« Chiacchieri, chiacchieri, non sai far altro. »
(Il pappagallo Laverdure)
Da quando la letteratura esiste si può dire che combatterla è la funzione dello scrittore. Ma in Queneau la battaglia diventa un corpo a corpo.
Roland Barthes
Zazie, una ragazzina ribelle e insolente, arriva nella Parigi degli anni ’50 dalla provincia. Il suo sogno è vedere il metró; ma se uno sciopero glielo impedisce, nessuno può trattenerla dal salire su quella giostra vorticosa che per lei diviene Parigi. Fugge disinvolta dall’olezzo dello zio, ballerino travestito, per incontrare, grazie alla sua vitalità straripante, una galleria eterogenea di personaggi: un conducente di taxi, diabolici flic, la dolce Marceline, una vedova consolabile, un calzolaio malinconico e un querulo pappagallo.
Zazie è una ragazzina irriverente, una bambina di provincia adulta dentro, che per qualche giorno si trasferisce a Parigi dagli zii Gabriel e Marceline, il suo unico desiderio è fare un giro in metrò… ma non riuscirà ad esaudirlo perché chiuso per sciopero! Il desiderio non realizzato diventa per la ragazzina fonte di risentimento verso lo zio e sua moglie, e decisa comunque a vedere Parigi ed i parigini, determina le di lei scorribande per le vie parigine, che diventeranno occasioni di incontri con una serie di personaggi incredibili ad iniziare dai suoi stessi parenti e i loro amici, lo stesso zio Gabriel è continuamente in bilico tra la normalità di un adulto e l’ambiguità, anche sessuale: sebbene sia sposato con la dolce Marceline, lavora come ballerino travestito e Zazie, per tutto il racconto, pretende si sapere se è o no un “ormosessuale”. E poi caratteri ambigui e surreali come il saccente Charles, il saggio pappagallo Laverdure, un diabolico flic, il multiforme questurino, sognanti calzolai, vedove consolabili e taxisti filosofi che affollano la Parigi di Queneau.
“Una folla spessa e violacea colava un po’ dappertutto. Una venditrice ambulante di palloncini, una musichetta da luna park aggiungevano il loro carattere discreto alla virulenza dell’esposizione. Stupita, Zazie, ci mise un po’ di tempo prima di accorgersi che, non lontano da lei, un barocco lavoro di ferro battuto piantato sul marciapiede era coronato dalla scritta METRO’. Subito dimentica dello spettacolo della via Zazie si avvicinò al fiato dell’apertura, sentendosi mancare il proprio per l’emozione.”
Il linguaggio scelto è importantissimo, colloquiale, inventato, solo in apparenza di facile comprensione, ricco di neologismi che vogliono rendere il parlato diretto, a volte anche sgrammaticato.
Una divertente avventura ricca di intelligenza e filosofia, che tocca tanti temi diversi, raccontata con ironia e sarcasmo, dove la prosa la fa da padrona, uscendo dagli schemi, eccentrica e sgrammaticata, con volgarità accennate e mai spinte verso lo scurrile.
– Allora ti sei divertita?
– Così.
– L’hai visto il metrò?
– No.
– E allora che cosa hai fatto?
– Sono invecchiata.
Elena Fatichi