Cile, anni ottanta, sotto la dittatura del generale Pinochet. Un giovane sovversivo, Miguel Flores, sospettato di attività rivoluzionarie, viene mandato al confino nei pressi di un grande tenuta di proprietà di una ricca latifondista, Amelia. Tra i due nasce un profondo legame.
“Più tardi mi raccontò nei dettagli una punizione di cui aveva letto in un romanzo inglese. Il criminale viene rinchiuso in una stanza lussuosissima, con tutte le comoditá possibili e immaginabili, per cui all’inizio non gli sembra neanche di stare in prigione, ma poi si rende conto che nonostante il cibo fantastico, le coppe d’oro e le lenzuola di lino, nella stanza c’è un movimento quasi impercettibile: le pareti si avvicinano piano piano e capisce che quando lo spazio tra i muri si ridurrá al minimo, quel movimento inesorabile lo schiaccerá, uccidendolo.
Puoi interpretarlo così, mi disse: lo spazio è l’intelligenza e le pareti che si avvicinano sono l’assenza di libri”.
Varrebbe la pena di leggerlo anche solo per questo passaggio.
“Ascoltami bene, gli aveva detto, ora ti leggo un pensiero di Imre Kertész, lo scrittore ungherese che poco tempo fa ha vinto il Nobel: “Nessuna persona torturata, nessuna, rimane senza macchia, lo so perfettamente e non chiedermi perché. Non potrai mai più parlare di innocenza, al massimo di sopravvivenza””.
Paula Terreni