Tredici – Jay Asher
Cari amici, per “lavoro” ho letto questo libro perchè, dopo un articolo di Giusi Marchetta, una scrittrice-insegnante che stimo molto, mi sono convinta che sarebbe potuto essere un bel romanzo da consigliare ai miei ragazzi.
Non avevo visto la serie Netflix e – indovinate – non la vedrò. Piuttosto, faccio il milionesimo rewatch della Signora in Giallo! Evviva Jessica!
Tredici di Jay Asher, da dieci anni nella classifica dei best seller del New York Times, è una truffa. Mi dispiace dirlo, perché mi ci ero accostata senza pregiudizi, ma ho fatto una fatica enorme a finirlo e ora mi domando a chi chiedere indietro il tempo e il denaro speso. Ehi, Jay, visto che ormai sarai miliardario, ti faccio causa per due milioni di dollari!
Vorrebbe essere un libro che affronta seriamente il problema del bullismo tra adolescenti, senza edulcorare nulla, dato che fin dall’inizio sappiamo che l’odiosa Hannah Baker si è suicidata. Credo che un Harmony avrebbe personaggi più spessi e sfaccettati di questi adolescenti di provincia che hanno un lato solo, un solo carattere, come le maschere della Commedia dell’arte. C’è il sessuomane, l’invidiosa, l’angelo purissimo, lo stalker… e poi c’è lei, Hannah, che, ben lontana dal convincerci delle sue TH1RTEEN R3ASONS WHY, non riesce mai a esprimere una stilla di quel dolore, di quella rabbia, di quella disperazione necessarie a un suicida.
E le tredici ragioni sono di quanto più infantile, futile e innocuo l’autore potesse immaginare. Sembra un adulto mai stato ragazzo che cerchi di inventarsi degli adolescenti. Mi ricorda Federico Moccia, per quello che avevo letto nel defunto e rimpianto blog Le malvestite (sono andata a cercare l’articolo, ma non c’è più, sob).
Per di più, l’autore infierisce su di noi con un meccanismo narrativo veramente irritante: in corsivo le parole che Hannah ha registrato su dei nastri (!) e che poi ha inviato ai suoi nemici prima di compiere il fatale gesto, in tondo i pensieri e i dialoghi di uno dei malcapitati che li hanno ricevuti, Clay, che li ascolta tutti insieme in una lunga notte. Dunque, non esiste trama, e tutto quello che succede ce lo racconta Hannah! L’unica spiegazione che sono riuscita a darmi per questa soporifera maniera di raccontare, è che l’amico Jay Asher abbia rovesciato il famoso consiglio delle scuole di scrittura e abbia messo in pratica un suo personalissimo e unico (speriamo) “Tell, don’t show“.
Insomma, se volete leggere un vero libro sul bullismo, pieno di emozioni e di rabbia e di veri motivi per ribellarsi, rivolgetevi a Carrie di Stephen King, un libro del 1974, e non sbaglierete.
(Mi siete mancati).
Daniela Quartu
Ciao! A me sono piaciuti sia il libro che la serie tv (la storia ovviamente è la stessa, ma ci sono delle differenze, ad esempio la serie non si svolge in un’unica notte). L’idea è per me molto buona e trovo lo stile adatto per uno Young Adult, quale è. Soprattutto merita il messaggio che lancia, cioè che ogni cosa che facciamo e diciamo può avere delle conseguenze sugli altri. Per come sono fatta e per l’età che ho a tratti Hannah mi è parsa quasi pretestuosa, ma a quella età una cosa stupida può non essere vissuta come tale, soprattutto se ne inanelli una dopo l’altra come succede nel libro.
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Sì secondo me conta molto l’età di chi legge, Daniela che ha recensito è un’insegnante, e forse dovrebbe far comunque leggere la storia ai ragazzi perché potrebbero vederci cose che lei non ha visto. A me come libro non attira (darà l’età pure mia :p), ma la serie mi sa che la vedrò
Lorenza
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