Ogni celebrità è frutto di una congiuntura. Il pubblico è volubile. Oggi acclama lei, domani acclamerà un altro, e non farà neanche lo sforzo di metterla in un cassetto. Così, da un giorno all’altro, eccola abbandonato a se stesso e senza nessuna prospettiva.
Approfittando di un po’ di pace e tempo libero, ho potuto leggere questo romanzo tutto d’un fiato, senza troppe interruzioni e distrazioni, circostanza che, per me, rappresenta ormai quasi un privilegio. L’economia generale di questa esperienza ne ha beneficiato, perché un romanzo sulle passioni ne merita, in cambio, almeno un po’.
Il successo era garantito all’origine, essendo Khadra uno degli autori del mio Olimpo, uno scrittore che in vent’anni non mi ha mai, mai, mai deluso. E anche questa volta si è rivelato ciò che per me è e che pretendo rimanga per sempre: un grandissimo e crudo narratore di destini umani, sebbene meno segnati e definitivi del solito. Forse la scelta di lasciare le sponde africane del Mediterraneo per quelle caraibiche ha dato a Khadra una visuale meno irreversibile. O forse è questa scelta logistica a essere figlia di un cambiamento di prospettiva. Resta il fatto che, riscrivendo una volta ancora il medesimo romanzo sulla potenza delle passioni e delle ambizioni, Khadra ha introdotto svolte insolite e apprezzabili.
La penna, comunque, rimane la stessa di sempre: sublime, scolpita, essenziale ed evocativa come poche. Umana come quasi nessuna.
Della trama dirò poco, perché un destino che si compie è di per sé una trama. Siamo a Cuba, il che è già un universo. Il protagonista è un cantante attempato che deve fare i conti con un rovescio di fortuna improvviso e tipico di certi contesti sociali. Se poi appare all’orizzonte una giovane donna che… che… oh, al diavolo, scopritelo da voi, su!
Iuri Toffanin