Le donne della notte – Marlon James
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Traduttore: P. D’Accardi
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Frassinelli
Ogni nero cammina in tondo. Prendetela così e fatene quel che vi pare. (…) Il nero si sveglia e trova il suo tondo già bello e fatto, a cominciare dall’anello di ferro che gli imprigiona il collo. Il tondo al bianco gli arriva per sua stessa scelta. Tanti potrebbero scegliere di andar dritto e uscirne, e invece tanti tornano da dove son partiti, altri da lì non se ne vanno mai. E se voi siete un nero intrappolato nella vita del bianco, anche voi percorrete quel tondo.
Marlon James è giamaicano e vive negli USA; la questione razziale è centrale nei suoi romanzi anche se sono molto diversi tra loro. Questo si svolge nella colonia inglese tra la fine del 1700 e gli inizi del 1800, quando l’isola era praticamente una grande piantagione di canna da zucchero e lo sfruttamento degli schiavi negri avveniva con una ferocia che forse nessuno ha mai raccontato in modo così schietto prima. All’autore non interessa venire incontro al lettore, né addolcire la pillola in alcun modo: non risparmia i dettagli raccapriccianti delle torture inflitte e nemmeno la misura infinita della meschinità dei coloni inglesi. Nonostante questo, non l’ho trovato eccessivo o troppo crudo ma al contrario estremamente appassionante con una serie di personaggi memorabili.
«Due son le cose che dovete sapere se volete conoscerla. Lilith era appena nata che già le donne la guardavano tremando di paura per via di quegli occhi verdi che illuminavano la stanza, ma non come fa la luce del sole. Nessuno la voleva quella mocciosetta e il soprintendente Jack Wilkins ebbe a dare disposizioni speciali per mettere una negra a prendersi cura della piccola, perché se no uomini e donne sarebbero stati ben contenti di lasciarla nella selva e che la terra se la riprendesse. Un’altra cosa. Una bambina come Lilith non nasce con gli occhi verdi perché Dio ha deciso d’essere oltremodo gentile con una negra. Quel che è certo è che Lilith è l’unica a essere cresciuta in una capanna con una donna che chiamava madre e un uomo che chiamava padre, ma senza somigliare né all’una né all’altro.»
Silvia Chierici