

Questo romanzo della Haynes poggia su un’idea apprezzabile (usare come narratore onnisciente la Musa dell’epica Calliope ) che poi viene annacquata per via della competenza dilettantesca dell’autrice. Il risultato è parecchio noioso: tutti, ma proprio tutti i personaggi sono rigidi e bidimensionali. Il racconto sembra un riassunto di scuola, la cui originalità sta tutta nel montaggio che però a volte sembra casuale. Non c’è libertà inventiva, anche se paradossalmente non mancano svarioni proprio perché la semplificazione poggia su una conoscenza troppo spannometrica della materia.

Un altro grave difetto è, a mio avviso, l’incoerenza dei registri: dal patetico, alla ricerca del tragico (tentativo fallito) a un improbabile ironico (la voce di Calliope) e un terribile didascalico (le “lettere” di Penelope, quanto di più anacronistico si potesse immaginare). Insomma, sconsiglio…

P.S. sono stata professionalmente battezzata nel mito degli editor anglosassoni. Una volta di più mi chiedo dove siano finiti tali estinti eroi: questo libro è farcito di contraddizioni lapalissiane che un buon editor dovrebbe scovare senza neanche rileggere… ma devo dire che anche il traduttore e il revisore italiani avrebbero potuto metterci una pezza.

Paola Borgonovo

di Natalie Haynes (Autore) Monica Capuani (Traduttore) Sonzogno, 2021

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