“Sono riuscita a sentire la sua natura, a individuarla all’interno. Al di là dell’apparenza umana dietro la quale si camuffava, quell’uomo era avvolto da una tela invisibile con fili di una seta nata dalla propria carne, è la bestia odiosa che lo teneva prigioniero e che si nutriva delle sue viscere, altri non era che lui stesso. Era la propria preda e la propria trappola .” (ragno)
Mettersi nella prospettiva di una moltitudine e fare di questa moltitudine non umana il narratore dimostra una vena originale, anche se far narrare il non umano ha già trovato brillanti applicazioni, come in “Sotto la pelle” di Faber. Eppure sembra sempre umano il punto di vista di volta in volta narrante e non animale. Forse il malinteso deriva dal fatto che il personaggio negativo del romanzo intende l’animalità come assenza di compassione, gentilezza e bontà, come se l’animalità fosse un male in sè da emulare per essere i più spietati di tutti, i senza anima, è per questa confusione di ruoli, questa dicotomia buoni e cattivi, natura e cultura che credo l’autore abbia faticato a costruire una prospettiva fresca, come quella di Faber, per il punto di vista animale.
Può darsi che a volte l’autore banalizzi troppo, come quando ad esempio formalizza il suo proposito narrativo-didattico affermando che l’uomo è più bestiale degli animali. Emozioni, pensieri logico formali e motivazioni restano troppo umane per essere percepite davvero, come nelle intenzioni dell’autore, animali.
Il romanzo si mantiene in bilico sul filo della riuscita e del fallimento per tutta la durata della lettura: ci sono volte in cui ho pensato che fosse innovativo, altre volte in cui ho liquidato frasi prolisse e banali allo stesso modo in cui si fa zapping in televisione davanti a una televendita. Forse con più lavoro da parte dell’editor, un po’ di tagli e qualche frase fatta in meno sarebbe stato un libro molto più che interessante. Forse non l’ho capito io e basta, ovvio. Resta il fatto che l’impulsività non mi ha ripagato, sicchè lo rivendo per comprare un titolo migliore. Miglior fortuna la prossima volta.
Stefano Lillium
DESCRIZIONE
Una donna assassinata in una casa vuota, distesa in una pozza di sangue nel buio del salotto. Unico, impotente testimone, il gatto. È questa la scena agghiacciante che Wahhch Debch si trova davanti una sera, tornando dal lavoro. Quella casa è la sua, quella donna è sua moglie.
Accecato dal dolore, assetato di vendetta ma soprattutto in cerca di risposte, l’uomo parte alla caccia del killer. Nel disperato tentativo di trovare una spiegazione al male, sprofonda nelle viscere di un mondo a sé stante, che vive appena sotto la pelle del mondo civile, abbandonato a mafie e traffici di ogni sorta, governato da leggi proprie.
È un’esplorazione della natura umana nei suoi lati più oscuri, quella compiuta da Wahhch, un viaggio che lo porterà dalle gelide riserve indigene del Québec, dove le più orribili bassezze si mescolano alla bellezza della cosmologia indiana, fino al Libano, dov’è sepolto il suo tragico segreto, un episodio brutale dell’infanzia che gli ha cambiato per sempre la vita.
Sconvolgente odissea contemporanea, Anima è al tempo stesso un’ardita provocazione letteraria: capitolo dopo capitolo, il filo della narrazione è ripreso da una successione di animali, a partire dal gatto che racconta la scena iniziale. In un bestiario infernale, cani, gatti, ma anche topi, serpenti e insetti d’ogni genere si fanno testimoni dell’intera vicenda, immergendo il lettore nella loro percezione della realtà. La desolante verità che emerge è una sola: «il cielo non ha visto niente di più bestiale dell’uomo».